lunedì 30 ottobre 2017
Il ministro della Giustizia: colpiamo gli interessi mafiosi. E sugli ecoreati le imprese collaborano
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando (Ansa)

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando (Ansa)

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La legge contro il caporalato compie un anno. «Una legge che sta funzionando bene, per contrastare abusi inaccettabili sulle persone, per combattere chi bara e per difendere gli imprenditori onesti. Ce lo dicono magistrati e forze dell’ordine. E ora sono convinte anche alcune associazioni agricole che un anno fa ci criticavano». Lo sottolinea con forza il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, uno dei "padri" della norma. E lo è anche della legge sugli ecoreati, che di anni ne ha compiuti già due e ugualmente con ottimi risultati. «Due norme strettamente collegate. La lotta alla mafia si fa colpendo anche i suoi affari, ed entrambe queste realtà lo sono, traffici di rifiuti e sfruttamento delle persone». Raggiungiamo il ministro a Portici dove partecipa alla Conferenza programmatica del Pd. Poche parole sull’attuale situazione politica. «Serve subito una svolta. Il centrosinistra va costruito, oggi non c’è. Non bastano gli appelli all’unità, bisogna lavorare per l’unità. Significa costruire contenuti comuni, costruire uno stile, con dei toni diversi». Mentre sull’evasione di tre detenuti dal carcere di Favignana assicura che «faremo luce su quello che è avvenuto. Quel carcere ha un rapporto tra Polizia penitenziaria e detenuti assolutamente nei parametri di legge, anzi molto al di sopra. Quindi certamente ci sono stati degli elementi di sottovalutazione che dovremo accertare». Ricorda che «quasi tutti gli evasi di questo anno sono stati ripresi, anche se – accusa – non sempre viene data la notizia». E assicura che «l’umanizzazione del carcere va avanti ma anche la garanzia che chi è stato condannato sconti la sua pena».

Ministro partiamo dalla legge sul caporalato...

Quando sarà finita la stagione agricola faremo una valutazione complessiva, ma i segnali sono già positivi: una maggior possibilità di incriminazione, una serie di inchieste importanti ma soprattutto un effetto deterrente. Abbiamo anche indicato questa tra le attività che dovrà svolgere la scuola della magistratura per il prossimo anno. Osserviamo inoltre una responsabilizzazione di tutta la filiera, dopo alcune resistenze di pezzi dell’associazionismo delle imprese agricole. Ora sta comprendendo che lo sfruttamento dei lavoratori è una delle forme attraverso le quali si crea concorrenza sleale, oltre che illegalità e abusi inaccettabili sulle persone.

Ne avete parlato con magistrati e forze dell’ordine?

Ci siamo confrontati e tutti hanno dato un giudizio positivo apprezzando soprattutto l’elemento di non confinare l’incriminazione su chi intermedia la manodopera ma di estendere lo sguardo su tutti coloro che in qualche modo concorro alla catena dello sfruttamento.

Era ipocrita considerare solo i "caporali".

Dietro a loro c’è quasi sempre un imprenditore. Ma con la legge si toglie l’alibi anche alla distribuzione. È fondamentale sapere da dove viene il prodotto, come è stato realizzato, quali sono stati i passaggi. Perché nessuno può dire "io non sapevo in quanto non ho chiesto". Ora la legge impone di chiederlo. È quindi una norma che ripulisce la filiera. Un tema che penso stia a cuore alla stragrande parte delle imprese che rispettano le regole.

Non barare e non sfruttare...

È un approccio a 360 gradi, non semplicemente limitato ai casi estremi. Infatti farà emergere che il caporalato non riguarda solo i migranti, ma anche gli italiani. Ha un diffusione e un’articolazione molto più complessa di cui la legge tiene conto. E non riguarda solo l’agricoltura.

Sicuramente però aiuterà l’integrazione dei migranti, facendo emergere il lavoro nero.

È così, assieme al lavoro che sta facendo il ministero dell’Interno sul dramma dei ghetti, cercando di dare un tetto vero a queste persone. La legge ha messo in moto dei meccanismi virtuosi sul fronte amministrativo e sulle politiche degli enti locali.

La riforma della cittadinanza, come ha ripetuto Minniti, deve essere approvata entro la fine della legislatura?

Certo. È una legge che garantisce percorsi di integrazione che sono importanti e utili soprattutto per chi vive qui, non solo per chi viene da altri Paesi. Non avere sacche di mondi a parte è, da tutti i punti di vista - sociale, economico, della sicurezza - interesse soprattutto del Paese.

Un’altra legge molto attesa era quella sugli ecoreati. E anche questa (vedi scheda, ndr) sta funzionando.

Ricordo che non piaceva a Confindustria eppure come quella contro il caporalato può orientare il ciclo produttivo sul fronte della qualità piuttosto che su quello della quantità a qualunque costo. Noi siamo un Paese che può competere nel mondo anche sappiamo esibire un modello di produzione legato all’idea che il mondo ha dell’Italia. Se viene associata a un territorio e a un modello sociale, perde il suo fascino.

Norme che aiutano gli imprenditori onesti, puliti, di qualità.

Ormai nel mondo e non solo in Italia c’è un consumo consapevole e il fatto che queste leggi orientino verso un modo di produrre sostenibile non è positivo solo da un punto di vista etico, ma anche dal punto di vista del brand Italia, che può trarre forza da questa impostazione.

I DATI. Delitti ambientali, aggiornato il monitoraggio. Oltre 100 nuovi procedimenti avviati, 290 indagati

Sono positivi e in crescita i dati relativi all’applicazione della legge 68 del 22 maggio 2015, che introduce nel Codice penale i reati ambientali. I dati raccolti dagli uffici giudiziari per per il primo anno riflettevano una prevalenza del delitto di inquinamento ambientale, con 64 procedimenti iscritti contro noti, 151 persone indagate e 41 procedimenti contro ignoti. Un dato che nel corso del 2016 ha trovato conferma, e anzi una crescita particolarmente significativa. I dati aggiornati al 10 maggio 2017 ci dicono che per inquinamento ambientale sono stati 101 i nuovi procedimenti iscritti contro noti, 290 le persone indagate e 95 i procedimenti contro ignoti. Nell’anno, inoltre, è possibile individuare un incremento rispetto all’anno 2015 del delitto di omessa bonifica, che fa registrare 25 iscrizioni contro 60 indagati, 3 richieste di archiviazione nei confronti di 11 indagati e 2 atti di esercizio dell’azione penale nei confronti di 2 imputati. Un fatto molto importante perché non basta colpire i responsabili, ma è poi necessario intervenire sul risanamento. E questo reato può avere un forte effetto deterrente proprio in tal senso. Il numero di indagini in corso, sottolineano infatti al ministero della Giustizia, indica che c’è stata un’applicazione ragionata delle norme introdotte e contemporaneamente che stanno arrivando i primi effetti di natura preventiva. Inoltre, è significativo che anche nel corso del 2016 si mantenga alta l’incidenza delle richieste di archiviazione presentate per l’estinzione del reato attraverso il versamento della sanzione pecuniaria. E anche questo va nella direzione del risanamento. Questo dato, riflettono ancora ai via Arenula, è da valutare come una buona premessa in chiave generale preventiva della minaccia penale sui cittadini che, intimiditi dalla sanzione prospettata, si astengono dalle condotte sanzionate. Questi numeri indicano un andamento applicativo soddisfacente, che permette di dire che la legge è uno strumento che funziona nelle mani degli inquirenti, sia rispetto ai nuovi delitti, sia nell’accertamento dei reati contravvenzionali, in particolare nel campo della gestione dei rifiuti. Se poi guardiamo all’elemento territoriale e alla dislocazione prevalente dei reati, notiamo una diffusione diversificata. Prevale l’inquinamento ambientale nei distretti del centro Italia, la combustione dei rifiuti in alcuni distretti del Meridione (ricordiamo la "terra dei fuochi"), e il reato di realizzazione e gestione di discarica abusiva in alcune aree settentrionali. A conferma che i traffici non sono più solo Nord-Sud, ma anche Nord-Nord.

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