sabato 23 maggio 2015
Domenica alle 15 un minuto di raccoglimento per i 100 anni dell'ingresso del nostro Paese nel conflitto. Caso Bolzano: tricolore a mezz'asta. Nella foto, la staffetta di militari che sta attraversando la Penisola.
COMMENTA E CONDIVIDI

Un minuto di silenzio che racchiude un secolo. È quello che, alle 15 di domani, sarà osservato in tutta Italia per ricordare i cento anni dell’ingresso del nostro Paese nella Prima guerra mondiale. A partire dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che sarà a Monte San Michele (Gorizia), tutti i cittadini sono invitati a sostare per un minuto, ricordando il sacrificio dei 650mila militari caduti a cui vanno aggiunte le circa 600mila vittime civili. Alla stessa ora, i bambini delle scuole elementari porteranno delle stelle alpine di carta, realizzate in classe, al monumento ai caduti delle loro città. In 24 capoluoghi, una squadra di militari in armi esploderà una salva d’onore, mentre a Roma il colpo partirà dal cannone del Gianicolo. Anche il mondo del calcio ricorderà l’inizio del conflitto, con i giocatori e gli arbitri che scenderanno in campo indossando una maglietta con la scritta “ricorda”, composta dai versi delle poesie di Giuseppe Ungaretti, mentre la tappa del Giro d’Italia, con arrivo a Madonna di Campiglio, sarà dedicata all’anniversario.  Intanto, ha innescato un vespaio di polemiche, la decisione dei presidenti della Regione Trentino Alto-Adige, Ugo Rossi e della Provincia di Bolzano, Arno Komptascher, di esporre il Tricolore a mezz’asta in segno di lutto. Lo stesso ha deciso di fare il sindaco del capoluogo altoatesino, Luigi Spagnolli, «perché l’inizio di quella guerra, come pure di tutte le guerre, costituisce già di per sé una sconfitta per l’umanità». Alla vigilia del Centenario, la Camera ha approvato la proposta di legge che prevede la riabilitazione d’ufficio (come sollecitato da una campagna di Avvenire) dei circa mille militari italiani condannati a morte nel corso della Grande guerra per reati di diserzione e per i reati in servizio, come lo sbandamento e i fatti di disobbedienza. In base al testo approvato, che ora passa al Senato, il procuratore generale militare avrà l’obbligo di presentare le richieste di riabilitazione al Tribunale militare entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge. In questo modo, saranno restituiti l’onore militare e la dignità di vittime della guerra a quanti furono passati per le armi. (Paolo Ferrario)

Una staffetta per la pace a cento anni esatti dall’entrata dell’Italia nella Prima Guerra mondiale il 24 maggio 1915. Arriverà domani in piazza Unità d’Italia a Trieste, dove verrà issato, il tricolore portato da 600 soldati che hanno corso per 24 ore su 24 per l’iniziativa “L’Esercito marciava”. Partita l’11 maggio, la corsa si è svolta lungo 5 itinerari che hanno attraversato l’Italia per circa 4.200 chilometri, partendo da Trapani, Lecce, Bolzano, Cagliari e Aosta. Un momento di condivisione, che ha attraversato decine di paesi della penisola per portare un messaggio di unità. Di corsa, come si conviene a un bersagliere, per il capitano Giuseppe D’Agostino di Agrigento, del Sesto Reggimento Bersaglieri di Trapani. È toccato a lui partecipare alla prima partenza nazionale della corsa, l’11 maggio, da Trapani a Palermo. «Nel mio gruppo eravamo 14 bersaglieri, abbiamo percorso la staffetta per 130 km., attraversando i Comuni di Calatafimi, Segesta, Alcamo e Terrasini. Un’emozione essere accolti da tutta la cittadinanza con affetto – racconta –. Ed è proprio facendo delle ricerche negli  archivi in occasione di questa corsa che ho scoperto che mio nonno era stato al fronte. Partì nel 1917 col 99esimo Reggimento Fanteria. Tornò vivo, ma morì poi nel 1943, per questo se ne era persa memoria».  Il capitano è emozionato nel raccontare una storia riscoperta da poco nella sua famiglia, come in tante altre famiglie siciliane. «Come mio nonno, tutti sono partiti dalle proprie case, erano contadini, partivano per posti sconosciuti. La guerra purtroppo fu il primo evento collettivo del popolo italiano». Per questo, aggiunge, «occorre ricordare ai nostri figli che la guerra non è una cosa bella». Accanto a lui, la figlia Martina, stringe orgogliosa l’attestato che le è stato assegnato per ricordare la partecipazione del bisnonno alla Grande Guerra. «Anche la scuola sta avendo un ruolo importante – aggiunge –. Tante scolaresche ci sono venute incontro. I bambini vengono coinvolti e studiano, a casa fanno tante domande». È nata in Marocco, ma si sente orgogliosamente italiana Fatna Maraui, primo Caporal maggiore, bersagliere e atleta del Centro sportivo olimpico dell’Esercito. Lei è stata premiata con l’Ambrogino dell’Esercito nel passaggio della staffetta a Milano. «Sono qui da 17 anni, sono venuta per raggiungere le mie sorelle, ho fatto tanti lavori, la baby sitter, la barista. Ma io già praticavo l’atletica leggera in Marocco e un colonnello mi ha notata in una gara» racconta. «Era il mio sogno gareggiare con gli atleti italiani e oggi mi sento orgogliosa di portare il tricolore del Paese che mi ha adottato e dove sono nate le mie figlie, di 10 e 4 anni». Un pensiero va ai tanti che oggi emigrano in condizioni disperate. «È una tragedia, io mi sento su due fronti: ho compassione per i tanti in cerca di una vita migliore, ma vedo anche che l’Italia è in difficoltà e non è più quella in cui sono arrivata tanti anni fa».  Ha visto negli occhi quei disperati quando era in missione umanitaria a Lampedusa, «una cosa che mi ha cambiato la vita» dice, il caporale maggiore Elisa Lombardo del 5° Reggimento Genio Guastatori di Macomer (Nuoro), parte della gloriosa Brigata Sassari. Lei è stata l’unica donna dei 31 staffettisti che domenica 17 maggio da Cagliari sono partiti per attraversare ben 250 km. di paesini nel cuore della Sardegna. D’altronde, lei è una tosta, è un guastatore minex, ovvero una che riconosce e disinnesca gli ordigni. «La cosa più emozionante è stato vedere gli anziani nei paesi che si alzavano dalle sedie e gridavano “Forza Paris”, il motto della Brigata Sassari», spiega sorridendo. Una Brigata che venne formata di tutta fretta il primo marzo del 1915, appositamente per esigenze belliche: su una popolazione di 800mila persone, 100mila vennero mandate al fronte, in pratica tutti gli uomini dell’isola. «In Sardegna non c’è nessuno che non abbia avuto un nonno o un bisnonno nella Sassari – aggiunge il caporale –. Mi sono immedesimata in tutti quei soldati e mi sono emozionata. È stato commovente portare in staffetta la bandiera. Come soldato, io cerco di dare il meglio e di impegnarmi per la mia nazione. L’obiettivo è uno solo: mantenere la pace». Angela Calvini

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI