giovedì 25 ottobre 2018
Anche a Frosinone l'integrazione funziona: 230 tra rifugiati e richiedenti asilo ospitati nelle strutture delle diocesi e occupati in aziende locali. Grazie all'impegno di Caritas, Sprar, Cas e Comuni
Un gruppo di rifugiati accolti dalla cooperativa "Diaconia" di Frosinone

Un gruppo di rifugiati accolti dalla cooperativa "Diaconia" di Frosinone

COMMENTA E CONDIVIDI

La diocesi, la sua Caritas, una cooperativa diretta espressione della Chiesa locale, e la collaborazione di alcuni comuni. Così la diocesi di Frosinone accoglie oltre 230 rifugiati e richiedenti asilo. Cas, Sprar, corridoi umanitari, tutta accoglienza diffusa in appartamenti, in gran parte di proprietà della diocesi e delle parrocchie, comprese alcune canoniche non utilizzate da anni. Un positivo uso di beni. E soprattutto pieno di buone prassi. «Vanno accolti in modo perfetto favorendo l’integrazione – ci dice il vescovo Ambrogio Spreafico, accogliendoci nella sede della cooperativa "Diaconia" in un edificio accanto alla Curia –. Dobbiamo aiutare ma anche e soprattutto occuparci del tema lavoro. Ci vogliono professionalità e spirito. I poveri non sono solo destinatari del nostro aiuto, ma nostri amici».

Tutto comincia nel 2004 con la nascita della cooperativa, braccio operativo della Caritas diocesana, come ci ricorda il presidente Marco Arduini. Nel 2011 in occasione della crisi libica partono le prime iniziative di accoglienza per 23 ragazzi. Il primo Cas è del 2103: 35 persone in accoglienza diffusa in appartamenti, una tipologia che non è mai stata abbandonata. Nel 2014 il primo Sprar a Ferentino, 58 persone e sempre con la scelta dell’accoglienza diffusa. Da lì, come ci spiega il responsabile Fabio Piccoli, parte il progetto Sprar "Insieme per un’accoglienza migliore", che coinvolge i comuni di Ceccano, Veroli, Castro dei Volsci, Arnara, Strangolagalli: 45 persone in 8 appartamenti medio-piccoli, 6-7 persone ad appartamento tranne uno che ospita 13 donne con bambini, alcune vittime di violenza. Ci sono poi due progetti Cas, in collaborazione con le prefetture di Frosinone e Latina. Ospitano, sempre in modalità diffusa, 180 persone. Ci sono anche 30 richiedenti asilo che erano ospitati in alcuni Cas di Fondi chiusi a fine giugno dopo l’inchiesta della procura di Latina su affari e sfruttamento, e per le pessime condizioni.

Numeri importanti per un impegno che non si ferma all’accoglienza. Ci sono 22 mediatori, un’area integrazione-lavoro con progetti personalizzati. E il lavoro è davvero centrale. In questo momento 14 immigrati svolgono tirocini in aziende private e nel comune di Alatri, e anche presso la Asl come interpreti al Pronto soccorso. Ci sono poi 10 convenzioni coi comuni per lavori socialmente utili, che coinvolgono 70 persone per la cura del verde e la manutenzione dei cimiteri. E non manca la formazione. Quella di italiano è svolta grazie a una convenzione con le Acli. Mentre più di 60 immigrati hanno partecipato ai corsi "arti e mestieri" per falegnameria, oreficeria e lavorazione del cuoio. Corsi che sono poi sfociati anche in una mostra dei lavori dei ragazzi, altra occasione per coinvolgere la comunità.



Come detto anche la diocesi di Frosinone ha aderito ai corridoi umanitari, promossi dalla Cei, dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Tavola Valdese dalla Fcei. Così è arrivata una prima famiglia siriana composta da nonna, mamma e nipote, che ora, finito in percorso, è andata in Germania. Attualmente è ospitata da tre mesi una seconda famiglia siriana di 4 persone. Vivono in un condominio, i due bambini vanno a scuola e il papà lavora come meccanico. E a proposito di famiglie, nel progetto Sprar c’è una coppia ucraina di meno di trenta anni, fuggita per la guerra. Lui sta svolgendo un tirocinio, lei fa l’estetista. Sono richiedenti asilo, quelli che secondo il "decreto sicurezza" non dovrebbero più stare negli Sprar, perdendo così queste importanti occasioni di integrazione. Ma c’è già chi non riesce a trovare accoglienza. E anche per loro si aprono le porte della Diocesi. Così nel dormitorio della Caritas di Ceccano, i 12 posti sono quasi tutti occupati da ex ospiti di altri Cas. E anche in quello di Veroli (8 posti). Mentre un nuovo dormitorio sta per partire nell’ex ospedale di Frosinone dove già esiste una mensa gestita da Caritas e Comunità di Sant’Egidio. A Ferentino, infine, in un appartamento in affitto, c’è una bella esperienza di cohousing. Insieme vivono e collaborano un italiano di 66 anni disoccupato, un libico ex Sprar, un romeno ex alcolista. E sta andando molto bene. Al punto che tra poco si aggiungerà un siriano di 62 anni cardiopatico.

Una scelta molto chiara della Diocesi, come sottolinea ancora il vescovo. «Potrà l’Europa continuare a distinguere tra profughi che fuggono da Paesi in guerra, per cui si è tenuti all’accoglienza, e profughi che fuggono per motivi economici o ambientali, a volte due motivi strettamente connessi? Inoltre esiste un problema di giustizia che non va sottaciuto. I nostri Paesi, chi più chi meno, sono stati anche responsabili di morte e di accaparramento di ricchezze e beni che non erano nostri. Di fronte al dramma migratorio non si dovrebbe ricordare anche la storia e le responsabilità che ci toccano e che dovrebbero indurci a una sorta di coscienza di restituzione?». La risposta della Chiesa di Frosinone c’è stata.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI