martedì 4 maggio 2021
Al Museo Archeologico una grande esposizione mette a fuoco la figura di questi lottatori che morivano per divertire il pubblico. Si distinguevano in base all’arma e alla tenuta: oltre 150 reperti
L’allestimento della mostra nelle sale del Mann

L’allestimento della mostra nelle sale del Mann - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Ci sono mostre di archeologia per specialisti e mostre a più esteso richiamo, ma poche entrano nell’immaginario collettivo con la forza di Gladiatori, inaugurata il 31 marzo scorso in anteprima digitale (per le limitazioni imposte dalla normativa Covid) al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e che ha finalmente aperto i battenti al pubblico mercoledì 28 aprile (fino al 6 gennaio 2022). Un tesoro dentro al tesoro, questa mostra: le collezioni d’arte antica farnesiane, borboniche o di altra provenienza, coeve all’epoca dei gladiatori, fanno del MANN uno dei musei archeologici più importanti del mondo.

Chi erano i gladiatori? Il loro nome li indica quali combattenti armati di gladio, cioè – di regola, non sempre – della corta spada usata nel combattimento corpo a corpo dei legionari romani, ma quanto esposto in mostra rivela tante altre forme di armamentario, da offesa o da difesa: come la spatha o spada, parola di origine germanica, lunga, dritta, ricurva, completamente diversa dal gladio e importata dall’esperienza bellica con altri popoli, annessi all’impero di Roma. I gladiatori erano specialisti, divisi per categorie non come gli odierni pugili per peso, ma in base appunto all’armamentario con cui si affrontavano tra categorie prefissate, sempre uguali. Il famoso mirmillone (dalla lunga spada e dal pesante elmo che copriva tutto il capo, con altre protezioni sul torace e le gambe) aveva come avversario fisso il trace (con elmo e spada anch’essa lunga, ma con più leggere protezioni per la testa e la parte superiore del corpo), il cui nome rivela l’origine dalla Tracia, le attuali Bulgaria e Romania del sud; mentre al notissimo reziario (l’armato di rete a pesi, per imbrigliare l’avversario, protetto da un giustacollo che dalla spalla sinistra si allungava a riparargli la gola) veniva contrapposto il secutor, 'l’incalzante' (dallo scudo ricurvo per non dare appigli alla rete, finire nella quale significava non avere più scampo dal coltello del reziario); infine il provocator (con gladio ed elmo liscio dotato di paranuca) era il gladiatore più mobile e l’unico a gareggiare solo con altri della propria categoria.

Gladiatori in una lastra dipinta dalla necropoli del Gaudo

Gladiatori in una lastra dipinta dalla necropoli del Gaudo - Ansa

La mostra si articola in sette sezioni di cui questa, 'Armi', è la seconda; nella prima, 'Riti per i funerali degli eroi e duello in onore dei defunti' si indaga, con qualche dubbio per la verità, la derivazione dal mondo greco di questo tipo di combattimenti (in realtà, prima di Roma la Grecia conosceva la lotta e il pugilato, non il combattimento mortale armato; semmai lo conoscevano gli etruschi); la terza sezione è dedicata alle 'Venationes o cacce di animali feroci', nelle quali si stima che nel corso dei secoli siamo stati sacrificati non meno di due milioni e mezzo di animali, catturati in ogni parte del mondo conosciuto; segue la toccante sezione 'Vita da gladiatori' la quale reca come sottotitolo 'Chi c’era sotto l’elmo' e narra la vita di questi esseri umani nella loro intimità e famiglia, quando ne avevano una; poi 'An- fiteatri della Campania', dove si trovavano arene e palestre tra le più importanti, come quelle di Santa Maria Capua Vetere, Pompei, Nola; ancora, 'I gladiatori erano dappertutto', perché c’erano arene in ogni parte dell’impero (moltissimi scheletri di gladiatori britanni sono stati recuperati a York, quasi ai confini con la Scozia); ultima sezione, 'Gladiatorimania', la più tecnologica, destinata anche al pubblico più giovane, con supporti multimediali coinvolgenti.

La mostra si caratterizza per lo specialismo, che tuttavia non va a discapito della fruibilità da parte dei non addetti ai lavori: tutti godranno anche delle più particolari acquisizioni scientifiche recenti, o dei prestiti, di musei stranieri, per la prima volta giunti qui in Italia. Un’attenzione particolare viene riservata all’immensa ricaduta mediatico-narrativa dei gladiatori in ogni tipo di cultura contemporanea (per esempio anche nei fumetti, nei videogiochi, nelle serie televisive, nelle animazioni) lungo tutto il percorso espositivo, che presenta 160 reperti. Non si può dar conto qui nemmeno dei più importanti, ma va citato almeno il più raro, che proviene non dal Colosseo o dalla Campania, bensì da Basilea in Svizzera, esattamente dal contiguo sito archeologico di Augusta Raurica, e dunque da una provincia gallica. Da lì un mosaico pavimentale a tema gladiatorio di ben 70 mq (scoperto nel 1961) ha preso la via dell’Italia per la prima volta. Lo si guarda come un film; metro per metro, inquadratura per inquadratura, racconta i combattimenti non come farebbe un regista dì oggi; come farebbe invece una telecamera dimenticata nel fango della storia, che li avesse registrati al tempo in cui il grande mosaico (fine II sec. d.C.) veniva realizzato, e i gladiatori riempivano le arene dell’impero.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: