venerdì 15 maggio 2020
Operazioni "Cloralix" della Procura: 33 indagati tra gestori, amministratori locali, tecnici. Nelle acque metalli pesanti e scarichi fecali
Benevento, sequestrati 12 depuratori per grave inquinamento dei fiumi

Ansa

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Non è bastato utilizzare quantità enormi di cloro per coprire il gravissimo inquinamento. Metalli pesanti, azoto ammoniacale e azoto nitrico e perfino Escherichia Coli. Così questa mattina i Carabinieri del Gruppo Tutela Ambiente di Napoli hanno sequestrato 12 depuratori di Benevento e provincia. Operazione "Cloralix", con evidente riferimento al trucco utilizzato dai responsabili, coordinata dalla Procura di Benevento. Ben 33 gli indagati per inquinamento ambientale, frode nelle pubbliche forniture, truffa, favoreggiamento personale, gestione illecita di rifiuti, scarichi di acque reflue senza autorizzazione, abuso d’ufficio e falso. Azioni che, scrive il procuratore Aldo Policastro, "hanno provocato il grave inquinamento dei fiumi Calore e Sabato della provincia di Benevento persistente da diverse anni, con addirittura il complessivo peggioramento dello stesso, dovuto alle complessive carenze gestionali e impiantistiche". Proprio due anni fa, esattamente il 15 maggio 2018, erano stati sequestrati decine di scarichi fognari irregolari che finivano nei corsi d'acqua. Ora tocca ai 12 impianti di depurazione gestiti dalla GE.SE.SA. Spa, con la nomina di un amministratore giudiziario per l'"eliminazione della cause di malfunzionamento degli impianti e il corretto funzionamento, e per contribuire a ripristinare una situazione di tollerabilità del livello di inquinamento dei fiumi del beneventano".

Gli indagati sono i soggetti gestori dei depuratori, pubblici amministratori e tecnici comunali che hanno rilasciato illegittime autorizzazioni agli scarichi, gestori di laboratori privati incaricati di effettuare le analisi sulle acque oggetto di deputazione, pubblici ufficiali incaricati di effettuare attività ispettive sul funzionamento dei depuratori. Le indagini hanno consentito di riscontrare una presenza diffusa e massiva di scarichi diretti dalle fogne dei Comuni di Benevento città e della Provincia nei fiumi Calore e Sabato dovuta, in alcuni casi all’assenza di depuratori, con immissione di reflui inquinanti direttamente nei corsi d’acqua, in altri al non corretto funzionamento dei depuratori esistenti.

Le analisi svolte "hanno confermato il notevole deterioramento dei fiumi, a causa degli scarichi dai depuratori di acque gravemente inquinate da solidi sospesi, alluminio e piombo, elevate concentrazioni di azoto ammoniacale e azoto nitrico e perfino di “Escherichia Coli” ben oltre i limiti previsti dalla normativa vigente e tali da determinare un inquinamento significabile e misurabile dei corsi d’acqua". Molte "le corresponsabilità", secondo la procura, di chi ha favorito la "cattiva e fraudolenta gestione operativa degli impianti" oltre al personale della GE.SE.SA. Vengono citati così i "responsabili di un laboratorio privato utilizzato per far apparire solo documentalmente “conformi” ai parametri di legge i campioni delle acque di scarico degli impianti a cui la predetta società affidava le analisi, e così occultare le gravi situazioni di “ecotossicità”, cagionate dalla cattiva gestione".

Dalle investigazioni è emerso che "gli indagati non solo, pur pienamente al corrente della grave situazione di generalizzato malfunzionamento della maggior parte degli impianti, non adottavano i dovuti provvedimenti ma, addirittura, adottavano fraudolenti espedienti finalizzati a mascherare le inefficienze degli impianti, che finivano per cagionare ulteriore inquinamento dei corsi d’acqua". Tra questi proprio il grande uso di cloro, da quale ha preso il nome l'operazione. In questo modo, accusa il procuratore, "venivano tutelati unicamente gli interessi privatistici di carattere economico dell’azienda a discapito del bene comune rappresentato dalla necessità di evitare che reflui inquinati o comunque non conformi a legge finissero nei corsi idrici, risorse vitali per il nostro paese".

Non mancano coperture e complicità di "alcuni Sindaci e responsabili di uffici comunali dei comuni della Provincia che rilasciavano illegittime autorizzazioni, in violazione delle prescritte procedure, o addirittura ideologicamente false". In questo modo è stato prodotto "intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale di notevole entità alla società consistente nel risparmio dei costi dello smaltimento di rifiuti liquidi che avrebbero dovuto essere prelevati con autospurgo gommati e avviati al trattamento in impianti terzi con consequenziali costi aggiuntivi, nonché nel prosieguo dell’esercizio dell’attività di depurazione con la percezione del relativo profitto, in assenza di presupposti di legge". In particolare vengono segnalati un sindaco e il geometra di un ufficio tecnico comunale che "per sanare l’assenza del titolo autorizzativo, redigevano una autorizzazione provvisoria allo scarico del depuratore comunale, retrodatandola di due mesi".

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