venerdì 29 aprile 2016
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Nel 1976 Gregor von Rezzori pubblicava un romanzo di quasi 800 pagine, La morte di mio fratello Abele, in cui raccontava la storia europea dalla fine della Prima guerra mondiale fino agli anni Sessanta, attraverso la figura dell’io narrante, uno sceneggiatore che vuole comporre l’opera letteraria della sua vita, attraverso i molti e variegati testi, appunti e documenti, ai quali intende dare un’unità. È senz’altro uno dei libri più importanti di Von Rezzori, che il premio Nobel Elie Wiesel ha definito uno dei grandi romanzi del XX secolo, riproposto due anni fa da Bompiani, in una nuova edizione a cura di Andrea Landolfi, che ora cura con altrettanta perizia l’ultimo libro di Von Rezzori, inedito fino ad oggi in Italia, pubblicato postumo nel 2001, al quale lo scrittore aveva lavorato per quindici anni, definendolo un’autobiografia del suo lavoro di scrittore. Come già nella Morte di mio fratello Abele Von Rezzori racconta di sé per interposta persona, attraverso personaggi che ripercorrono le sue esperienze. I due libri sono legati e Caino riprende alcuni personaggi di cui Von Rezzori aveva già raccontato le vicende nel primo romanzo, anche se questa non appare tanto come una continuazione o u- na seconda parte del precedente, ma si presenta nella forma di una “variazione”. La struttura è ancor più frammentaria, nell’entrare in una profondità di discussione, alternata a sequenze di racconto, con innumerevoli altezze di prosa poetica, soprattutto quando parla della notte. La rievoca, in istanti che si susseguono nel tempo, attraverso cambiamenti, lampi di bellezza, crolli emotivi, quando le notti berlinesi iniziano a rinnegarlo, smettono di appartenere solamente a lui, mentre le bombe cadono e s’improvvisano i bagliori di un incendio, tanto che le notti perdute e private dalla possibilità di perdersi nella loro immensità, diventano una sorta di emblema del carattere misterioso del romanzo. Un libro di variazioni, dunque, a partire dalla presenza, come incipit, di un soggetto cinematografico perduto o mai consegnato, in una ironica e ambivalente discussione su chi ne detenga il possesso: chi l’ha scritto o chi l’ha comprato? Ritorna il tema del cinema come mestiere, possibilità assai felice per introdurre a un racconto sempre sul punto di spezzarsi, per poi riprendere attraverso altre voci e altre questioni, una delle quali, sostanziale, è quella della natura della scrittura e del valore della letteratura. Troviamo tra le molte considerazioni: «La storia è la madre della morale, e raccontare storie è un esercizio di pratica morale. E dunque noi a furia di praticare la morale finiremo sulla croce. Tutti noialtri che prendiamo sul serio le storie che raccontiamo». Va segnalato anche il riferimento, sempre presente in Von Rezzori, a Goethe, attraverso i pensieri di zio Ferdinando, il vecchio aristocratico che Andrea Landolfi definisce come «il distratto protettore dell’infanzia del protagonista ». Un romanzo tutto da scoprire, nel quale, secondo Claudio Magris, Von Rezzori «porta al culmine il gioco di specchi fra l’io e gli altri», chiedendosi se si tratti di «romanzo come costruzione o decostruzione», sapendo che è «difficile dire quale tra le due sia la forma più alta». © RIPRODUZIONE RISERVATA Gregor von Rezzori CAINO L’ultimo manoscritto Bompiani Pagine 214. Euro 13,00 Finalmente tradotto in Italia “Caino”, travolgente variazione su personaggi e situazioni del capolavoro “La morte di mio fratello Abele”
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