mercoledì 16 dicembre 2015
Servizio e uffici ridotti nel contratto di programma. Ma resta aperta la discussione sulle deroghe per i giornali.
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Il postino sarà pagato dal contribuente ma suonerà una volta sola. Appena quotata in Borsa, Poste Italiane ha staccato il dividendo della parziale privatizzazione – l’operazione frutterà alle casse dello Stato circa quattro miliardi – strappando la firma del Ministro dello Sviluppo economico sul contratto di programma 2015-2019 che vale un contributo pubblico di 262,4 milioni all’anno, più 89 di eventuali compensazioni. Federica Guidi e l’amministratore delegato di Poste Italiane Francesco Caio hanno sottoscritto ieri pomeriggio l’accordo che regola i rapporti tra lo Stato e la società per la fornitura del servizio postale universale, cioè il recapito della corrispondenza, che secondo il programma quinquennale di Caio è in perdita e dev’essere quindi pesantemente sovvenzionato dallo Stato. Neanche questi aiuti, tuttavia, basteranno: Poste Italiane ha già annunciato che, pur continuando a incassarli (rispetto al passato sono stati ridotti di 78 milioni) dimezzerà gradualmente la consegna di lettere e giornali e ristrutturerà quella dei pacchi postali. Sulla consegna a giorni alterni, che danneggia fortemente la stampa diffusa in abbonamento postale, pende un ricorso al Tar da parte degli editori (la campagna contro la consegna a giorni alterni è stata condotta da Fieg, Fisc e, tra i giornali, da Avvenire) e, sulla base di un input fornito dall’Agcom, è aperto un "tavolo" che cerca di trovare la quadra del problema. Lo stesso fondo di compensazione nasce per far fronte ai maggiori costi creati all’azienda dall’obbligo del servizio universale e, come ha richiamato ieri Caio, «uno dei passi nei prossimi mesi è l’attivazione di questo fondo». Che il governo voglia usare questa leva per garantire il diritto d’informazione resta tuttavia un dato d’incertezza: molti sindaci vorrebbero, infatti, che vi si attingesse per evitare la chiusura degli uffici postali periferici. Il contratto di programma ha ottenuto il via libera della Commissione europea ed entrerà in vigore dal primo gennaio.È evidente che le attenzioni del governo, almeno in questo passaggio, sono concentrate sul dato finanziario – il capo di gabinetto del ministero dell’Economia, Roberto Garofoli, ha detto che il contratto di programma è stato firmato per «dare certezza a chi investe» e si è soffermato sull’importanza della sua durata quinquennale che consente di «dare un orizzonte più ampio al gruppo per il piano di investimenti tecnologici» – per quanto il ministro Guidi abbia insistito sull’importanza «dell’obiettivo di coesione sociale e territoriale che la legislazione europea e nazionale ascrivono al servizio universale postale», in termini di servizi al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l’utilizzo della rete postale della società, che rappresenta il vero asset di Poste Italiane. Secondo Guidi, il contratto è «l’architrave del forte progetto di valorizzazione e rinnovamento» della società, la quale «mantiene le sue peculiarità ma ha ora nuovi strumenti e opportunità di sviluppo». Anche lei ha parlato del fondo di compensazione, sostenendo che «potrà essere attivato, ma ha un tetto stabilito da normative europee». Il governo cercherà insomma di conciliare le esigenze di finanza pubblica con i diritti dei cittadini, ma non è scontato che ci riesca. Anche Caio è parso molto determinato a offrire agli investitori la certezza che i costi che lui ritiene improduttivi saranno tagliati senza pietà: «Il contratto di programma recepisce in pieno la riforma del servizio universale che è stata attivata il primo ottobre nei primi comuni. Ora stiamo mettendo a punto i processi perché questa modalità di recapito a giorni alterni possa estendersi anche ad altri» ha dichiarato ieri, rinvendicando all’operazione che sta guidando un valore politico. La privatizzazione del 40% delle Poste, ha spiegato infatti, si inserisce a pieno titolo nel «programma di riforme del governo» e consente un importante «passo avanti sul terreno della spending review che rientra in un quadro di ammodernamento del Paese senza dimenticare la sostenibilità del servizio universale per i cittadini». Non ha potuto negare che l’operazione vada a impattare sui diritti degli italiani, ma ha coniato lo slogan «più certezza di consegna e meno velocità», che, a detta del manager pubblico, esprime l’esigenza di «attivare il cambiamento del servizio universale assicurando qualità nel servizio e sua sostenibilità economica».
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