domenica 11 agosto 2013
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Investire nell’educazione dei giovani, partendo dall’esem­pio e dalla testimonianza che tante famiglie solide sanno mo­strare con semplicità. Michele Pennisi, arcivescovo di Monrea­le, membro del Comitato scien­tifico e organizzatore delle Setti­mane Sociali dei cattolici italia­ni e del Pontificio Consiglio del­la Giustizia e della Pace, invita a non arrendersi alle difficoltà e a continuare a credere nel prezio­so ruolo della famiglia.
Famiglia, «speranza e futuro per la società». Ma come suggerire oggi a due giovani di mettere su famiglia alla luce dell’incertezza economica e lavorativa che li in­veste?
L’incertezza, prima di essere e­conomica e lavorativa, è di ca­rattere esistenziale, perché di­pende dal fatto che non si è sicuri che vi sia qualcuno o qualcosa per cui valga la pena vivere e sa­crificarsi. È importante che i va­lori familiari siano percepiti co­me beni umani attraenti e occa­sione di una pienezza di vita che ripaga la fatica e il sacrificio. Se la Chiesa educa a guardare al mi­stero della vita e al suo significa­to, non per contrapposizione i­deologica, ma per l’esperienza di umanità rinnovata che il matri­monio cristiano produce, aiuta anche due giovani a mettere su famiglia.
La mancanza di lavoro spinge all’emigrazione o a rivolgersi a sistemi clientelari che inquina­no sia la politica sia la società. Come si può offrire un’alterna­tiva? O ci si dovrà sempre ac­contentare del precariato?
Viviamo una crisi che non è pas­seggera. Quindi occorre sbrac­ciarsi per creare nuove condi­zioni di sviluppo. I giovani, so­prattutto, devono essere accom­pagnati a recuperare la capacità di rischiare i loro talenti, senza aspettare sempre il posto fisso vi­cino a casa. La crisi ha prodotto alcuni cambiamenti che invita­no ad una maggiore sobrietà. Molte delle politiche pubbliche di tutela sono ormai insufficien­ti e inadatte. Non rimane che un grande impeto dell’iniziativa del­le singole persone e delle famiglie che, fin dove è possibile, si assu­mano la responsabilità di creare lavoro per sé e per gli altri.
La società oggi propone model­li alternativi alla famiglia fon­data sull’unione tra un uomo e una donna. L’istituzione sempre più frequente dei registri delle unioni civili lo dimostra. Come dialogare con chi la pensa in modo diverso?
Il dialogo non può essere solo in termini di scambio di opinioni teoriche. Proprio in questo mo­mento culturale c’è bisogno di testimonianze di vita coniugale che facciano vedere la bellezza e la convenienza umana del ma­trimonio cristiano. La prossima Settimana Sociale vuole soprat­tutto far conoscere le tante e­sperienze positive, troppo spes­so poco note all’opinione pub­blica. Oggi tuttavia non basta fa­re esperienza, è altrettanto deci­sivo comunicarla, altrimenti la Chiesa si riduce a una riserva, o­ve saranno tutelati ed esposti al pubblico quelli che continuano a celebrare le nozze d’oro o di diamante. Ma saranno cataloga­ti come l’eccezione che confer­ma la regola. La Chiesa comun­que deve farsi carico di seguire con grande disponibilità dal punto di vista pastorale anche le forme di convivenza diverse da quelle che scaturiscono dal ma­trimonio.
Quali valori stiamo trasmetten­do alle giovani generazioni? Si tratta, come dice Papa France­sco, di valori avariati?
La sensazione è che da molte tri­bune si predichi solo l’interesse individuale e il nichilismo. I va­lori non producono cambia­mento, se non sono accompa­gnati dall’esperienza. Oggi an­che nella Chiesa l’esperienza o manca o, se c’è, non è sufficien­temente diffusa e condivisa, per cui basta un programma spaz­zatura in televisione per produr­re conseguenze nell’educazione che ci vogliono mesi per essere colmate. Con questi valori ava­riati non si va lontano. Il Signo­re, in modo imprevisto e impre­vedibile, ci ha dato papa France­sco. Cominciamo col seguire lui. Aiutiamoci a guardare di più nel cuore degli uomini, e magari di meno qualche spettacolo televi­sivo.
Quale ruolo ha l’educazione in questa sfida di speranza?
L’educazione è la vera emergen­za. Il problema non sono i gio­vani, ma gli adulti incapaci di tra­smettere una testimonianza cre­dibile di vita. È importante so­stenere la funzione educativa in famiglia, dove si imparano a svi­luppare relazioni gratuite. La po­litica rispetti la libertà educativa delle famiglie attenta al bene co­mune.
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