sabato 14 ottobre 2017
La mamma: «Ho subito discriminazioni». La parrocchia: «Nessuno ha voluto respingere il bambino. Avevamo chiesto una particolare collaborazione alla famiglia»
Il bambino disabile e la Messa: una risposta oltre gli equivoci
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Una storia di discriminazione o un clamoroso equivoco? La parrocchia di Santa Croce di Bari, a due passi dal cuore commerciale della città, è al centro di una querelle che divide la comunità. Da una parte la mamma di un bambino di quarta elementare, affetto da un lieve difetto cognitivo e da un deficit comportamentale, al quale sarebbe stata negata la possibilità di partecipare al catechismo e alla Messa; dall'altra il parroco, don Vito Marziliano, sacerdote esperto e apprezzato, che ricorre ad una nota per sottolineare come nessuno abbia voluto respingere o negare i sacramenti al bambino e che la richiesta a «chiedere una particolare collaborazione alla famiglia» sia stata fraintesa.

Da che parte sta la ragione? In via Crisanzio, sede della parrocchia, si tende comunque a minimizzare l’episodio, sottolineando il fatto che la vicenda, portata alla ribalta dai media nazionali, proprio per questo potrebbe essere stata strumentalizzata. Anche se forse involontariamente.

Il racconto della donna è circostanziato. Per due volte, la seconda in compagnia di un’amica, avrebbe chiesto al parroco di iscrivere il figlio di 10 anni, disabile, al catechismo e di poter seguire la Messa. Ricevendo altrettanti rifiuti perché «la presenza del piccolo non avrebbe permesso agli altri bambini di seguire la celebrazione in quanto il parroco non ha esperienza con questi soggetti».

La donna non molla: «Ho sempre assicurato che il bambino avrebbe avuto sempre l’assistenza di un’educatrice». Poi il sacerdote le avrebbe chiesto se l’educatrice sarebbe riuscita a far capire al figlio il messaggio cristiano e se tra le necessità del bambino ci fossero quelle di alzare la voce o di alzarsi spesso. «Perché in questo caso sarebbe stato difficile farlo partecipare anche alla Messa». Il racconto della donna continua: «Don Vito mi ha detto che dopo tanti anni è finalmente riuscito a costruire un numeroso gruppo di bambini: la presenza di mio figlio durante la funzione domenicale li avrebbe disturbati».

La notizia fa il giro della comunità. La mamma incalza: «A chi ha chiesto spiegazioni su questo atteggiamento, è stato risposto che la parrocchia non è una scuola di calcetto. Io voglio solo che su certi temi sia fatta informazione».

Inevitabile la replica. Affidata ad una nota scritta, per evitare altri malintesi: «È noto il rinnovato impegno che la nostra comunità parrocchiale profonde nell'attenzione e nella cura per la preparazione dei bambini ai sacramenti, con la partecipazione e la collaborazione delle famiglie», scrive il sacerdote. «Nel caso concreto si è data piena adesione alla richiesta di preparazione del piccolo, pur essendo appartenente ad altra parrocchia, e nessuno ha voluto respingerlo o negargli i Sacramenti: appreso della particolare disabilità di cui questi è portatore, ci si è limitati (doverosamente, anche e soprattutto nell'interesse del minore) a richiedere una particolare collaborazione alla famiglia, chiedendo anche di fornire delle linee guida comportamentali da tenere in caso di manifestazioni acute (linee che soltanto la famiglia può fornire): lo spirito di tale richiesta è stato probabilmente equivocato».

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