venerdì 23 dicembre 2022
Dopo l'annuncio in Cdm, la bozza è pronta. Autorizza 82.705 ingressi di lavoratori stranieri, ma ne subordina le assunzioni all'accertamento dell'indisponibilità di quelli presenti in Italia
Ecco il decreto flussi, ma c'è l'incognita burocrazia
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«La materia dell’immigrazione va tutta rivista e va rivista insieme. Ho scoperto che il decreto flussi, quando è stato fatto, lo facciamo a valle e non a monte, cioè “prima li facciamo entrare“... Serve un approccio costruttivo e serio». La premier Giorgia Meloni, ospite del salotto tv di Porta a Porta, rivendica il cambio di rotta del governo rispetto all’imminente decreto flussi 2022, con cui si stabiliscono le quote massime per l’anno entrante di «cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea da ammettere nel territorio italiano per lavoro subordinato, anche stagionale, e per lavoro autonomo». Il testo potrebbe essere pubblicato già oggi in Gazzetta Ufficiale. Ieri, Avvenire ha potuto visionarne la bozza più recente, composta da 9 articoli, apprendendo fra l’altro che i termini per la presentazione delle domande (presumibilmente con un clic day) decorreranno «dalle ore 9,00 del sessantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione».

Tredicimila ingressi in più

Per i lavoratori stranieri in entrata nel nostro Paese, il decreto 2022 stabilisce una «quota complessiva di 82.705 unità e sono stati aumentati i settori economici di destinazione dei lavoratori», ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, in una informativa sul provvedimento al Cdm, che ne «ha preso atto». Il totale è più alto dei 69.700 ingressi previsti nell’ultimo decreto varato fra la fine del 2021 e l’inizio dell’anno dal governo Draghi. Ma ci sono delle nuove regole.

Quote riservate a Paesi cooperanti

Per i settori agricolo e turistico-alberghiero, la quota di lavoratori stagionali è di 44mila persone. Mentre per «motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo», sono ammessi 38.705 cittadini non comunitari, di cui 30.105 potranno essere impiegati nei settori «dell’autotrasporto merci, dell’edilizia, turistico-alberghiero, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell’alimentare e della cantieristica navale». Fra loro, 24.105 lavoratori «subordinati non stagionali » potranno provenire da un elenco di 33 Paesi che vanno dall’Albania al Bangladesh, fino a Etiopia, Niger, Perù, Tunisia e Ucraina. E altri 6mila invece da Paesi coi quali nel 2023 «entrino in vigore accordi di cooperazione in materia migratoria». Questo in base al principio che riserva alcune quote a Paesi che cooperano con l’Italia. Viene prevista anche la possibilità di conversione di permessi di soggiorno. E 100 lavoratori di origine italiana potranno arrivare dal Venezuela.

Prima i lavoratori presenti in Italia

Una novità è la disposizione che condiziona l’arrivo di una persona dall’estero alla previa ricerca di un lavoratore omologo già presente in Italia. Il decreto rispolvera una norma poco nota: l’«articolo 22, comma 2 del Testo unico dell’immigrazione», che «prevede per il datore di lavoro che voglia assumere dall’estero un cittadino non comunitario, di verificare presso il centro per l'impiego competente, l’indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale a ricoprire il posto di lavoro per il profilo richiesto». E come si farà ad accertarlo? Le modalità, dice il governo, sono «contenute in una nota operativa predisposta dall'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (Anpal)», che dal canto suo ha comunicato che a breve «renderà disponibile un modello di richiesta di personale al Centro per l’impiego da parte del datore di lavoro, al fine di garantire un’applicazione uniforme» in tutta Italia. Come dovrebbe funzionare? Secondo il testo in bozza, entro 15 giorni dalla richiesta di personale fatta dal datore di lavoro, se il corrispondente Centro per l’impiego interpellato non darà risposta sulla presenza di uno o più lavoratori rispondenti alle caratteristiche richieste, scatterà l’indisponibilità, che aprirà la porta alla chiamata del dipendente straniero. Ciò avverrebbe anche se il lavoratore proposto non fosse «idoneo» a svolgere le mansioni previste. Oppure se, entro 20 giorni dalla richiesta, il lavoratore individuato e presente in Italia non si rechi, senza giustificazione, al colloquio di selezione

I dubbi delle associazioni

Interpellata da Avvenire, la Coldiretti esprime alcune valutazioni: « Intanto la quota di 44mila supera quella prevista dallo scorso decreto – argomenta Romano Magrini, responsabile lavoro della Coldiretti –. E apprezziamo la conferma, per 22mila lavoratori, che le associazioni datoriali come noi e altre possano presentare il nulla osta e sovrintendere all’iter fino all’assunzione. Ma siamo su numeri ancora bassi, noi a novembre avevamo chiesto 100mila ingressi, necessari per l’intero settore. Auspichiamo che entro l’anno, con successivi decreti, il governo possa aggiungere altre quote». E c’è scetticismo rispetto alla «scelta ideologica di inserire un meccanismo che favorisca gli italiani, come se gli italiani stessero ad aspettare il decreto flussi per recarsi negli uffici per il lavoro per rispondere alle richieste dei datori», osserva il responsabile Arci per l’immigrazione Filippo Miraglia, che teme che il provvedimento si riveli «un intervento ridicolo». Sull’immigrazione, considera ancora Miraglia, «continua a prevalere l’approccio politicista con interventi bandiera che sono distanti anni luce dalla realtà e che producono solo disagio e ricatti» in danno degli immigrati. Il tutto, conclude l’esponente dell’Arci, in una situazione in cui, come hanno mostrato le lentezze sulla regolarizzazione del 2020 (che conta ancora 40mila pratiche da esaminare, su 209mila) «la mancanza di personale di questure e prefetture rende infinite le procedure».

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