sabato 7 febbraio 2015
​Fassino: va mantenuto. E Bankitalia insiste sulla riforma.
Boccia (Pd): revisione necessaria, ma serve confronto
COMMENTA E CONDIVIDI
Si accende lo scontro sulla riforma delle banche popolari. Resta ferma la posizione dell’esecutivo, intenzionato a ricorrere alla fiducia per fare passare il decreto. Mentre le popolari ora possono trovare un appoggio trasversale anche alla Camera. Stefano Fassina, esponente della minoranza del Pd, infatti, ha criticato il decreto e ha annunciato la presentazione di un emendamento che ripristinerebbe il voto capitario. Anche Ncd è determinata a dare battaglia. Lo stesso ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, si è più volte espresso in favore di una modifica in Parlamento del decreto, prendendo anche spunto dalle proposte di autoriforma del settore. Mentre la polemica divampa tra maggioranza e opposizione. Renato Brunetta, capogruppo di Fi, ha definito la riforma di questi 10 istituti «una delle pagine più oscure del governo Renzi», per via dei presunti movimenti speculativi avvenuti in Borsa a cavallo del varo del decreto. Pronta la replica su Twitter del deputato e membro della segreteria Pd Ernesto Carbone: «Caro Brunetta, di oscuro c’è solo il tuo pensiero politico così contorto da confondere anche te. Prima di attacchi strumentali, informati». L’economista Leonardo Becchetti, invece, trova la riforma «assolutamente incomprensibile». «Tutte le crisi bancarie degli ultimi tempi sono quasi tutte crisi di grandi banche Spa – sottolinea il docente alla Radio Vaticana –, quindi l’idea di trasformare delle banche a voto capitario in banche Spa è un controsenso». Il Parlamento si confronterà anche con le ipotesi messe in campo dall’associazione Assopopolari. Fra le più praticabili c’è la cosiddetta 'Spa ibrida', che prevede la cancellazione del voto capitario, ma introduce lo strumento delle azioni a voto multiplo per gli azionisti stabili e anche un limite al possesso azionario (si parla del 3-5% dall’attuale 1%). L’obiettivo sarebbe quello di evitare la scomparsa dei piccoli azionisti- dipendenti e dei soci storici (associazioni e fondazioni) e al tempo stesso favorire l’ingresso di investitori istituzionali. A non mollare la presa sono sia il governo che Bankitalia, entrambi ispiratori del provvedimento. Il ministro Pier Carlo Padoan, a un convegno di Italianieuropei – e all’indomani dell’intervista ad Avvenire  – ha ribadito che «c’era bisogno di una accelerazione, se è vero che la riforma era rimasta nel cassetto 20 anni». Per Bankitalia (in attesa di Visco, che ne parlerà oggi al Forex di Milano), secondo il vicedirettore generale Fabio Panetta la riforma «può essere vista come parte di un più ampio sforzo di riforma per allineare l’economia italiana ai migliori standard di efficienza europei». Il recente decreto, ha sottolineato Panetta, «è il prodotto di una riflessione di alcuni anni sulle lacune della struttura cooperativa per alcune banche quotate o molto grandi ». In Parlamento, intanto, si vanno definendo i dettagli. I due relatori sono i pd Marco Causi per la commissione Finanze e Luigi Taranto per la Attività produttive. L’iter del provvedimento alla Camera inizierà martedì, con il voto in Aula delle quattro pregiudiziali di costituzionalità presentate dalle opposizioni. Da mercoledì 11 partirà il ciclo di audizioni: si comincia nel pomeriggio con Consob e consumatori, per poi proseguire con Abi, Assopopolari e Rete Imprese giovedì, mentre venerdì sarà la volta della Conferenza dei rettori e di Cassa depositi e prestiti. Le audizioni proseguiranno anche la settimana successiva: lunedì 16 sarà ascoltato il direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi. Per il governo il dossier sarà seguito dal sottosegretario Pier Paolo Baretta.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI