martedì 20 dicembre 2022
Le madri arrivano entrambe dalla Costa d'Avorio. La Caritas: "Siamo arrivati all'assurdità di accettare con indifferenza le morti dei bambini in mare, come fosse normale"
La piccola Fatima con la madre e il personale medico che le hanno assistite

La piccola Fatima con la madre e il personale medico che le hanno assistite - Ansa

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Dallo strazio per la morte alla gioia per una nuova nascita. A Lampedusa si muore e si nasce, nell'odissea di tante persone che tentano la traversata per arrivare in Europa. Così non ancora asciugate le lacrime per la tragedia di Rokia, la piccola di 30 mesi annegata in braccio alla madre dopo che la barchetta nella quale era stipata si è rovesciata quando era già in vista dell'isola, ieri notte è nata Fatima. La giovane madre ha partorito a bordo della motovedetta della Guardia Costiera, durante le operazioni di attracco al molo Favaloro.

La neonata e la madre, della Costa d'Avorio come la bambina morta ieri, sono state trasportate d'urgenza in elisoccorso in un ospedale di Agrigento e stanno bene. Sul barcone alla deriva soccorso dalla Guardia Costiera c'erano 43 persone, tra cui 17 donne e 3 minori, in fuga dalla Costa d'Avorio, dalla Guinea e dal Burkina.

"Non può immaginare la felicità per la nascita della piccola Fatima. Quelle lacrime di gioia ci hanno aiutato a superare le lacrime di amarezza per la morte di Rokia, appena due giorni fa... ", racconta il mediatore culturale che ha assistito le due madri ivoriane, Moussah (a Lampedusa lo chiamano Mosè). Una esperienza drammatica anche per i medici e gli operatori sanitari che appena due giorni prima di aiutare a partorire la neo mamma hanno fatto di tutto per salvare Rokia. Inutilmente, perché la piccola è morta per sindrome di annegamento nel naufragio che c'era stato poche ore prima al largo di Lampedusa. "Abbiamo provato in tutti i modi di salvarla - racconta Moussah all'Adnkronos - Ma aveva bevuto troppa acqua e i polmoni erano ormai compromessi. Una rianimazione durata oltre un'ora". La giovane madre, appena 21ene, è stata assistita da una psicologa dell'Asp.

Una vicenda penosa, che la Caritas sottolinea con dolore. "Siamo arrivati all'assurdità di accettare con indifferenza le morti dei bambini in mare, come fosse normale", ha detto all'agenzia Sir Oliviero Forti, responsabile dell'ufficio immigrazione di Caritas italiana. "Questa ennesima tragedia - osserva Forti - accade in un momento in cui si sta dibattendo su un nuovo codice di condotta per le Ong. L'invito che facciamo è tener sempre presente che sulle attività di soccorso in mare succedono molti drammi di questo tipo, per questo andrebbero sostenute e incoraggiate, prevedendo porti di sbarco affinché chi si trova in quelle condizioni possa essere assistito. Allo stesso tempo vanno aumentate le possibilità di ingressi legali e sicuri attraverso corridoi umanitari o altre azioni di cui possano beneficiare persone vulnerabili come le donne sole o bambini così piccoli, perché non siano costretti a mettersi in mare in quelle condizioni".

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