venerdì 6 novembre 2015
L'alluvione nel deserto ha aggravato l'emergenza dei rifugiati Sahrawi
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"Mai vista in 40 anni tanta acqua. Siamo tutti devastati da quest’alluvione. La pioggia si è portata via tutti i nostri averi, siamo rimasti senza nulla, abbiamo costruito delle tende di fortuna con le stoffe che ci sono rimaste, proprio come fecero i nostri genitori, quando nel ’75 fuggirono dal Sahara Occidentale durante l’occupazione marocchina. Siamo un popolo che vive in una situazione di emergenza e questa pioggia ci ha tolto anche il poco che avevamo".Questo è il commento desolato di Amina Ma’lainin, sulla persistente pioggia che si è rovesciata nel deserto pietroso e arido del sud ovest algerino (Tindouf), dove da 40 anni risiedono in tende e casupole di fango e sabbia 160mila rifugiati Sahrawi, in fuga dal Sahara Occidentale, ex colonia spagnola, ora area di competenza delle agenzie Onu per l’assistenza umanitaria alla popolazione e della Minurso, Missione Nazioni Unite per il Referendum del Sahara Occidentale. Oltre 30mila gli sfollati, 11.400 famiglie senza tetto vengono accolti nelle strutture pubbliche ancora non danneggiate e presso le famiglie che hanno un riparo. La Mezza Luna Rossa Sahrawi ha terminato le già esigue scorte di beni di prima necessità. Il tam-tam della solidarietà è attivato, i giovani Sahrawi non esitano ad utilizzare le risorse del web anche per diffondere messaggi e testimonianze filmate ai loro parenti nel Sahara Occidentale e nel mondo, ma le reazioni sembrano tardare rispetto ad analoghi casi, come nel 2003 e nel 2008.

Dall’Algeria si attendono interventi della protezione civile  e dall’Europa un segnale concreto da parte dell’ufficio umanitario, mentre dai paesi arabi tutto tace. In prima fila il governo italiano, che ha risposto prontamente stanziando un contributo volontario di emergenza di 200mila euro, come si legge in una nota diffusa il 22 ottobre, dopo pochi giorni l’allarme: "Il contributo italiano punta a sostenere le operazioni poste in essere dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) e dalle altre organizzazioni operative sul posto, tra cui anche l'Ong italiana Cisp, in favore della popolazione Saharawi ospitata nei campi di Tindouf". Un coordinamento composto dalle Agenzie Onu, Mezza Luna Rossa Sahrawi e le Ong presenti nei campi aggiorna quotidianamente le liste delle perdite, le necessità secondo settori prioritari, gli arrivi imminenti e programmati. Il 25 ottobre è arrivato il rappresentante personale del Segretario Generale dell’Onu Christofer Ross, per una già programmata visita nei campi dei rifugiati Sahrawi, prevista nel quadro del Piano di Pace siglato dalle parti nel 1989 che prevede trattative tra Fronte Polisario e Marocco per concludere pacificamente il conflitto, aperto nel 1975, passato per un cessate il fuoco nel 1989, bloccato da 15 anni. "Oggi abbiamo incontrato Christofer Ross, come Consorzio di Ong presenti nei campi Sahrawi – ci ha informato Lyes Kesri, rappresentante del Cisp nei campi da otto anni – abbiamo esposto il nostro allarme sui danneggiamenti dell’alluvione e l’imminente pericolo per le malattie che si diffonderanno a breve. Ma l’incontro che abbiamo chiesto come ONG era anche per chiedere aggiornamenti circa il Piano di Pace, ormai bloccato da anni, che inchioda il destino dell’intera popolazione. Ma Ross non è stato ottimista e la situazione sembra ancora non trovare soluzione. Noi tutti temiamo che, come questa alluvione trascina via beni e alimenti, il fallimento della via diplomatica spazzi via le speranze della gente, soprattutto dei ragazzi che crescono che nonostante tutto, hanno diritto ad un futuro". La pioggia è ancora in arrivo e le temperature si abbassano. Speriamo che alla popolazione Sahrawi arrivino presto aiuti consistenti e, soprattutto, una luce di speranza.
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