venerdì 28 aprile 2017
Riunisce persone di diverse fedi. Parla l'ideatore padre Markovic
L'armonia di voci che costruisce la pace
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“Pontanima”: una parola che ci suona familiare anche se in italiano non esiste. È il nome con cui si presenta un coro straordinario, nato dalle macerie della guerra dei Balcani del 1991-95, e che vuole costruire, per l’appunto, un “ponte” fra le “anime”. Il sanguinoso conflitto che insanguinò l’altra sponda dell’Adriatico aveva profonde radici nazionalistiche, religiose e confessionali: i serbi ortodossi contro i croati cattolici e i bosniaci musulmani, detto semplicisticamente, ma con infinite sfumature di una complessità assai difficile da cogliere e da comprendere. Ancor più difficile cercare di guarirla, perché la pace è assai più che l’assenza di guerra: e anche se le armi, fortunatamente, tacciono, la riconciliazione è un cammino lunghissimo e arduo. A tale cammino contribuisce Pontanima, creato subito dopo la fine della guerra (1996) nella città-martire di Sarajevo, grazie alla visione di un padre francescano bosniaco, Ivo Markovic.

Pontanima riunisce cantori provenienti dalle tre religioni monoteiste e dalle due principali confessioni cristiane presenti in Bosnia, ma anche persone atee o agnostiche. La sfida coraggiosa del coro è quella di offrire programmi musicali che costituiscano una “sinfonia delle religioni”, in cui la fede e la spiritualità delle religioni abramitiche trovino una comunione udibile nel canto. Il coro si appropria e restituisce i canti spirituali ebrei, musulmani e cristiani, di tradizione ortodossa e cattolica, presentandoli anche in contesti sociali nei quali il solo udire gli accenti e le intonazioni del “nemico” suona come un’imperdonabile provocazione. La bellezza dei canti religiosi, tuttavia, è tale che gli ascoltatori ne sono conquistati, quasi loro malgrado, e si trovano a vivere esperienze di catarsi e “conversione”, pacificazione e riconciliazione, favorite dalla musica e dalla spiritualità. Padre Ivo racconta numerosi episodi in cui le perplessità degli organizzatori o di alcuni ascoltatori erano fortissime, le critiche e i pregiudizi aspri e violenti. Anche nei contesti più difficili, tuttavia, il coro Pontanima resta fedele alla propria missione, credendo che l’armonia simboleggiata dalla musica corale possa tradursi in armonia delle anime. Padre Markovic spiega questo “miracolo” con grande chiarezza e con ampi riferimenti alla teologia e alla filosofia: «L’arte porta le persone al di fuori della vita quotidiana, e le persone si arrendono, nella pienezza della loro forza vitale, alla musica, alla visualizzazione, alla preghiera, al gioco. Durante l’evento artistico, si rivivono esperienze dimenticate, e nasce un’immaginazione che dura anche oltre l’evento stesso: essa ha una potente influenza sulla vita personale e sociale. I pregiudizi, le ideologie, l’odio e le paure perdono la loro forza negativa nell’evento artistico.

Il teatro smaschera le menzogne umane, e le persone si sentono invitate a cambiare la propria vita, così come i credenti, durante la preghiera e la meditazione, portano verità nella propria vita e si sentono invitati alla conversione. Questo è il metodo della Sinfonia delle Religioni di Pontanima: l’obiettivo è colpire e sorprendere gli ascoltatori, aprirli a nuove prospettive, convertirli da un passato difficile a un futuro migliore, di speranza». La combinazione di musica, pace e dialogo interreligioso è particolarmente affascinante, e porta a chiedersi se l’approccio dei cantori nei confronti di una tradizione religiosa diversa dalla propria sia prima di tutto “culturale” o religioso: in altri termini, quando un cantore cattolico canta un brano religioso musulmano od ortodosso, sta pregando o sta 'solo' facendo musica?

«Ritengo che i più alti risultati della musica religiosa, come la musica corale cristiana, le messe, gli oratori, le liturgie, gli illahi musulmani, i salmi ebraici… siano anche la musica spirituale più profonda», spiega padre Ivo. «Spirituale per me è ciò che porta gli esseri umani dalla logica della sopravvivenza a quella della fiducia e dell’amore, che hanno la più profonda influenza su di loro. Personalmente, quando canto o ascolto canti cristiani, ebraici o islamici, io prego, e penso che altri credenti facciano lo stesso. È interessante notare che i membri agnostici e atei di Pontanima cantano più volentieri i canti religiosi che quelli tradizionali di altre culture. La preghiera è la spiritualità più alta, sul crinale fra l’immanente e il trascendente. Pontanima canta la sua Sinfonia delle Religioni, ma è anche una sinfonia di culture come eco della spiritualità religiosa. Le culture nascono dal culto, e ciò si vede in modo esemplare nella musica di Pontanima». Questa prospettiva porta anche i credenti in Cristo a ripensare il proprio ruolo di testimoni del Vangelo in contesti difficili: le culture nascono dal culto, ma questo non può prescindere dall’inculturazione. «La missione cristiana – spiega padre Markovic – deve essere radicata nella Bibbia e nella fede nella Grazia divina: è Dio a convertire le persone, e noi missionari dobbiamo solo essere una benedizione per le persone e per il mondo».

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