lunedì 6 novembre 2017
Si rifiutano di rispondere i due giovani arrestati, 20 e 21 anni, nati a Roma da famiglie di origini bosniache e domiciliati in un campo nomadi della Capitale
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Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Mario Seferovic e Maicon Halilovic, questa mattina durante l'interrogatorio di garanzia a Regina Coeli, Restano dunque in carcere i due rom di origine bosniaca arrestati il 3 novembre con l'accusa di aver stuprato e sequestrato il 10 maggio due quattordicenniin un boschetto del quartiere romano del Collatino. Seferovic, per bocca del suo avvocato Amalia Capalbo, si è però professato innocente in quanto non sarebbe stato sul posto.

L'appuntamento fatale

A quanto ricostruito dagli investigatori, una delle ragazze aveva conosciuto in chat Halilovic, 21 anni, e dopo un po' di tempo ha accettato di incontrarlo. All'appuntamento, a cui si è presentata in compagnia della sua amica, l'uomo le avrebbe costrette a seguirlo in un terreno isolato sulla Collatina dove avrebbe abusato sessualmente di loro, mentre il suo amico faceva da palo, dopo averle legate per impedire loro di allontanarsi. I fatti sono avvenuti a maggio, ma le ragazzine in un primo momento non hanno denunciato l'accaduto né sono ricorse a cure mediche.

La denuncia dei genitori

Solo dopo un mese, venuti a conoscenza dell'episodio, i genitori di una delle due vittime si sono rivolti ai carabinieri della stazione di Roma Tor Sapienza, facendo scattare le indagini. Le ragazze sono state ascoltate in modalità protetta e hanno ricostruito nel dettaglio gli abusi subiti. I loro racconti coincidevano in tutto. Al termine delle indagini i carabinieri hanno identificato i responsabili ed eseguito l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Roma su richiesta della procura.

Agito con «estrema freddezza»

Secondo gli inquirenti, i due giovani hanno agito «con estrema freddezza e determinazione unite ad un'assoluta mancanza di scrupoli e a una non comune ferocia verso le vittime». Per questo, il carcere appare l'unica misura congrua per chi, se lasciato libero,potrebbe tornare a commettere nuovamente reati della stessa natura. È in sostanza ciò che scrive il gip, Costantino De Robbio, nell'ordinanza cautelare. Secondo il magistrato, inoltre, la detenzione in cella dei due scongiurerebbe anche il pericolo di inquinamento probatorio alla luce delle «minacce di morte rivolte alle minori» perchè non rivelassero lo stupro e del tentativo di Seferovic di «contattare la madre delle ragazze, forse anche per appurare se le vittime avessero rispettato la consegna del silenzio».

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