Economia

Coronavirus. L’arma del San Matteo di Pavia: il plasma dei guariti

Paolo Viana mercoledì 6 maggio 2020

Carlo Nicora

Zona rosso carminio. Il Policlinico San Matteo è uno degli snodi della pandemia di Covid-19. Nell’ospedale diretto da Carlo Nicora arrivano infatti i malati del Pavese, del Lodigiano e del Cremonese. Qui è stato validato il test che ti dice se sei stato contagiato, ma soprattutto se hai sviluppato degli anticorpi capaci di impedire al virus di infettare le tue cellule. Qui si curano i malati con il plasma di chi è guarito. Basta sapere di esserlo e donare qualche provetta di sangue, per sconfiggere il virus. Il direttore generale Nicora ci spiega come.

Da Mattia (il paziente 1) al plasma: come si entra nell’inferno di una pandemia e se ne esce?
Purtroppo, non ne siamo ancora fuori, ma dal punto di vista ospedaliero la situazione è innegabilmente migliorata, rispetto a quella notte tra giovedì 20 e venerdì 21 febbraio in cui diagnosticammo la pre- senza del virus nel tampone nasofaringeo di Mattia. Diagnosticando il virus in quel tampone, abbiamo sancito ufficialmente l’inizio della pandemia Covid 19 in Europa. Da quella notte, in poche ore, è stata un’escalation.

Quanti letti ha 'creato' il San Matteo per la terapia intensiva?
Fin da quel venerdì mattina abbiamo iniziato ad attrezzare 5 posti letto di terapia intensiva respiratoria per Covid, prima di tutto ristrutturando i percorsi per segregare i casi positivi e i malati. Siamo abituati a portarci avanti ma è stata un’intuizione fortunata perché sono subito arrivati da Codogno e da Cremona tre pazienti, uno dei quali era Mattia, il famoso paziente 1 di 38 anni. Grazie alla collaborazione degli ospedali classificati privati – Maugeri in testa – abbiamo dimesso dal 23 febbraio al 30 marzo ben 250 pazienti, mantenendo 330 posti letto non Covid e creando 330 posti Covid dall’11 febbraio al 21 marzo.

In questo bailamme, siete riusciti a continuare l’attività di ricerca che è propria di un Irccs?
Certamente sì. Grazie agli sforzi del professor Baldanti, che è il responsabile del Laboratorio di Virologia Molecolare del San Matteo.

Quindi, se abbiamo contenuto i danni lo si deve anche all’eccellenza dei ricercatori pavesi?
Non a caso, famosi nel mondo della ricerca. Infatti, la società DiaSorin si è rivolta al San Matteo per validare il suo test sugli anticorpi neutralizzanti che, ad oggi, è l’unico test registrato che consente di determinare la loro presenza nel sangue.

Come si è arrivati a validare questo test?
A fine marzo DiaSorin ci ha presentato un kit che avevano sviluppato nel loro centro di ricerca affinché lo validassimo sul campo in quanto il nostro Laboratorio aveva già ottenuto 20 isolati virali, stoccato centinaia di sieri negativi e positivi e disponeva di un saggio di neutralizzazione per verifi- care nel siero di pazienti Covid- 19 la presenza di anticorpi neutralizzanti. L’idea di come DiaSorin aveva sviluppato il test ci è sembrata vincente, perché individuava la presenza degli anticorpi che segnalano l’avvenuta infezione da parte del sistema immunitario ed era anche stato disegnato per selezionare il target, cioè cercare quell’anticorpo che neutralizza il virus impedendogli di penetrare nella cellula. Dia-Sorin ha creato l’esca per intercettare il virus e fermarlo e noi abbiamo validato il loro test su diverse tipologie di siero.

Funziona?
Ha una specificità e una sensibilità elevatissime. Funziona.

osa significa se faccio il test e risulto positivo?
Due cose. Che ha fatto il Covid 19 e che ha alta probabilità, seppur non la certezza, di essere immune.

Lo state utilizzando?
Stiamo seguendo il piano della Regione Lombardia che prevede di effettuarlo su alcune categorie di operatori, come i sanitari.

Quanti sanitari hanno contratto la malattia?
La sieroprevalenza al di fuori della Bergamasca si aggira intorno al 10%.

Si può pensare che questa sia la percentuale di infezione anche nella popolazione?
Si può ipotizzarlo, anche se bisogna fare dei distinguo tra le zone maggiormente colpite, le cosiddette zone rosse e quelle che sono state impattate fortunatamente in misura minore.

na situazione che rende ancor più importante la terapia con il plasma che state sperimentando al San Matteo: con quanto successo?
Il progetto di ricerca è terminato la scorsa settimana e ha coinvolto 48 pazienti ricoverati negli ospedali di Pavia e Mantova e sono attualmente in corso le analisi statistiche. Il professor Baldanti pubblicherà antro breve questi dati. I risultati preliminari sono incoraggianti e ci fanno sperare di avere un’arma in più contro questo virus.

Cosa succederebbe se il test sugli anticorpi neutralizzanti fosse effettuato su tutta la popolazione italiana?
Che potremmo avere migliaia di donatori di sangue in grado di rendere disponibili sacche di plasma contenenti anticorpi neutralizzanti da utilizzare come terapia per gli attuali e futuri malati di Covid 19. Al momento, in assenza di farmaci o vaccini, questa è una potente arma che abbiamo per sconfiggere questo maledetto virus.