giovedì 17 febbraio 2022
Il presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato dopo il verdetto di inammissibilità: "Il referendum ci avrebbe fatto violare norme internazionali"
La consegna delle firme in Cassazione nell'ottobre 2021

La consegna delle firme in Cassazione nell'ottobre 2021 - Ansa

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Un errore, per quanto incomprensibile. La Consulta ha bocciato il referendum sugli stupefacenti ed è stata praticamente obbligata a farlo. Come ha spiegato il presidente Giuliano Amato: «Abbiamo dichiarato inammissibile il referendum sulle sostanze stupefacenti, non sulla cannabis», ha subito sottolineato. Visto che «il quesito è inidoneo, articolato in tre "sotto quesiti" e il primo prevede che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle I e III, che non includono neppure la cannabis, ma includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti». Morale: «Già questo sarebbe sufficiente a farci violare obblighi internazionali».

Appunto, un incomprensibile errore. Anche perché basterebbe andare solo a dare un’occhiata al sito del ministero della Salute: nel maggio 2014, dopo una sentenza sempre della Consulta, tornò in vigore il sistema sanzionatorio per le sostanze stupefacenti e la loro suddivisione in quattro Tabelle: «La I e III prevedono sanzioni maggiori, la II e IV minori», si legge. Naturalmente aggiornate quando necessario. «Nelle prime quattro tabelle sono elencate le sostanze stupefacenti e psicotrope poste sotto controllo internazionale e nazionale». E nella Tabella I c’è l’oppio con i derivati (morfina, eroina, metadone), l’amfetamina con i derivati (ecstasy e designer drugs), ci sono le foglie di coca e i derivati, gli allucinogeni (dietilammide dell’acido lisergico, lsd, mescalina, ketamina e altri). Nella II Tabella c’è la cannabis. Nella III ci sono i barbiturici, nella IV le benzodiazepine. Poi c’è la quinta Tabella, dei medicinali, cioè sostanze attive che hanno attività farmacologica e quindi sono usate in terapia.

Il presidente del Comitato referendum cannabis, Marco Perduca, è furioso. Secondo lui «il riferimento del presidente Amato alle tabelle è fattualmente errato: dall’anno della bocciatura della Legge Fini Giovanardi (2014), il comma 4 è tornato a riferirsi alle condotte del comma 1, comprendendo così cannabis. La scelta è quindi tecnicamente ignorante ed esposta con tipico linguaggio da convegno proibizionista». Commento dei radicali alla decisione della Consulta: «Sentenze politiche che cancellano la più grande mobilitazione popolare della storia recente», dicono Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, segretario, tesoriera e presidente di Radicali italiani.

Ancora. «Non posso negare – fa sapere la capogruppo di Leu al Senato, Loredana De Petris – che sia molto triste constatare che i cittadini non potranno esprimersi proprio sui due referendum che più direttamente toccano i loro diritti: quello sulla cannabis e quello sull’eutanasia». Secondo i portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli ed Eleonora Evi, «con l’eutanasia» e «con la cannabis, non sono i referendum ad essere stati bocciati, ma la democrazia del nostro Paese».


Per Paola Binetti, Udc, invece, «la bocciatura dei referendum su eutanasia e su cannabis fa chiarezza su aspetti essenziali per la vita sociale, ma restituisce al Parlamento la dignità e la responsabilità di intervenire sulle grandi questioni che toccano da vicino la vita e la libertà delle persone». Infine l’Associazione Papa Giovanni XXIII (che fondò don Oreste Benzi): «L’Alta Corte – scrive in un tweet – svela l’inganno del referendum che avrebbe potuto permettere la coltivazione non solo di cannabis, ma anche di oppio e coca».

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