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Brindisi. Bracciante morto di fatica e di caldo. E il sindaco «ferma» i campi

Nicola Lavacca, Brindisi venerdì 25 giugno 2021

Si muore ancora di fatica, nei campi. Sotto il sole cocente. Questa volta a perdere la vita è stato Camara Fantamadi, un ragazzo di 27 anni originario del Mali, stroncato da un malore giovedì pomeriggio dopo aver zappato la terra per oltre quattro ore, in una giornata di afa irrespirabile, nelle campagne di Tuturano a pochi chilometri da Brindisi.

Si è sentito male al termine del suo turno di lavoro cominciato verso le 12, mentre la temperatura sfiorava i 40 gradi. Gli girava la testa e ha chiesto ad un altro migrante di versargli dell’acqua sul capo. Nonostante alcuni segnali di sofferenza, si è messo ugualmente in sella alla bici per rientrare nella casa di suo fratello che l’ospitava da alcuni giorni. Lungo la strada statale che collega Brindisi a Tuturano, il giovane ha perso i sensi e si è accasciato al suolo. Alcuni passanti hanno chiamato il 118, ma i soccorritori non hanno potuto far altro che constatarne il decesso.

Una tragedia, quella di Camara Fantamadi, che ha subito ricordato un dramma analogo, quello di Paola Clemente, la 49enne bracciante di San Giorgio Jonico che morì d’infarto la mattina del 13 luglio del 2015 nelle campagne di Andria mentre era dedita all’acinellatura dell’uva in condizioni proibitive.
Gli agenti della polizia locale, giunti sul posto, hanno avvertito il magistrato di turno presso la Procura di Brindisi, Giovanni Marino. Si sta ora cercando di ricostruire la dinamica della tragedia, per capire innanzitutto se il malore sia stato causato dalla fatica e dalla temperatura torrida. Il pm ha disposto la restituzione della salma ai familiari che è stata poi trasferita al cimitero di Tuturano. Della vicenda si sta interessando Drissa Kone, il capo della comunità africana a Brindisi che ha avuto parole di solidarietà per Camara Fantamadi arrivato da poco in Puglia e intento a lavorare la terra per 6 euro all’ora.

Era arrivato da poco in Puglia, lavorava la terra per 6 euro all’ora. I sindacati: la vita di questi ragazzi sembra valere meno del raccolto e del profitto. È una barbarie che deve finire

Le morti in agricoltura sono purtroppo un’amara realtà, specie durante la torrida estate pugliese quando donne e migranti sono dediti alla raccolta di pomodori, angurie e uva spesso in condizioni estreme, con orari impossibili e durante giornate di caldo insopportabile. Proprio lunedì scorso, il sindaco di Nardò, Pippi Melone aveva emanato un’ordinanza a tutela dei braccianti per vietare il lavoro nei campi sull’intero territorio comunale dalle 12.30 alle 16, tenuto conto del rischio di esposizione alle temperature elevate.

Dopo la morte del 27enne bracciante maliano, anche il sindaco di Brindisi, Riccardo Rossi, ha vietato il lavoro agricolo durante le ore più calde. Ma questo è solo un primo passo sul fronte della prevenzione.
Lo sfruttamento di braccia umane si annida ancora nei campi e in alcuni casi il caporalato miete altre vittime. «Speravamo di non dover commentare più eventi così tragici, dopo la terribile estate in cui perse la vita Paola Clemente e assieme a lei altri operai agricoli, stroncati da un malore dopo essere esposti per ore al caldo torrido – hanno dichiarato in una nota Pino Gesmundo e Antonio Gagliardi, segretari generali della Cgil Puglia e della Flai Cgil Puglia –. La vita dei lavoratori e delle lavoratrici sembra valere meno del raccolto e del profitto. È una barbarie che deve finire».

Si avverte la necessità di intensificare i controlli e di garantire condizioni più dignitose. Il segretario Gesmundo ne è consapevole: «Cordoglio e dolore per Camara Fantamadi, uno dei tanti operai che arrivano stagionalmente in questo territorio per contribuire alle grandi raccolte che fanno ricca e importante la nostra agricoltura, ricevendo in cambio spesso sottosalario e diritti violati. Per questo chiediamo che vengano incrementati i controlli nelle campagne oltre ad azioni di contrasto soprattutto in questo periodo al caporalato».

Per Erasmo Palazzotto, deputato di LeU, si tratta di «una morte inaccettabile per un Paese civilizzato come amiamo definirci. Occorre più vigilanza e una lotta allo sfruttamento senza quartiere, uno dei grandi mali del nostro tempo».