domenica 16 dicembre 2018
Incontro col grande regista polacco a cinquant’anni del suo film “La struttura del cristallo”: «C’è un detto che dice: “Dio ride se i vecchi progettano” Spero di poter realizzare una mini serie in tv»
Zanussi: «Il mio amore per la vita e per il cinema»
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L’eleganza e la caparbietà hanno scolpito l’uomo Krzysztof Zanussi. Nel suo portamento e nei suoi film, quasi trenta per il cinema e la televisione polacca e mondiale, Zanussi ha cercato di unire quella sostanza composta di vita, di esperienze e speranze, alla forma del cinema «l’unica con la quale ho cercato di esprimere, nel migliore modo possibile, il mio mondo», racconta il regista polacco di passaggio a Roma per presentare proprio La struttura del cristallo, il film del suo esordio (girato 50 anni fa) riproiettato nell’ambito di CiakPolska, la tradizionale rassegna che si svolge a Roma, Zanussi si racconta: «Vivo ancora senza uno smartphone. Uso uno strumento vecchio (un Nokia analogico senza graffi), un po’ desueto, senza nessun collegamento a Internet e nessuno mi chiama».

La connessione rappresenta un’altra modalità di fruizione per lo spettatore. Ci sono nuove piattaforme on line come Netflix e Amazon, che producono e distribuiscono cinema.

La connessione è necessaria, soprattutto per i nuovi finanziatori che si sono affacciati nell’ambito del mercato cinematografico. La società contemporanea è improntata al progresso; siamo perciò abituati che tutto sia migliore. Eppure questo cambio di visione, dal grande al piccolo schermo per il cinema, è un grande passo indietro. È difficile ammettere, soprattutto per chi è votato al culto del progresso, che alcune cose sono peggiorate e che in alcuni ambiti la società sta regredendo.

Ci sono temi che ha continuato a sviluppare, a partire da La struttura del cristallo. Penso al male che si insinua nel cuore dell’uomo.

Avviene come in letteratura: gli scrittori si interrogano sempre sui grandi temi a loro cari. Se penso a Thomas Mann, anche lui si pone la stessa domanda in tutti i suoi romanzi. Viviamo nel secolo della grande accelerazione: gli artisti hanno un compito, quello di focalizzarsi sulle cose che rimangono.

Anche l’amore con tutte le sue varianti, come il sospetto e la redenzione, è stato un tema affrontato in ogni suo lavoro. Non è facile costruire il tema dell’amore.

Durante le lezioni di cinema chiedo ai ragazzi di parlarmi delle relazioni. Loro spesso mi rispondono che è come guardarsi negli occhi, e rispondo loro che è solo l’incipit di una relazione. Dimenticano facilmente quella consapevolezza che porta alla comprensione profonda dell’altra persona.

Oggi è ancora possibile l’amore vero?

Credo che lo sia quando nella relazione si pensa anche a ciò che è bene per l’altro.

Ci sono territori che vorrebbe ancora esplorare narrativamente parlando?

A giugno compirò 80 anni. C’è un detto che afferma: “Dio ride se i vecchi progettano”. Ho molti soggetti e spero di poter realizzare una mini serie televisiva. Potrei girarla con Netflix, ma sto trattando con la nostra tv pubblica che ha manifestato interesse e che rappresenta un polo culturale necessario nel nostro paese.

C’è qualcosa che non ha mai inserito nel suo film?

Non credo. Ho girato tanti film e alcune situazioni si sono poi realizzati nella mia vita. Come, ad esempio, il tema della mancanza di attenzione per l’altro. Sono convinto che l’amore si esprima attraverso i dettagli. Ad esempio viaggio molto per lavoro. E a volte la distanza e l’assenza non sono buoni alleati per la vita della coppia. Allora ho conservato questa abitudine nel tempo: compro due esemplari dello stesso libro, così mia moglie e io leggiamo insieme e discutiamo al telefono. Anche se siamo lontani ci sentiamo molto vicini.

Le colonne sonore sono un’altra chiave ben riuscita nella sua filmografia.

Non ho mai tradito il mio compositore Wojciech Kilar. Ho realizzato film solo con lui. Mentre Wojciech mi tradiva regolarmente con registi come Francis Ford Coppola per il quale ha realizzato Dracula, oppure con Jane Campion per Ritratto di signora. Varie volte con Andrej Wajda, il mio collega polacco. Gli facevo delle scenate sulle belle musiche che componeva per i miei colleghi. Una volta mi ha risposto: “Se tu facessi film così belli potrei comporre per te musiche altrettanto belle”. Se questa amicizia è sopravvissuta nel tempo questo significa che era vera.

Che legami ha con l’Italia, lei che eredita il sangue italiano dai suoi trisavoli?

Mi sento italiano e per questo dico che senza l’Italia l’Europa unita non esisterebbe. Ho tanti amici e penso, tra gli altri, a Remo Girone che fa sempre un cameo nei miei lungometraggi.

Insegna cinema ai futuri cineasti. Come è cambiata nei decenni la gioventù in Polonia?

Nel corso degli anni i giovani si sono battuti per quell’emancipazione che credevano necessaria. Penso a tutto ciò che riguarda la corporeità e alla “libertà” richiesta e e voluta in questo campo. Allo stesso tempo il pontificato di Francesco è e sarà un aiuto per focalizzare un punto necessario: l’amore per il prossimo, che tocca ciascuno di noi ogni giorno, è un punto di partenza per la costruzione di una società migliore. Tutto il resto è solo una conseguenza. E senza amore non si arriverà mai alla verità. ©

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