lunedì 28 gennaio 2013
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Nella geopolitica del web e nella corsa alle «armi di comunicazioni di massa» non c’è solo la competizione tra Paesi per la conquista  delle porte telematiche dell’Africa e dell’Asia verso l’Europa e gli Stati Uniti. Esiste un conflitto che si consuma ogni giorno a colpi di clic. È la «guerra dei browser». Pur non rientrando nella casistica delle più recenti teorie militari, sia cinesi che statunitensi, orientate a considerare Internet un campo di battaglia come tanti altri, quella dei browser è una partita che, quasi come al Risiko, si gioca a livello globale. Non a caso blogger, internauti, esperti di comunicazione e di cultura digitale parlano di «Seconda guerra dei browser». Il termine è stato condiviso anche su Wikipedia, l’enciclopedia on line, icona della partecipazione collaborativa. Basta andare alla voce http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_dei_browser per comprendere come, quando e perché si è "combattuta" la Prima guerra (lo scoppio del conflitto può essere fatto risalire al 1995 quando Netscape, da monopolista, si trovò davanti un concorrente molto agguerrito: Internet Explorer della Microsoft) e qual è stato il casus belli che ha fatto scatenare la Seconda guerra, scoppiata tra il 2004 e il 2005 con l’avvento di nuovi browser. In sintesi per «guerra dei browser» si intende il duro scontro commerciale e d’immagine tra i vari produttori a livello mondiale che tentano di imporsi sul mercato dei browser, cioè lo strumento attraverso il quale ogni persona-utente, una volta collegata alla Rete, ha la possibilità di svolgere una serie di attività che vanno dalla semplice consultazione di pagine web fino agli acquisti online, alla fruizione di audio e video o all’accesso ai principali social network. Tra i browser più utilizzati in questo periodo storico ci sono Google Chrome, Firefox, Internet Explorer e Opera per i sistemi operativi Windows, mentre Safari domina sui sistemi Linux/Unix. Quello dei browser è un mercato che punta molto sulla scelta e sui gusti dei navigatori digitali. Nei luoghi di lavoro, al bar e al supermercato capita spesso di ascoltare cittadini-utenti che si confrontano sulle migliori prestazioni di un browser rispetto ad un altro. C’è lo zoccolo duro di chi preferisce Firefox rispetto a chi ha scoperto le rinnovate potenzialità di Google Chrome; ci sono poi i fedelissimi di Internet Explorer, ma anche gli elitari di Opera. Sulla scia dell’utilizzo dei browser si può disegnare una vera e propria mappa geografica per ogni continente e per ciascun Paese sulla base dei browser utilizzati dalle aziende, dalle imprese, dagli enti pubblici e dai singoli cittadini. Tutto questo al di là dei confini fisici e politici di uno Stato. Basta scorrere i dati di StatCounter oppure di Net Application, i due servizi più consultati al mondo di statistiche sulla Rete, per comprendere come il terreno della sfida è fluido. Tutti i produttori vogliono imporsi per "piazzare" la bandierina di «miglior browser», complice anche il rapido sviluppo del web, passato dalla fase 1.0 a quella 2.0 avvalorato dalla diffusione dei social network, dall’adozione di nuove tecnologie come l’Html5 e dalla possibilità di poter navigare su Internet in mobilità. Secondo i dati di dicembre 2012 rilevati da StatCounter Global Stats i primi cinque «top browser» a livello mondiale sono Google Chrome con il 36,42%, segueito da Internet Explorer con il 30,78% e Firefox con il 21,89%. A ruota Safari con il 7,92% ed Opera con l’1,26%. In Cina e Stati Uniti il browser più utilizzato è Internet Explorer, rispettivamente con il 69,2% e il 40,45%, mentre Chrome è il più utilizzato dagli utenti della Federazione Russa e da quelli latinoamericani. L’unica mosca bianca in tutto il mondo resta la Bielorussia che con il 33,08% fa salire di quota Opera, un browser che di fatto viene utilizzato molto poco. Al riguardo, sul quotidiano americano Atlantic, Tim Fernholz, ripreso anche dall’aggregatore italiano ilpost.it, ha definito quello di Opera un piccolo mistero tecnologico. Tra i motivi della diffusione di Opera in Bielorussia ci sarebbero la politica e l’economia. La Bielorussia, infatti, è l’ultima dittatura presente all’interno dell’Unione Europea ed è uno Stato che ha un’economia simile a quella comunista. In questo Paese sembra che l’accesso ad internet sia garantito da una compagnia di comunicazioni di proprietà statale che offrirebbe un servizio molto scadente e insieme molto costoso. In Italia, invece, sempre secondo StatCounter Global Stats, il 39,77% dei navigatori usa Google Chrome mentre il 27,69% naviga su Internet Explorer. Al terzo posto ci sono gli utenti di Firefox con il 22,04%. In coda Safari con l’8,39%. Sul fronte dei supporti mobile la guerra si combatte  sul campo dei sistemi operativi, in particolare tra iOS di Apple e (Google) Android. Ambedue le piattaforme hanno il loro browser predefinito. Google da parte sua sta invogliando all’uso di Chrome anche sui dispositivi mobili e non è escluso che nelle versioni future di Android questo possa diventare il navigatore di default.
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