Chiesa

Coronavirus. «Noi cappellani al fianco dei malati, fino all'ultimo»

Francesco Ognibene venerdì 20 marzo 2020

«I cappellani con i malati, voi a casa». È lo slogan col quale la Pastorale della salute della Cei ricorda in questi giorni una presenza discreta ma fondamentale nelle corsie degli ospedali italiani, nei reparti dove si lotta per salvare i contagiati dal coronavirus, fin dentro le terapie intensive, nascosta sotto gli stessi scafandri di medici e infermiere, per portare al letto dei malati – e dei morenti – l’ultima cura possibile, quella forse più necessaria. «Dove è possibile, alle condizioni strettissime doverosamente imposte dalle direzioni sanitarie, sono ormai numerosi i casi di cappellani ospedalieri che diventano l’ultima presenza umana accanto a chi muore, con la mano protetta dal guanto a tenere la mano del malato che lascia questa vita. I parenti sanno che il loro caro non muore solo, che le ulti- me parole sono state quelle di una preghiera».




Don Massimo Angelelli, a capo dell’Ufficio e della grande squadra di sacerdoti e religiosi che restano là dove si combatte la guerra sanitaria e umana al contagio, ha chiesto a tutti i cappellani di non mollare di un centimetro, nel rigoroso rispetto delle disposizioni dei centri clinici. La piena adesione alla campagna – riassunta in un logo con il volto del direttore a fare da testimonial – è diventata anche un video con le voci e le facce di alcuni cappellani che mandano un messaggio chiaro: potete contare anche su di noi. Alla riunione settimanale in videoconferenza (erano 150 nell’ultima) don Massimo ascolta le loro te- stimonianze, le idee, le “buone pratiche”, in sessioni di lavoro condiviso che creano un forte sostegno reciproco e fanno il paio con quelle – sempre a distanza – insieme ai direttori degli uffici diocesani (l’ultima mercoledì con 85 collegati). «Più che mai, la Chiesa è lì dove c’è bisogno, in mezzo alla fatica della gente – spiega il sacerdote, per anni a sua volta cappellano del Policlinico di Tor Vergata a Roma –. I preti negli ospedali fanno parte delle équipe di cura, e in situazioni di assoluta emergenza come questa suppliscono all’assenza obbligata dei parenti accanto al malato, colmando un vuoto umano reso inevitabile dall’isolamento. Spesso con il loro telefono creano un ponte con videochiamate per consentire una forma di comunicazione, anche solo visiva, interrotta dall’aggravarsi delle condizioni».

Ma non basta: i cappellani sono presenti anzitutto con la preghiera, con un segno di unità spirituale nato proprio dentro queste giornate in salita. «Ogni venerdì – racconta Angelelli – tra le 17 e le 18 in tutte le cappelle degli ospedali c’è un’ora di adorazione eucaristica, un gesto pensato per stare vicini alle necessità dei sanitari, mai tanto sotto pressione emotiva e interiore come adesso. È il modo in cui la Chiesa vuole aiutarli a tornare all’essenziale, con una presenza costante e discreta. Il nostro esserci fedele e disponibile ricorda che la dimensione della cura non è solo biologica».

I cappellani vedono medici e personale infermieristico «allo stremo» e si prodigano per fare la parte anche dei volontari che in questo periodo sono costretti a non frequentare i luoghi di cura per ridurre le occasioni di contagio. Ogni attività è stata riorganizzata per rispondere a esigenze precise: a cominciare dalla Messa, «che c’è sempre ma senza popolo, come ovunque.

Tutti, anch’io, celebriamo ogni giorno per chi ci è affidato e che si affida alla nostra preghiera. Quella che attraversiamo è una grande prova per la nostra vita di fede vissuta. Viene fuori se preghiamo davvero, se ci nutriamo ogni giorno della Parola di Dio per vivere, per esercitare il nostro ministero in un modo diverso, sempre al nostro posto». Come ovvio, l’Ufficio Cei ha rimandato gli appuntamenti nazionali di Acerra in aprile (sull’ambiente) e di Milano, quest’ultimo sostituito da un video– convegno il 13 maggio sulla pastorale della salute in tempi di emergenza sanitaria, rendendo intanto disponibili sul suo sito (Salute.chiesacattolica.it) sussidi per la preghiera.