mercoledì 6 novembre 2019
Conte e i ministri riuniti con i vertici aziendali per cercare di salvare i 10.700 dipendenti del Gruppo. Nella maggioranza continuano i contrasti sullo scudo penale
Operai davanti all'Arcelor Mittal di Taranto (Ansa)

Operai davanti all'Arcelor Mittal di Taranto (Ansa)

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È il momento decisivo per le sorti dell'ex Ilva. Dopo la bomba dell'addio di Arcelor Mittal due giorni fa, il governo cerca una exit strategy per salvare i 10.700 dipendenti del Gruppo, ma l'esito sembra tutt'altro che scontato. A Palazzo Chigi va in scena l'atteso vertice tra il premier Giuseppe Conte, cinque ministri (tra cui Stefano Patuanelli e Roberto Gualtieri) e i rappresentanti di Mittal (presidente e ceo Lakshmi Mittal e il chief financial officer Aditya Mittal).

La discussione, dopo l'incontro, arriva in Consiglio dei ministri e viene definita "molto preoccupata e responsabile" da fonti qualificate. Secondo quanto apprende LaPresse, infatti, l'azienda avrebbe espresso la necessità di mettere sul tavolo 5mila esuberi. Condizione, viene spiegato, che il Governo "non può neanche prendere minimamente e lontanamente in considerazione".

La questione dello scudo penale, invece, non sarebbe pregiudiziale per Arcelor Mittal. Il Governo starebbe comunque discutendo sulla possibilità di intervenire per decreto per "mettere in chiaro pubblicamente le cose e le posizioni".

D'altronde anche dentro la maggioranza rimangono delle divergenze tra chi, come Pd e Italia Viva, vorrebbe il ripristino dello scudo legale per decreto d'urgenza e chi invece, come il M5S, nicchia, puntando magari su una norma più generale sulla base dell'articolo 51. "La linea del governo è che gli accordi contrattuali vanno rispettati e in questo caso riteniamo non ci siano giustificazioni per sottrarsi - spiega il presidente del Consiglio in mattinata - il governo è disponibile a fare tutto il possibile per affinché ci sia il rispetto degli impegni".

Dal canto suo l'azienda tira dritto. Ieri ha comunicato ai sindacati territoriali che avrebbe attivato l'articolo 47 e proprio in mattinata è arrivata la lettera formale. Mittal ha comunicato la riconsegna delle aziende e dei dipendenti ai commissari straordinari. La tutela legale - eliminata con un emendamento del M5S al dl imprese - rappresentava "un presupposto essenziale su cui AmInvestCo e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all'operazione né, tantomeno, di instaurare il rapporto disciplinato dal Contratto".

Con la procedura di recesso si prevede la cessione del ramo d'azienda che coinvolge 10.777 dipendenti, di cui 8.277 a Taranto. Le città coinvolte sono appunto Taranto, Genova, Novi Ligure, Milano, Racconigi, Paderno Dugnano, Legnano e Marghera, oltre a tre altre società che fanno parte del perimetro dell'Ex Ilva.

Di fronte ad una situazione così difficile, si assiste ad atteggiamenti molto diversi da parte dei sindacati. Mentre Fiom Cgil ha proclamato lo stato di agitazione per tutti gli stabilimenti e la Uilm predica prudenza in attesa degli sviluppi, la Fim Cisl di Marco Bentivogli sin dalla mattinata annuncia uno sciopero di 24 ore che durerà fino alle 15 di giovedì. "Riteniamo grave l'atteggiamento che la multinazionale ha adottato, in quanto riconsegna gli impianti e i lavoratori all'amministrazione straordinaria, ancor prima di incontrare il governo", ha annunciato il sindacato dei metalmeccanici Cisl. I commissari straordinari al momento seguono da lontano la vicenda e, secondo quando si apprende, sarebbe improbabile un loro incontro con i rappresentanti di Jindal, proprietari dell'acciaieria ex Aferpi a Piombino.

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