giovedì 12 marzo 2009
Come sono cambiati frati e suore nel Belpaese? È in crescita decisa la scelta della clausura. Ma il grande frastuono prodotto dal mondo contemporaneo spinge anche molti non credenti a trovare «rifugio» per un po’ in convento
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Il volto più ' nuovo' dei religio­si oggi in Italia è dietro la gra­ta. O comunque in una vita consacrata che privilegia il silen­zio della preghiera al movimento dell’azione. Come se l’attrazione per l’intimità solitaria con l’Altis­simo – presente, in forma diver­sa, fin dagli albori del cristianesi­mo, vedi i Padri del deserto – sia ritornata d’attualità nell’era del­la globalizzazione. «Le claustrali sono un esercito, 7.650, sparse da nord a sud, in aumento, mentre altre congregazioni si trovano a fare i conti con il calo numerico». La fotografia arriva da un viaggio lungo lo Stivale alla ricerca di «co­me sono cambiati frati e suore in Italia » , il sottotitolo di Per sem­pre?, saggio- inchiesta scritto da Fabrizio Mastrofini, giornalista di ' Radio Vaticana' e collaboratore di ' Avvenire', in uscita oggi per le Edizioni Can­tagalli ( pp. 120, euro 13,50). Dalla ricerca si evince che le suore oggi in I­talia sono circa 90 mila, i reli­giosi 24.422. Curiosità: que­sti ultimi sono più impegnati in ambito cul­turale che non in opere di as­sistenza: frati, fratelli e consa­crati gestisco­no 236 istituti scolastici con 73 mila studen­ti, 95 centri di formazione professionale con 24 mila a­lunni, 116 cen­tri culturali, 70 librerie, 77 case editrici, 30 emit­tenti radio televisive e 332 riviste. Meditazione, silenzio, preghiera: che siano questi gli ingredienti che rendono attraenti anche per le ragazze d’oggi un’esistenza clausura? « Il fenomeno clausura è difficilmente calcolabile: alcuni monasteri, come le Trappiste di Vitorchiano, sono molto cresciu­ti, altri sono morti. La verità è che le giovani vanno là dove avverto­no che possono vivere un’auten­tica vocazione»: Mastrofini rac­coglie questa certezza da suor Vi­viana Ballarin, presidente dell’U­smi, Unione superiore maggiori italiane, che coordina le 627 con- gregazioni femminili. Quale linfa alimenta oggi l’esperienza clau­strale? Prova a rispondere Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose: « A differenza delle religiose di vita diaconale e apostolica, non c’è per le monache di clausura u­na diminuzione degli effettivi, an­zi, per le clarisse e le carmelitane – soggette a una clausura più stretta, detta ' papale' – vi è an­che in Italia una crescita. Ciò in­dica che c’è ancora nella chiesa chi vuol vivere il primato di Dio nel nascondimento, nel deserto del chiostro » . Inoltre sembra, che il frastuono della contemporaneità spinga sempre più uomini e donne, an­che non credenti, a trovare « ifu­gio» per qualche tempo – annota Mastrofini – nello spazio di un convento: « Esistono esperienze riuscite, innovative, risposte crea­tive ai nuovi bisogni che emergo­no dal tessuto e dalle pieghe del­la società. E ba­sate non su un generico impe­gno sociale e assistenziale quanto piutto­sto su una profonda reli­giosità alimen­tata da una co­stante ricerca spirituale. Da nord a sud, ab­biamo grandi conventi oggi forse un poco anacronistici, tuttavia capaci di riempirsi in estate e in in­verno per acco­gliere persone di tutte le età in cerca di silen­zio e ristoro spirituale». Gli esempi? « Ca­maldoli in Toscana è uno di que­sti luoghi, dove occorre prenotar­si con molti mesi di anticipo per trascorrere il periodo di Natale; Valledacqua nelle Marche è u­gualmente richiesto, soprattutto nel periodo di Pasqua. La comu­nità monastica di Bose, in Pie­monte, è una calamita che atti­ra » . Mastrofini radiografa una situa­zione, quella della vita religiosa in Italia, ancora molto presente nel Belpaese, un po’ in crisi per nu­mero e significato, o meglio, «in transizione», come certifica Gian­carlo Rocca, paolino, il maggiore conoscitore dei consacrati in Italia. C’è un’altra dimensione – i­nedita – che si affaccia in Italia, foriera di ricchezze inaspettate ma anche di difficoltà oggettive: Mastrofini la definisce con l’e­spressione « suore e frati tran­sculturali », ovvero la sempre mag­giore presenza di religiosi che la­vorano in Italia e provengono da altri continenti. «Il fenomeno del­la globalizzazione ha influito an­che sulla vita religiosa e non sem­pre positivamente » annota fra’ Carlos A. Azpiroz Costa, maestro generale dei domenicani. « Sono innegabili le difficoltà prodotte da quella che con un linguaggio un po’ crudo è stata definita ' la trat­ta delle vocazioni' » . Costa non vede con favore tale fenomeno: « Se si allarga lo sguardo sul mon­do, questa emigrazione verso il ricco Occidente può veramente apparire come una specie di raz­zia che impoverisce le nuove chie­se locali » . Gli fa eco suor Victoria Gonzalez de Castejon, segretaria generale dell’Unione Internazio­nale delle Superiore Generali ( Ui­sg), che sovrintende 1900 istituti femminili: «Non dobbiamo avere paura di cali numerici, piuttosto guardare all’aspetto universale della Chiesa».
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