mercoledì 14 novembre 2018
Il 7 gennaio il terrorismo islamista fa strage nel giornale satirico: 12 morti. Un’aggressione alle libertà dell’Occidente
2015 Parigi, «Charlie Hebdo» sotto attacco
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Il terrorismo jihadista aveva già colpito in Europa. A Londra, a Madrid... Ma l’attacco del 7 gennaio 2015 alla redazione della rivista satirica "Charlie Hebdo" (Charb), a Parigi, ha un valore simbolico particolare. È un attacco alla libertà di pensiero e di espressione. È un attacco all’Occidente nel suo insieme. E poco importa che le vignette di Charb contro l’islam fossero sgradevoli; e a molti quella satira sembrasse a volte eccessiva e mal diretta, greve e di cattivo gusto. Come intitola Avvenire in prima pagina l’8 gennaio, quello fu un «Attacco alla libertà».

L’ampia sintesi di prima può riassumere solo in parte le 8 pagine dedicate all’attentato: «Strage a Parigi nella sede del giornale satirico "Charlie Hebdo". Tre terroristi uccidono 12 persone al grido di "Allah è grande". La caccia ai killer che hanno colpito al cuore la Francia si sarebbe conclusa nella notte. Secondo i media francesi sono stati localizzati a Reims e si tratterebbe di due fratelli di 32 e 34 anni, rientrati dalla Siria, e un complice. Il commando aveva fatto irruzione in mattinata nella sede della rivista a Parigi, mentre era in corso la riunione di redazione, e aveva aperto il fuoco. Assassinati il direttore e i popolarissimi disegnatori satirici Wolinski, Cabu e Tignous, che i criminali hanno chiamato per nome. 11 feriti, 4 gravi. Paese sotto choc: oggi giornata di lutto nazionale. Il presidente ha definito gli uccisi "i nostri eroi", caduti per "difendere la libertà". Condanna da molte associazioni islamiche. Folla alle manifestazioni di solidarietà organizzate in varie città francesi. Marine Le Pen rifiuta di scendere in piazza». La cronaca è affidata al corrispondente da Parigi, Daniele Zappalà: «Il commando è arrivato con un’auto nera e, dopo aver sbagliato portone, ha fatto irruzione nella sede del giornale satirico gridando "Allah u Akbar". Hanno chiamato per nome i vignettisti e il direttore prima di ucciderli. Poi sono fuggiti, assassinando un secondo poliziotto: "Siamo di al-Qaeda"».

«È l’11 settembre dell’Europa? – si chiede Andrea Lavazza –. Il terrorismo islamico ha già colpito il Vecchio Continente, da Madrid a Londra, ma questa volta la ferita, almeno dalla prospettiva ravvicinata, sembra più profonda, foriera di altre infezioni». Un altro commentatore, Raul Caruso, pensa di no: «È chiaro che l’interpretazione dei fatti di ieri deve essere improntata a una certa cautela. In primo luogo, per quanto sanguinoso, non deve commettersi l’errore di considerare quello che è avvenuto una specie di "11 settembre" europeo. (…). I fatti di ieri, per quanto molto violenti, non segnano in alcun modo una svolta storica. Nel contempo, quanto accaduto era per alcuni aspetti prevedibile. Non si può non sottolineare che le vittime fossero obiettivi da tempo di una rabbia assai poco nascosta da parte dei fondamentalisti islamici. Tanto da far sembrare la strage nella sede di Charb una sorta di vendetta consumata fredda».

All’interno, Luca Miele racconta la storia di Charb, chiusura nel 1981 e riapertura nel 1992, la satira graffiante e spesso sgradevole: «Le prime caricature di Maometto risalgono al febbraio 2006, 400.000 copie vendute e un attentato di matrice islamica». Seguono le reazioni. Camille Eid racconta la condanna dell’islam francese e la rivendicazione dei siti jihadisti. Gianni Cardinale riporta la voce del Papa («È violenza abominevole»); Vincenzo R. Spagnolo quella del ministro Alfano («Allerta massima in Italia»); Elena Molinari quella di Barak Obama («La libertà di espressione non può essere messa a tacere»).

In prima pagina l’editoriale del direttore Marco Tarquinio («Aprire gli occhi») suona da monito: «Queste nostre società aperte europee e occidentali (…) non sono inermi, ma estremamente vulnerabili. Vulnerabili, a dispetto della propria forza (…). Ma quando chiudiamo gli occhi sulle violenze feroci e sulle ingiustizie commesse dai jihadisti (…) noi prepariamo l’irruzione dell’odio e della violenza anche nelle nostre città, nei luoghi simbolo delle nostre libertà, nelle nostre stesse case».

E da terribile profezia suonerà il 10 gennaio l’appello di Anna Foa: «Sempre più chiaro ci appare che questa guerra è la guerra tra la morte, portata da un’ideologia assassina che è quella del fondamentalismo islamico, che nulla ha da invidiare a quella nazista, e la vita con tutti i suoi valori. Non possiamo più far finta di niente. Ma dal momento che questa ideologia assassina si nasconde dietro il nome di Dio, dobbiamo chiedere a tutti coloro che nell’islam parlano a nome di Dio, religiosi o laici che siano, di cessare di mescolare il nome di Dio al sangue di vittime innocenti. Condannate questi omicidi, dite a questi assassini che è l’inferno che li attende, non il paradiso. Perché dopo di noi, non illudetevi, colpiranno voi. Questa non è solo la nostra battaglia, è anche la vostra, o lo diventerà presto. Isolate gli assassini, prima che sia troppo tardi».

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