giovedì 11 maggio 2017
Niente elezioni comunali l'11 giugno a Gioia Tauro e Laureana di Borrello, uno dei tre comuni colpiti (con Bova Marina) in provincia di Reggio Calabria. Liquidato anche San Felice a Cancello (Caserta)
Veduta aerea del porto di Gioiatauro

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Non si voterà, l'11 giugno prossimo, a Gioia Tauro e a Laureana di Borrello, i due Comuni della Piana di Gioia Tauro sciolti per mafia stamattina dal Consiglio dei Ministri insieme al Comune di Bova Marina. I tre centri sono tutti in provincia di Reggio Calabria. Stesso provvedimento anche per San Felice a Cancello in provincia di Caserta.

Sia Gioia Tauro che Laureana erano stati commissariati in via ordinaria dopo le dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali. A Gioia Tauro il sindaco Giuseppe Pedà era stato costretto a lasciare il 23 dicembre del 2016 a seguito delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali e il prefetto aveva nominato un commissario prefettizio. Anche a Laureana di Borrello il prefetto di Reggio Calabria aveva inviato un commissario dopo le dimissioni contestuali del sindaco Paolo Alvaro e di tutti i consiglieri comunali dopo un'inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che aveva portato all'arresto dell'ex assessore comunale Vincenzo Lainà, ritenuto il riferimento politico della cosca Lamari.

A Gioia Tauro invece, dopo l'arrivo del commissario prefettizio scattarono altre due inchieste antimafia che portarono all'arresto del dirigente dell'ufficio tecnico comunale Angela Nicoletta e di alcuni parenti di ex amministratori locali. L'inchiesta "Cumbertazione" aveva visto il coinvolgimento di numerose aziende ed imprese accusate di aver manipolato alcune importanti gare di appalto che si erano svolte nella Piana e in Calabria. A Gioia Tauro questo è il terzo scioglimento per mafia. Il primo è avvenuto nel 1991 ed il secondo nel 2008. Per Laureana di Borrello invece si tratta del primo scioglimento per infiltrazione mafiosa.

A Bova Marina, lo scioglimento di oggi trova origine in un'inchiesta giudiziaria. L'accesso antimafia, infatti, era stato disposto nel gennaio scorso dal Prefetto di Reggio Calabria dopo l'arresto, avvenuto il 7 dicembre 2016, del sindaco Vincenzo Crupi, posto ai domiciliari nell'ambito di una inchiesta della Dda reggina con l'accusa di corruzione in relazione all'appalto per la raccolta dei rifiuti nel suo comune, "controllato", secondo l'accusa, dalla cosca Iamonte, uno dei gruppi storici della 'ndrangheta. Crupi si era poi dimesso il 9 dicembre ed il Prefetto aveva sospeso il Consiglio comunale nominando un commissario.

I quattro comuni, fa sapere Palazzo Chigi, sono stati sciolti «per accertati condizionamenti dell'attività amministrativa da parte della criminalità organizzata. La gestione degli enti, già sciolti per motivi amministrativi, viene pertanto affidata ad apposite Commissioni, a norma dell'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuel)».

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