giovedì 28 settembre 2017
Camera, a novembre in Aula testo sull’uso terapeutico Ma M5S, Si e altri gruppi annunciano emendamenti
Cannabis, ddl slitta. Ma lo scontro resta
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Formalmente, il ddl sull’uso terapeutico della cannabis approderà in aula alla Camera oggi, per l’avvio della discussione. Ma bisognerà attendere perché entri nel vivo: la conferenza dei capigruppo ha infatti stabilito che l’esame dovrà riprendere a novembre. Il dibattito politico, tuttavia, si è già incendiato. Da martedì, quando le commissioni II e XII (Giustizia e Affari sociali) hanno licenziato il testo base nella nuova versione (solo norme relative all’uso terapeutico dei cannabinoidi, senza la parte sulla legalizzazione) le polemiche non si placano, innescate dal gesto di protesta del deputato di Sinistra italiana Daniele Farina («È un testo deludente e timido»), che si è dimesso da relatore. Al suo posto è subentrato il dem Alfredo Bazoli, accanto alla collega di partito Margherita Miotto.

Non solo produzione di Stato, apertura a imprese. Il nuovo testo base, in 10 articoli, dispone la regolamentazione dell’«uso dei medicinali di origine vegetale a base di cannabis», garantendo «l’equità nell’accesso» da parte dei pazienti «mediante la fissazione di criteri uniformi sul territorio nazionale». Le novità (a parte lo stralcio della legalizzazione, che già non figurava nella proposta presentata a luglio in commissione) sono diverse. Intanto, fa notare il presidente della commissione Affari sociali, Mario Marazziti, «la coltivazione e trasformazione della cannabis potrà essere effettuata anche da altri enti o imprese», non solo dallo Stato. Lo prevede il comma 2 dell’articolo 6: «Qualora risulti necessaria la coltivazione di ulteriori quote di cannabis oltre quelle coltivate dallo Stabilimento di Firenze, possono essere individuati, con decreto del ministro della Salute, uno o più enti o imprese, da autorizzare alla coltivazione e trasformazione della cannabis», con l’obbligo di operare in base a procedure indicate dallo stesso stabilimento. Quanto alla programmazione del fabbisogno nazionale, l’articolo 5 stabilisce che le Regioni comunichino annualmente, «entro il 31 maggio, all’Organismo statale per la cannabis, la quantità» di cannabis di cui necessitano per l’anno seguente.

Prescrizione medica, massimo tre mesi. Toccherà ai medici curanti effettuare la prescrizione del trattamento, che non potrà superare i tre mesi. Le modalità prescrittive saranno «semplificate per la terapia del dolore ». E i dati sui pazienti (anonimi) andranno trasmessi ogni anno all’Istituto superiore di sanità. I medici dovranno aggiornarsi sulla conoscenza dei medicinali a base di cannabis e verranno promossi «studi clinici ed epidemiologici».

L’incognita dei tempi. Lo slittamento a novembre, secondo Marazziti, lascerebbe il tempo per un’approvazione della legge entro fine legislatura: «Il calendario è spezzettato – ragiona – ma su questo testo c’è ampia condivisione. E il tempo previsto per la conclusione in Aula è di un mese». Se così fosse, in teoria entro dicembre il ddl potrebbe passare in Senato, dove, «se non ci sono problematiche, dovrebbe essere approvato in tempi brevi». Tuttavia, se il centrodestra è in buona parte soddisfatto dello stop alla legalizzazione, nel Pd i mal di pancia restano: «Ho fatto una battaglia nel partito per mantenere il testo originario, non ci sono riuscito, è prevalsa un’altra linea», ammette Roberto Giachetti. E a sinistra, nel fronte degli scontenti, c’è chi annuncia battaglia: da M5S («È un testo debole, che favorisce la criminalità ») fino a Mdp e altri gruppi, che chiederanno a suon di emendamenti di ripristinare la parte stralciata.

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