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Coronavirus. Il ministro Manfredi: università regge, nessun giovane perderà tempo

Marco Iasevoli martedì 7 aprile 2020

Covid–19 è arrivato quando il neonato ministero dell’Università e della ricerca nemmeno aveva completato l’organizzazione degli uffici. Gaetano Manfredi, chiamato al governo mentre si apprestava a concludere l’incarico di rettore alla Federico II di Napoli, è salito sul treno in corsa e nemmeno immaginava che di lì a poche settimane avrebbe dovuto ordinare la chiusura degli atenei: «Ma la risposta del corpo docente e del personale tecnico e amministrativo è stata straordinaria, un grande esempio di attaccamento all’istituzione e alla missione educativa. Sarà un’arma strategica per la “fase due”. Nessuno studente ha perso il semestre, gli esami e le sessioni di laurea si sono svolte, da Nord a Sud sono stati allestiti programmi formativi on line di alto spessore. I Paesi europei che ci avevano criticato – spiega il ministro “tecnico” al termine del lungo Cdm di ieri – ora ci elogiano».

C’erano contrasti politici?

Abbiamo lavorato in modo positivo e costruttivo. Il provvedimento era molto complesso e articolato. Questo governo ha dimostrato con i fatti di saper rispondere meglio di altri Paesi a un’emergenza straordinaria e ha tutte le carte in regola per guidare la ripartenza.

Cosa c’è nel dl per l’università?

Nell’ambito del provvedimento sulla scuola siamo intervenuti con una grossa semplificazione dei tirocini pre–laurea e post– laurea, abilitanti agli esami di Stato, al fine di non far segnare nessuna battuta d’arresto nella carriera dei giovani professionisti. I tirocini saranno completati in modalità alternative e on line e sarà snellito l’intero iter burocratico.

Cosa occorre aspettarsi per università e ricerca nei prossimi provvedimenti economici?

Con il ministro Speranza stiamo lavorando per allargare il numero dei posti e delle borse di studio per la specializzazione. E proporremo un intervento per il sostegno del diritto allo studio, che potrebbe avere contraccolpi in questa congiuntura sociale ed economica.

Dato il momento di spesa straordinaria, è l’occasione giusta per sanare problemi strutturali come la precarietà nella ricerca?

Adesso stiamo lavorando sulle emergenze. Questo tema fa parte di una programmazione che avevamo iniziato, con le prime 1.600 stabilizzazioni. Dobbiamo continuare in questo percorso di concorsi.

Lei, nell’emergenza, ha abrogato l’esame di stato in ambito medico: si può estendere questa decisione?

La strada è quella delle lauree abilitanti, fortemente richiesta anche dal mondo delle professioni. Anche in questo caso è un discorso da riprendere in sede politica e programmatica.

Idem per il numero chiuso?

Oggi il numero chiuso è dettato dall’offerta didattica. Metteremo mano a un piano d’investimenti che, allargando l’offerta, consente di superare il numero chiuso senza perdere qualità. La strada politica è quella del massimo accesso all’università.

Cosa deve ripartire in via prioritaria per quanto riguarda le sue competenze?

Nei prossimi giorni lavoreremo a un piano complessivo, ma l’assoluta priorità va alla ricerca.

Tornando all’emergenza, ce n’è una evidente: i ragazzi concluderanno le superiori con deibuchiformativi. L’università cosa farà?

Con la Conferenza dei rettori, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio degli studenti proporremo un’importante e strutturata attività di orientamento on line, che ora è fondamentale per aiutare i giovani a non sbagliare facoltà e a valutare bene le proprie attitudini. Analogamente sarà potenziata l’intera attività di corsi preparatori. Dobbiamo far sentire accompagnati questi ragazzi.

Come affrontare la riduzione di mobilità da Sud a Nord? Cambiando il sistema di premialità?

L’attuale configurazione delle premialità è stato assorbito e diversi atenei del Centro–Sud hanno dimostrato di saper raccogliere la sfida. Tuttavia il tema della ridotta mobilità è concreto. Nel piano di ripartenza dovrà ci dovrà essere un programma di investimenti che tenga conto dell’offerta centromeridionale, perché questa riduzione di mobilità non diventi una riduzione di opportunità.

La crisi da Covid19 hainsegnatoche disinvestire in sanità non è stato un buon affare. Non occorre invertire la tendenza anche nell’università?

La logica della ripartenza poggia sul sostegno al sistema industriale e sul rilancio dei servizi pubblici, in cui una parte significativa sono istruzione, università e ricerca. Il governo ha chiaro questo orizzonte.