giovedì 3 febbraio 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
È impossibile fare astrazione dei malintesi che circondano l’opera di Warhol: occorre soprattutto non perderli mai di vista. Ma per esaminarla con un nuovo sguardo, è necessario attraversare lo schermo mediatico che la confonde nei suoi fumi, e superare le letture a volte frettolose, benevole od ostili degli anni Sessanta e Settanta, che si focalizzavano su un artista in fase col suo tempo. Durante la funzione religiosa che si tenne il 1° aprile 1987 nella cattedrale di Saint Patrick di New York in memoria dell’artista morto il 22 febbraio, John Richardson pronunciò il suo elogio funebre: «La conoscenza della sua pietà segreta cambia inevitabilmente la nostra percezione di un artista che ha ingannato il mondo facendo credere che le sue uniche ossessioni fossero i soldi, la celebrità, il glamour, e che era così flemmatico da sembrare insensibile. Non prendete mai Andy alla lettera». Lo stretto rapporto di Warhol con la religione era già stato notato negli anni Sessanta, ma la sorpresa rimaneva totale. Ben documentato nella sua infanzia ed evidente negli ultimi anni, quest’aspetto per lo più rimane appena menzionato, come se fosse in contraddizione con la sua esistenza. Oppure, viene semplicemente discusso sull’iconografia. La dimensione aneddotica nella quale è confinato impedisce di conoscerne la profonda incidenza che ebbe sulla sua poetica e sulla sua opera. E i pregiudizi ideologici di un secolo laico, segnato dal ritorno al fanatismo religioso, vedono come anacronistico porre una tale questione, ovvero in contrasto col razionalismo moderno e gli imperativi dell’autonomia dell’arte. Lo storicismo pretende un’assoluta neutralità analitica. La cultura religiosa di Warhol gli ha consentito di porre una distanza rispetto al mondo profano, di creare uno spazio dell’intuizione, e gli ha fornito il modello poetico del distacco. In un mondo consumista dominato dall’economia puritana del segno, quella cultura gli ha dato i mezzi di fareper far prevalere lo spirito contro la lettera. Il suo cattolicismo, così essenziale, così particolare, che avrebbe potuto condurlo all’isolamento sulla scena artistica new-yorchese, lo ha spinto a moltiplicare le sue mimetizzazioni e a usare l’astuzia come un metodo. Finché la preoccupazione della morte e l’aspirazione ad un altro orizzonte lo porta a rinunciarci. A questo punto, ciò che rimaneva sigillato nei suoi ritratti di Marilyn Monroe doveva infine manifestarsi alla luce del giorno. La serie che, verso la fine della vita, elabora a partire dall’Ultima Cena di Leonardo, s’impone per l’ampiezza delle variazioni e il carattere delle forme, a volte monumentale, a volte intimista. Numerosi aspetti rimangono ancora da scoprire, ma le opere che conosciamo permettono di valutare la dimensione di questo progetto. Con un senso teologico che non ha niente di astratto, egli riutilizza il capolavoro di Leonardo così come gli è pervenuto nella povertà essenziale delle riproduzioni popolari. Quest’ultima cena che instaura l’eucarestia si svolge in un mondo già visto e ricordato, rivisto e sognato. La vicinanza a un’opera (quella di Leonardo) che il tempo ha molto danneggiato, si fa, si disfa e si ricrea dallo sguardo (quello di Warhol), consapevole di ciò che appare attraverso il déjà-vu. Tutta la sua laboriosa opera degli anni Sessanta consiste nell’attraversamento di tutto ciò che pensavano di sapere e di aver già visto. Invece, non abbiamo visto niente. La ripetizione del volto di Cristo centododici volte sulla stessa tela non è la reiterazione della stessa esperienza, ma la sua estensione, la sua proliferazione, il suo dispendio e il suo sbocciare in un mondo ben lungi dall’essere giunto al termine. Tutto accade in realtà come se quest’ultima opera costituisse l’esegesi del suo lavoro precedente. Come la sua produzione degli anni Ottanta è stata troppo sottovalutata o disprezzata,  vista come l’opera di una superstar in declino, così anche la dimensione religiosa di Warhol è stata poco studiata e approfondita. Ventiquattro anni dopo la sua morte, riflettere su questo può far capire la coerenza del progetto di Warhol e le sue strategie di dissimulazione e di rivelazione.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: