venerdì 19 novembre 2010
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Ottenere cellule staminali pluripotenti, capaci cioè di differenziarsi in qualsiasi altra cellula umana a scopo terapeutico, senza distruggere gli embrioni, è la via individuata dal giapponese Shinya Yamanaka, che oggi al Quirinale dal presidente della Repubblica riceve il premio Balzan per la biologia. Le cellule staminali pluripotenti indotte (iPs) sono ottenute da cellule adulte, riprogrammate con quattro geni. In questo modo tornano ad essere pluripotenti, ossia capaci di svilupparsi in più direzioni. Quindi è possibile far ripartire il loro sviluppo, guidandole a diventare cellule di pelle, cervello, fegato o cuore. Sono in corso sperimentazioni sulle scimmie per riparare il midollo spinale, dopo i successi ottenuti sui topi l’estate scorsa. «Prima devono essere terminati i test preliminari sugli animali e poi inizieranno quelli sugli uomini», precisa comunque il ricercatore giapponese. La via principale delineata da Yamanaka nella conferenza tenuta ieri al Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), è quella di ottenere le iPs direttamente dal paziente per differenziarle e poi trapiantarle negli organi malati, ma i tempi e i costi possono essere eccessivi, allora la linea indicata dal ricercatore è quella della creazione di banche di cellule. In ogni modo al trapianto delle cellule riprogrammate vi è al momento la possibile controindicazione del rischio di produrre il cancro. Nel caso della sclerosi laterale amiotrofica, lo studioso menziona poi il pericolo che le cellule sane trapiantate si ammalino. Ecco quindi che acquista un peso preponderante per i prossimi cinque anni la strada farmacologica, cioè scoprire proprio mediante le iPs il modello di sviluppo delle malattie e avviare dei test per individuare dei medicinali efficaci. Professor Yamanaka, quali sono i valori alla base della sua ricerca?«Sono stato un medico, un chirurgo, sono ancora orgoglioso di esserlo, anche se ora non ho contatto diretto con i pazienti. La mia vera speranza nella ricerca sulle cellule iPs è che si riesca ad aiutare i pazienti nel futuro».Lei ha paragonato le banca delle cellule iPs a quella del sangue. In che senso?«Come si deve ricercare la compatibilità con i vari gruppi sanguigni, allo stesso modo per le cellule staminali pluripotenti indotte si deve fare una ricerca sulla compatibilità. Ma se i gruppi sanguigni sono pochi, i caratteri che definiscono l’identità di una cellula sono invece migliaia. Così abbiamo identificato i tipi più comuni per restringere il numero». Cosa pensa dell’uso delle staminali embrionali?«È utile come punto di riferimento per delle comparazioni, ma spero che in futuro non si debbano più utilizzare. In ogni modo per gli scopi attuali della ricerca considero sufficienti le linee di staminali embrionali già presenti. Non è necessario crearne delle altre, ma non si può prevedere il futuro». Come considerare le ricerche che puntano alla clonazione e alla creazione di cellule ibride? «La mia ricerca è centrata sulle cellule iPs». Un confronto tra la ricerca centrata sulle iPs e la linea terapeutica basata sulle staminali adulte?«Il vantaggio delle cellule pluripotenti indotte è che hanno un tasso di riproduzione molto alto, quindi facilmente e velocemente se ne ottengono un grande numero. Essendo pluripotenti possono essere trasformate a secondo di quello che è necessario nei vari tipi di cellule che possono essere utilizzate per i vari usi terapeutici: cardiache e neurologiche, ad esempio. Le cellule staminali adulte d’altra parte hanno il vantaggio di non creare rischi di tumore che sono presenti per le iPs. Con l’uso delle cellule staminali adulte, le cellule somatiche, invece la difficoltà è di non riuscire a creare cellule a sufficienza per l’uso terapeutico, ma non c’è il rischio del tumore. Quindi io ritengo che ambedue le linee di ricerca vadano perseguite». Quali sono i tempi e le modalità di applicazione della tecnica delle iPs?«Le applicazioni sono molte, ma questa tecnologia è ancora agli inizi, dobbiamo lavorare duramente. L’applicazione più importante è quella farmacologica perché permetterà di conoscere meglio il meccanismo che genera le malattie e la scoperta di medicine efficaci. In questo campo entro cinque anni si dovrebbero ottenere, spero, ad ottimi risultati». E l’applicazione diretta attraverso il trapianto?«I campi dove vedo i più probabili progressi nei prossimi dieci anni sono quelli delle malattie della retina e delle sindromi che colpiscono la spina dorsale».
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