sabato 30 agosto 2014
​Panteleimon: cattolici e ortodossi sono davanti alle stesse sfide.
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​Lettera maiuscola, lettera minuscola. L’Amore di Dio per l’uomo, l’amore che lega tra loro gli esseri umani. Panteleimon, vescovo ortodosso di Orokhovo-Zuevo, ha appena concluso la sua lezione-testimonianza. Un momento di grande intensità, che conferma il dialogo strettissimo ("amicizia", l’ha definita don Stefano Alberto nella sua introduzione) fra il Meeting e la tradizione dell’Oriente cristiano. Vicario del patriarca Kiril, Panteleimon è un teologo finissimo, presiede il Dipartimento sinodale per la carità della Chiesa russa ed è anche padre di famiglia, secondo la consuetudine ortodossa. Quattro figlie, sedici nipoti, la presenza vivissima della moglie Sofia, morta venticinque anni fa. «Quando ci siamo incontrati era atea – ha ricordato –, poi si è convertita, ha ricevuto il battesimo, ha vissuto nel cristianesimo per quindici anni. Grazie a lei ho sperimentato quello che sant’Ambrogio scrive a proposito del fratello: la morte non cancella la comunione con chi amiamo, ne muta soltanto la forma».A che punto è, secondo lei, il dialogo fra cattolici e ortodossi?Non sono un esperto dei rapporti tra le confessioni cristiane, posso soltanto parlare di me stesso. La mia esperienza è che non esiste vera relazione senza conoscenza reciproca, ed è su questo che dovremmo insistere. Cattolici e ortodossi non si conoscono ancora abbastanza. Prendiamo il tema della misericordia, sul quale mi è stato chiesto di intervenire qui a Rimini. È un fondamento della vita cristiana, eppure ci sono diversità nel modo in cui le varie Chiese realizzano le loro opere di carità. Se ci spostiamo nel campo della teologia o dell’organizzazione ecclesiastica, le differenze emergono in modo ancora più evidente. Quando leggo le opere di Benedetto XVI, per esempio, sono colpito dalla profondità del suo pensiero teologico, in cui riconosco molti elementi comuni con l’insegnamento ortodosso e mi rendo conto di come noi tutti ci troviamo di fronte alle stesse sfide, alle stesse domande. Ciò nondimeno, non posso accettare la dottrina cattolica nella sua interezza. Non siamo in comunione con Roma, è vero, ma questo non ci impedisce di amarci gli uni gli altri. E imparare a conoscersi è, lo ripeto, una forma d’amore che riveste oggi particolare importanza. L’amore e la misericordia sono i tratti distintivi del pontificato di Francesco.È molto bello vedere come il Papa si avvicina ai poveri, ai malati, ai ragazzi in difficoltà. Nel momento in cui afferma di preferire una Chiesa ferita e sporca a una Chiesa arroccata nelle proprie sicurezze, Francesco testimonia una verità nella quale tutti i cristiani sono chiamati a riconoscersi. Anche il patriarca Kiril si è pronunciato spesso in modo analogo e questa, del resto, è la lezione di san Giovanni: come potete dire di amare Dio che non vedete, se non amate il fratello che vedete? Senza misericordia non esiste il cristianesimo. E questo non è un principio astratto, ma qualcosa che accade continuamente. Ho presente il caso di una giovane romana, che aveva già una vita religiosa molto intensa. La sua comprensione della fede è però cambiata radicalmente dopo che ha iniziato a operare come volontaria presso la Comunità di Sant’Egidio. Se la persona non tende all’amore, non può conoscere Dio, che è amore. Aver sostituito l’amore per Dio con l’amor proprio è l’origine delle divisioni che attraversano il mondo contemporaneo.Una realtà che le sta molto a cuore è quella delle Sorelle della Misericordia.Sì, è una comunità di donne, nubili e sposate, che opera in Russia all’interno di ospedali, orfanotrofi, ospizi. Si sono date una regola spirituale che è diventata sempre più esigente nel tempo, perché il loro è un lavoro molto duro, che richiede estrema dedizione. Sono sostenute dalla Chiesa ortodossa, che riconosce loro un piccolo rimborso spese. Ho già detto che, se mai dovessi ammalarmi, vorrei essere curato da loro, che riconosco ormai come parte della mia famiglia.Qual è l’impegno della Chiesa russa per i profughi provenienti dall’Ucraina?Sono circa 250mila, un numero impressionante di cui nel resto d’Europa si ha scarsa consapevolezza. Di recente ho avuto modo di visitare la zona di confine e ho potuto costatare le condizioni di estremo disagio di queste persone, in maggioranza donne e bambini. Abbiamo attivato un servizio telefonico a loro dedicato e riceviamo centinaia di richieste d’aiuto: c’è chi cerca lavoro e chi ha bisogno di vestiti, perché è fuggito da casa senza prendere nulla con sé. Fra pochi giorni, inoltre, si torna a scuola e le famiglie non hanno ancora deciso se rimanere in Russia oppure tornare in Ucraina.
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