giovedì 15 febbraio 2018
Riccardo Bergonzi parla di omaggio alla tradizione della sua città. Però a vedere come ricicla violini e violoncelli arrivati rotti in Italia (fioriere o mobiletti) il sospetto viene
Riccardo Bergonzi (Federica Priori)

Riccardo Bergonzi (Federica Priori)

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Riccardo Bergonzi lo mette subito in chiaro: non è una fine vendetta, la sua, ma un curioso omaggio alla tradizione liutaria nella capitale della liuteria.

Cremona, centralissimo corso Garibaldi. Nella sua bottega che profuma di legno, di arte e di sapere, non vedi solo violini e viole, violoncelli e contrabbassi. Ma vedi questi strumenti così come li giunge a immaginarli la sua mente d’artista. Deformati, distillati, trasfigurati. In un quadro, così come in un blocco di resina.

Ma che c’entra la vendetta? C’entra eccome. Perché è la prima dimensione che salta in mente, davanti a un liutaio cremonese che – tra le tante attività “collaterali” - va a scovare strumenti cinesi (rottisi durante il viaggio), li ritira per poco, e – quasi fosse una sorniona punizione – li trasforma in fioriere, mobiletti bar, comodini, borse per fare la spesa, lampade, e addirittura cassette di pronto soccorso. Oggetti inutili e poveri che ridiventano utili e costosi, frutto di un estro che il “filosofo” Bergonzi vede servitore di uno scambio tra popoli: “Il violoncello raggiunge la sua massima evoluzione in Europa, ma gli strumenti di basso costo e qualità che arrivano a frotte dalla Cina permettono a molti principianti di avvicinarsi al loro studio”. Nessuna concorrenza con l’artigianato della città di Stradivari, dunque, ma “il disegno di una storia che da Cremona arriva fin là, e poi vi ritorna come migrazione al contrario”.

Ecco allora l’idea di riscattare questi strumenti, di dar loro una seconda vita, di farli diventare opere “altre”. L’avventura comincia cinque anni fa, nell’umido e spoglio magazzino di un corriere. Ad attendere il giro in discarica c’è una ventina di violoncelli senza manico. Fermi tutti, dice Bergonzi, allo smaltimento ci penso io. Tempo qualche giorno, e il primo strumento diventa un comodino. “Il gioco è stato quello di riciclare più parti possibili”, spiega il liutaio. E in effetti vedi due puntali far da gamba al curioso mobiletto.

Poi giunge la primavera, e rifiorisce – non solo metaforicamente – il secondo “cello”: la sua cassa diviene verde prato, i suoi cappellotti superiore e inferiore vengono via. E sopra questo primo “vaso liutario” spuntano erba e fiori (veri).

Ma almeno i cappellotti finiscono in discarica? Certo che no, si trasformano in una lampada dal sapore retrò. Ad arrivare è quindi la variante del vaso: stesso sezionamento, ma tavola del colore di una borsetta. E soprattutto un carrellino per tirarla, visto che quel violoncello – d’ora in avanti – sarebbe servito per fare la spesa.

Preso gusto, Bergonzi ne “apre” un altro, ci ricava ripianetti di plexiglass e ci nasconde una lampadina dietro la cordiera in basso: mancano solo vini e grappe, ma il mobiletto bar è già fatto. E niente paura: se qualcuno si sente male, c’è pure la cassetta pronto soccorso. Ricavata in un violoncello molto piccolo, con tanto di croce rossa in fronte a dominare una tavola bianco ospedale.

Ma ecco ora voci e immagini dalla bottega liutaria di Bergonzi, un estratto dalla trasmissione Le Città della Musica a cura di Federica Priori per Cremona 1 Tv:


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