martedì 30 marzo 2021
L'assegno universale per i figli diventa lo strumento unico per il sostegno della natalità e delle famiglie: con 227 sì, nessun no e 4 astenuti il Senato ha dato l'ultimo via libera al ddl delega
Il Senato approva il ddl delega per l'assegno unico

Il Senato approva il ddl delega per l'assegno unico - Fotogramma

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Il Parlamento stacca l’assegno unico universale per ogni figlio. E lo fa con un voto quasi unanime del Senato. I «sì» sono stati infatti 227 su 231 votanti, solo 4 astensioni. Nessun voto contrario. Il ddl Delrio-Lepri è dunque diventato legge, dopo 8 mesi dall’approvazione alla Camera.

Della misura, che decorre dal 7° mese di gravidanza fino ai 21 anni d’età, il dem Mauro Laus, relatore in aula, ha ricordato che si era cominciato a parlare nella scorsa legislatura ed «è stata portata avanti con forza e con convinzione in questa legislatura, in primis con i disegni di legge a firma del senatore Tommaso Nannicini e degli onorevoli Delrio e Lepri». Un altro contributo essenziale è arrivato con la Leopolda 2019 da Italia Viva, partito delle ministra della Famiglia Elena Bonetti, che ieri in aula ha ribadito l’impegno a concretizzare la misura nei tempi previsti e ha ricordato che essa si completerà con il Family Act.

Anche il senatore Matteo Renzi, leader di Iv, è intervenuto parlando di un «segnale di speranza» che la politica prova a dare di fronte al gigantesco problema della crisi demografica. E condivide il "grazie" a Bonetti con il premier Mario Draghi e pure con il predecessore Giuseppe Conte. Entusiasmo condiviso da Matteo Salvini. Il leader leghista parla di «passo concreto per aiutare davvero le mamme e i papà» e sottolinea il fatto che l’assegno sarà «finalmente» esteso a lavoratori autonomi, professionisti e disoccupati. E rilancia verso una riforma del fisco «a misura di famiglia». Per l’ex ministro del Lavoro Nunzia Catalfo (M5s), che con Bonetti si è impegnata per il Family Act, l’ok al ddl «finalmente allinea l’Italia all’Europa».
Anche Fratelli d’Italia ha votato «sì», per ribadire la centralità delle politiche familiari. Ma ha espresso «perplessità» sulla misura. Per il partito di Giorgia Meloni, sottolineano Isabella Rauti e Tiziana Drago, servirebbero 30 miliardi rispetto ai 21 finora disponibili. Altra «criticità» è il calcolo del coefficiente Isee necessario per richiedere l’erogazione. E, dunque, sarebbero penalizzate le famiglie numerose e che hanno figli con più di 21 anni (limite massimo che la norma stabilisce per percepire l’aiuto).

Soddisfazione unanime, dunque. Ma, appena estratto dal metaforico carnet, lo cheque dovrà ora passare per una marcia a tappe forzate in modo da varare i decreti attuativi (si tratta di una legge delega) entro il 1° luglio. È la data di avvio confermata giorni fa dal premier Draghi, insieme all’importo di 250 euro mensili, con maggiorazioni previste per i disabili. Il provvedimento è anche alla prova di una maggiore copertura per il 2022 nella prossima manovra. Nel cammino verso i decreti vogliono essere coinvolti anche i sindacati. «Bisognerà tenere insieme i due principi base della riforma: equità e universalità, senza penalizzare nessuno», ricorda il segretario della Cisl, Luigi Sbarra.

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