mercoledì 18 settembre 2019
Il direttore dell’Agenzia interviene sul caso di Formia, dove un complesso turistico sequestrato ai clan è ancora abbandonato. «Quella è stata una sconfitta, è vero»...
«Beni confiscati, lo Stato c'è. Servono progetti sostenibili»
COMMENTA E CONDIVIDI

«Ha ragione, aver lasciato abbandonato il complesso turistico di Marina di Castellone confiscato alla camorra è una sconfitta dello Stato. E lo è nel momento in cui resta ancora oggi inutilizzato». Così il prefetto Bruno Frattasi, da sette mesi direttore dell’Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati, commenta la denuncia di Avvenire sul grande immobile, più di 10mila metri quadrati, confiscato a Formia al ras delle ecomafie Cipriano Chianese e da 9 anni lasciato nel degrado. Parole nette ma anche una promessa. «Vedrò di occuparmi subito di Formia. Me lo hanno segnalato anche gli amministratori locali. Ho contatti col Comune, sanno già che possono contare sul sostegno dell’Agenzia. Bisogna trovare i finanziamenti da mettere a servizio di un progetto. Ma il problema è capire cosa fare di questo bene. Se c’è già un progetto preciso da realizzare, oppure se ancora bisogna pensare a qualcosa. Le idee che sono state avanzate finora non hanno futuro, perché non sono sostenibili. Ma io sono aperto a ogni proposta». Poi Frattasi lancia un preciso messaggio. «Non si può permettere che si dica che prima prosperava grazie all’ombrello protettivo delle mafie e oggi invece non dà più lavoro. Il tema centrale dei beni confiscati, la vera scommessa delle scommesse, è invece far vedere alla società civile che lo Stato effettivamente vince e la mafia perde».

Ma non si può perdere altro tempo. Bisogna decidere rapidamente anche perché sono beni che hanno un forte carattere simbolico.
Questa azione va svolta con efficacia e questo vuol dire anche abbattere i tempi e gli inciampi che possono nascere nelle pratiche e nelle procedure della burocrazia. Però, lo ripeto, occorrono progettualità e soldi, bisogna mettere insieme questi due pezzi.

Recentemente è stata approvata la Strategia nazionale per i beni confiscati. Potrà aiutare?
Ci dobbiamo rendere conto che dobbiamo costruire un futuro per questi beni, riscattarli, riutilizzarli effettivamente a servizio delle comunità. Ma è qualcosa che richiede tempo e soldi, investimenti pubblici. Ora gli investimenti pubblici devono essere realizzati attraverso la messa a disposizione di risorse nazionali e europee. Il tavolo nazionale della Strategia a questo serve. Ma serve anche potenziare l’Agenzia. È nata con appena 30 persone, la riforma del 2017 ne prevede 200 ma io ne ho ancora solo 30. E servono anche fondi specifici. Se non li avrò non starò certo in silenzio.

Lei conosce bene il territorio del basso Lazio perché è stato prefetto di Latina e sa che quei beni rappresentano la conferma di quello che ancora molti negano, cioè che le mafie qui non sono un fatto episodico.
Credo che ormai ci sia abbastanza consapevo-lezza, almeno nei settori più avanzati e illuminati della comunità della provincia, che le organizzazioni criminali e in particolare la camorra , hanno operato e operano approfittando del fatto che non siamo in territorio conclamato di mafia e quindi c’è stata una minore attenzione verso questo problema. Ma credo e spero che questa forma di negazione sia in fase di superamento.

Quindi un riutilizzo positivo di questi beni sarebbe un segnale forte?
Sarebbe un segnale fortissimo, che va a beneficio della collettività. Si tratta di beni molto importanti che potrebbero dare sviluppo, occupazione, reddito alla comunità e quindi essere importanti per aspetti che vanno oltre il valore sociale e il profilo di contrasto alla criminalità organizzata. Lavoreremo in questo senso.

Ma ci vuole la collaborazione di tutti.
Esatto. Questo è un lavoro che si fa necessariamente in rete. Spero che si possa arrivare a elaborare un piano di azione nazionale per i beni confiscati con una propria provvista di risorse finanziarie. E su questo io intendo lavorare, per poter gestire risorse destinate a questo sulla base di un piano che non si potrà occupare di tutti i 17mila beni che abbiamo in gestione. Ci vogliono gradualità e pragmatismo, non si può pensare che tutti questi beni siano simbolici. Bisogna guardare al contesto dove stanno, alla loro storia criminale, perché anche un piccolo bene in un determinato contesto può avere un alto valore simbolico.

Anche la villa a Sperlonga confiscata sempre a Chianese e anch’essa abbandonata da anni?
Sicuramente. Ma poi ci sono tante confische fatte a Fondi.

La provincia di Latina è indietro sul riutilizzo dei beni confiscati.
Dieci anni fa quando ero prefetto di Latina ho dovuto ingaggiare una lunga battaglia perché alcuni appartamenti confiscati ai Bardellino fossero riconquistati dallo Stato.

C’è anche oggi paura.
Bisogna dare coraggio concretamente a queste forme di riuso e a chi dovrà realizzarle. Per sostenere questi sforzi di riappropriazione. Non bisogna farsi scoraggiare perché altrimenti arriveremmo a situazioni che purtroppo esistono in vaste aree del Mezzogiorno dove la presenza dominante ancora di alcuni soggetti mafiosi porta a un’inerzia completa delle amministrazioni locali, che vanno sorrette per togliere quella preoccupazione che qualche volta può essere un alibi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: