giovedì 2 aprile 2020
Un documento del capo dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione chiede attenzione ai prefetti sulle disposizioni adottate per la prevenzione della diffusione del Coronavirus
Il Centro di detenzione di Castelnuovo di Porto

Il Centro di detenzione di Castelnuovo di Porto - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Nei giorni scorsi, alcuni casi di contagio da Coronavirus nelle strutture d'accoglienza per migranti e richiedenti asilo si erano già verificati: uno a Milano, nel centro di via Fantoni, ad esempio, e un altro nel Cas di Camparada, nel Monzese. In assenza di gravi sintomi, i giovani contagiati sono stati posti in isolamento sanitario, per evitare il contagio degli altri ospiti e degli operatori. Ora una circolare del ministero dell'Interno (LEGGI QUI), firmata dal capo dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione Michele di Bari, richiama l'attenzione dei prefetti sulle disposizioni adottate per la prevenzione della diffusione del virus COVID-19, nell'ambito del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei centri di permanenza per il rimpatrio. Per evitare rischi di contagio tra i migranti accolti e tra gli operatori delle strutture di accoglienza, la circolare ricorda come debba essere assicurato il rigoroso rispetto delle misure di contenimento previste a livello nazionale, compreso l'obbligo per gli ospiti di rimanere all'interno delle strutture, anche per coloro che nel frattempo non abbiano più titolo a permanervi.

Le disposizioni

Da qualche tempo, gli arrivi in Italia di migranti sono fortemente rallentati. Secondo dati del Viminale aggiornati a fine febbraio, sono 86.600 gli stranieri (fra cui molti numerosi nuclei familiari) ospitati nell'intero circuito delle strutture d'accoglienza (23mila nella rete "Siproimi", gli altri nei Cas, i centri d'accoglienza straordinaria), oltre a 344 persone trattenute nei Centri di permanenza per il rimpatrio e 354 negli hotspot rimasti in funzione, come quello siciliano di Pozzallo.

La circolare ribadisce come, all'arrivo in Italia, i migranti debbano essere sottoposti al previsto screening da parte delle competenti autorità sanitarie per accertare che non presentino patologie infettive o sintomi riconducibili al virus Covid-19. Successivamente - si legge sul sito del ministero dell'Interno -, debbono essere «attivate misure di sorveglianza sanitaria e di isolamento fiduciario per un periodo di quattordici giorni» (come evidenziato in una precedente circolare, la n. 3393 del 18 marzo scorso), anche individuando spazi appositi all'interno dei centri o in altre strutture. Solo al termine di tale periodo, qualora non siano emersi casi di positività, i migranti possono essere trasferiti in altre strutture d'accoglienza, «previo rilascio di idonea certificazione sanitaria».

Informazione capillare su rischi e precauzioni

Quando i migranti arrivano nelle strutture, ammonisce il Viminale, a loro deve essere assicurata, in modo ampio e aggiornato, la massima informazione dagli enti gestori dei centri, con l'ausilio dei mediatori culturali. Debbono essere messi a conoscenza dei rischi della diffusione del virus, delle prescrizioni igienico-sanitarie, del distanziamento all'interno dei centri, delle limitazioni degli spostamenti. E ancora, nei casi di misure stringenti per episodi di isolamento fiduciario o di quarantena, sull'esigenza del loro assoluto rispetto.

Limiti agli spostamenti

In analogia con le norme sul lockdown vigenti in tutta Italia fino a metà aprile, la circolare specifica che - per impedire gli spostamenti sul territorio sino al termine delle misure emergenziali - «dovrà essere garantita e monitorata la prosecuzione dell'accoglienza anche a favore di coloro che non hanno più titolo a permanere nei centri». Toccherà ai prefetti monitorare il rispetto delle prescrizioni e a intercettare eventuali difficoltà operative sul territorio, anche assumendo ulteriori iniziative d'intesa con le altre istituzioni locali, in particolare quelle sanitarie.

Gli enti impegnati nell'accoglienza

Nel frattempo, tutti gli enti impegnati nell'accoglienza (dalla Caritas a Migrantes alle altre realtà attive sul territorio) stanno prendendo visione del nuovo provvedimento: «La circolare ci pare positiva - ragiona Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell'Arci - ma riteniamo che vada anche prevista la possibilità, per chi si trova in un Cas e si è visto riconosciuto il diritto a trasferirsi in un centro Siproimi (Sistema di protezione per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati , ndr) che dispone di più servizi, di poterlo fare». Inoltre, aggiunge Miraglia, a chi arriva con gli sbarchi deve poter essere garantita la possibilità di presentare richiesta di asilo o protezione: «Sappiamo che, stante la proroga dei permessi e degli altri titoli di soggiorno in scadenza, gli uffici delle questure sono chiusi al pubblico - conclude il responsabile Arci -, ma dovrebbero comunque fissare a queste persone appuntamenti, secondo le indicazioni date dallo stesso Viminale, in modo da rilasciare una ricevuta che consenta loro anche l'accesso al circuito d'accoglienza, altrimenti rischiano di restare per strada aumentando il numero dei senza fissa dimora, come purtroppo sta succedendo in tante città».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: