sabato 5 dicembre 2015
​Durante la festa patronale, omaggio ai boss di alcuni portantini. Pronto l'intervento di carabinieri e Questura.  Interviene Galantino
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Grazie a Dio, la Madonna non si inchina da nessuna parte: quanto più siamo vicini alla vera spiritualità, tanto più siamo lontani da questi "inchini" ai boss mafiosi». È quanto ha affermato Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, commentando quanto accaduto durante una festa religiosa a Paternò, in Sicilia. «La Chiesa è forte contro la mafia, ovunque, anche al Sud». È accaduto, infatti, il 2 dicembre scorso, che i festeggiamenti in onore di Santa Barbara nella cittadina in provincia di Catania siano stati toccati dal deplorevole "inchino" di due cerei votivi (colonnine in legno raffiguranti scene della vita della santa patrona trasportate in spalla da rappresentanti delle confraternite), al di fuori delle processioni religiose, dinanzi all’abitazione di un pluripregiudicato in carcere per associazione mafiosa. L’episodio è stato segnalato dai carabinieri e i portatori dei due "cerei" sono stati fermati. Il questore di Catania, Marcello Cardona, ha definito l’episodio «una chiara manifestazione della forza intimidatrice, tipica del potere mafioso», imponendo l’allontanamento dei due gruppi e decretando per loro il divieto di proseguire la manifestazione per questioni di pubblica sicurezza. Il sindaco di Paternò, Mauro Mangano, ha affermato che «approfittare della festa in onore della nostra santa patrona per veicolare messaggi contro la legalità, e di compiacenza verso la cultura mafiosa, costituisce un atto intollerabile per la comunità paternese». I "cerei" che girano per le vie del paese non dipendono dalla parrocchia, ma hanno un proprio responsabile e categorie di riferimento, svolgendo un percorso autonomo e noto alle forze dell’ordine con le quali la Chiesa locale procede in piena intesa, perché non ci sia il rischio di infiltrazioni della malavita. «La Chiesa ha sempre avuto a cuore le feste popolari, che rappresentavano un importante momento aggregativo – spiega don Maurizio Patriciello –. Poi si sono inseriti questi signori, forse per dimostrare di avere in pugno il territorio o forse pensando di potersi comprare anche Gesù. Una cosa insopportabile, che va tagliata fuori e che non c’entra niente con la Chiesa e con la cultura, perché loro sono anti-cultura, anti-chiesa, anti-vita, anti-civiltà e anti-democrazia». La parrocchia della cittadina etnea, che anima le celebrazioni, da anni s’impegna perché la festa abbia tutte le caratteristiche della genuina religiosità popolare. «È un fatto gravissimo quanto accaduto – afferma il vicario foraneo, don Vincenzo Algeri – che non deve distogliere l’attenzione sul percorso positivo intrapreso dalla Chiesa locale per formare ed educare le coscienze, gli atteggiamenti dei cittadini e di quanti sono impegnati in qualche aspetto dei festeggiamenti. L’episodio ci dice che c’è tanto lavoro da fare, ma in queste ore ci piacerebbe che fosse raccontato anche quanto avviene di bello ed intenso nelle processioni e nelle celebrazioni. Crediamo nella costanza e nella forza dell’educazione che, nel tempo, ha già permesso di cambiare alcuni modi di fare poco consoni agli aspetti religiosi. Ci vogliono anni, bisogna mettere ai margini i mafiosi di turno, dare luce al bene che si fa».
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