sabato 17 settembre 2022
La ministra della Famiglia (Terzo Polo): Pnrr, non possiamo permetterci di rinegoziare
La ministra Elena Bonetti

La ministra Elena Bonetti - Ansa

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Mnistra Bonetti, Draghi ha escluso un suo secondo mandato. Ma la sua alleanza elettorale puntava su di lui, cosa ne pensa?
Nessuno di noi, per il rispetto istituzionale dovuto, si è permesso di entrare nel merito di una sua disponibilità. Mi permetto di dire che la risposta che ha dato venerdì è quella naturale rispetto al termine di un governo che è stato mandato a casa nel modo che abbiamo visto. Quello che vogliamo fare con il Terzo polo è creare le condizioni perché si possa avere continuità con il suo governo e con il metodo che ha inaugurato nella politica italiana, che ha saputo superare l’approccio ideologico e conflittuale, riconoscendo i bisogni reali dei cittadini. Le condizioni per questa continuità stanno nel voto del 25 settembre.

Ma se Draghi fosse categorico nel rifiutare, sarebbe Calenda il vostro candidato premier?
Noi vogliamo costruire le condizioni che rendano possibile un ritorno di Draghi. Calenda è il nostro front runner e assieme a Matteo Renzi e a tutte le figure di leadership sta animando la proposta del Terzo polo, che avrà una prospettiva di lungo periodo e che raccoglie la tradizione del riformismo popolare e liberale. Calenda sarebbe un ottimo premier, Renzi lo è stato e lo sarebbe ancora, ma entrambi chiedono il ritorno di Draghi.

La preoccupano le possibili alleanze di un governo a trazione Fdi?
Lo ha detto Draghi: la scelta dei partner internazionali deve avere come obiettivo l’interesse del nostro Paese, il suo posizionamento nell’Ue e il ruolo nei processi decisionali. Un ruolo oggi garantito da Draghi, ma che non avremmo nel caso di un governo che scegliesse di sostenere i sovranismi e di stare dalla parte di chi si sta autoescludendo dalle decisioni democratiche europee. Ricordo a titolo di esempio il voto contrario di Fdi alla parità salariale tra uomini e donne nell’Ue.

Esclude modifiche al Pnrr?
È quanto di più dannoso potrebbe accadere al Paese. Il piano sta andando avanti, abbiamo rispettato tutti gli obiettivi e ci sono le condizioni, grazie a questo governo, per centrare i prossimi. Non ci possiamo permettere di ricontrattare. I progetti ci sono e siamo pronti a partire. Voler andare in Europa a ricontrattare dimostra tutta la paura di non essere in grado di governare e rendere esecutivo ciò che è stato progettato e messo in campo.

Come pensate di mitigare gli effetti della crisi energetica?
Occorre un intervento in due tempi. Innanzitutto una risposta immediata ai problemi dell’oggi, alle bollette che stanno salendo. Non possiamo permetterci di far chiudere una sola impresa, un solo ospedale e un solo servizio educativo. L’ultima mia battaglia vinta è stata inserire le scuole paritarie nel decreto Aiuti-ter contro il caro-bollette. Ma serve anche una politica di prospettiva, e cioè diversificare il prezzo del gas da quello dell’energia elettrica; investire in un’agibilità ulteriore del Gestore dei servizi energetici per erogare la parte di elettricità dalle fonti rinnovabili a prezzo calmierato per le nostre imprese. Serve un tetto a livello europeo al prezzo del gas, il rigassificatore di Piombino va sbloccato. E nel lungo periodo è evidente che dovremo diversificare su quelle energie a emissione zero che vanno sbloccate: da un lato le rinnovabili e dall’altro la ricerca nell’idrogeno e nel nucleare pulito.

Cosa ne pensa delle idee di Meloni sull’assegno familiare?
Meloni dice che serve un piano imponente per le famiglie quando c’è già una riforma storica, il Family Act, che ha affrontato una sfida prioritaria nel Paese, il contrasto alla denatalità, e che dobbiamo rendere esecutiva. Trovo poco credibile promettere cose futuribili piuttosto che rendere esecutivo quanto già stabilito per legge. Noi siamo riusciti a rendere legge un’intera riforma che impegna già i prossimi governi a dare rimborsi alle famiglie per le spese educative, ad aumentare l’indennità di maternità e paternità , a incentivare il lavoro femminile e a sostenere l’investimento per l’abitazione delle giovani coppie. Le risorse di cui parla Giorgia Meloni servono, bene che lo dica dopo essersi astenuta sul Family Act, ma per rendere esecutiva l’intera riforma. Sull’assegno, una misura stabile, strutturale e universale, abbiamo investito 20 miliardi di euro, una cifra mai spesa per le famiglie. Ora l’Isee va riformato, serve uno strumento più adatto per leggere la situazione delle famiglie. Ci stavamo lavorando, ma l’interruzione del governo ha fermato il tavolo. Anche la riforma fiscale deve introdurre meccanismi di sostegno alle famiglie, ma il provvedimento è stato affossato e bisognerà ricominciare da capo nella prossima legislatura. Noi abbiamo dimostrato di saperlo fare. Meloni è stata ministra per tre anni: perché non ha fatto nulla di quello che oggi promette?

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