giovedì 4 febbraio 2016
Dopo 450 anni i vespri a Hampton Court
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Per la prima volta dopo oltre 450 anni la preghiera della liturgia cattolica tornerà a risuonare sotto le volte della cappella reale di Hampton Court, a Londra. È un luogo sacro particolare. Il palazzo di Hampton Court fu costruito a partire dal 1514 dal cardinale ThomasWolsey, cancelliere di Enrico VIII. E proprio il re dello scisma anglicano, dopo la caduta in disgrazia diWolsey, ne avrebbe fatto dalla metà degli anni ’20 una delle residenze favorite della corona inglese. Nella cappella della monarchia britannica i vespri cattolici non venivano celebrati dal 1550 circa. Torneranno il prossimo 9 febbraio, presieduti dal cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, alla presenza del vescovo anglicano di Londra Richard Chartres, decano della cappella reale. I due, prima della funzione, terranno nella Great Hall un dialogo sul tema 'La fede e la corona'. La loro discussione affronterà il rapporto tra le due chiese, cattolica e anglicana, e la monarchia. «Da quasi mezzo millennio i rapporti fra chiese di Inghilterra e di Roma sono interrotti – commenta lo storico Franco Cardini – anche se fin dall’inizio si è sempre saputo che non c’erano motivi teologici ma semmai un problema giuridico, di diritto ecclesiastico: la volontà del re di risolvere un matrimonio e contrarne un altro e l’opposizione della Santa Sede, che l’aveva concesso altre volte». Questo ha fatto sì che, dal punto di vista storico, «lo scisma non ha comportato una diversificazione sul piano della fede o liturgicoliturgico. Come è accaduto rispetto gli ortodossi e le Chiese orientali, l’identità con il cattolicesimo è più forte delle differenze». È dunque interessante che il dibattito coinvolga il ruolo della monarchia, perché «le ragioni di una risoluzione dello scisma sono politiche e disciplinari – prosegue Cardini. – Sulla corona inglese pesa la scomunica papale, come anche gli anglicani riuniti in concilio hanno condannato e scomunicato il vescovo di Roma». Con il perdono reciproco lo scisma cesserebbe, «ma la regina o il re non sarebbe più capo della Chiesa d’Inghilterra. Da tempo però i monarchi si guardano dall’assumere caratteristiche di carattere epsicopale o sacerdotale. Oggi non credo che potrebbe essere un trauma».  L’evento è stato reso possibile dall’azione congiunta della Genesis Foundation e dalla Choral Foundation. Se la seconda è un’i- stituzione che promuove l’attività musicale della Chapel Royal di Hampton Court, la prima è invece un’organizzazione impegnata nel supporto di arte e cultura. Il suo fondatore è John Studzinski, finanziere, filantropo, membro di importanti board museali (a partire dalla Tate) ed esponente di spicco della comunità cattolica britannica. «Il dialogo tra le fedi è tanto più necessario e benvenuto in questi tempi difficili – ha detto per l’occasione Studzinski –, dobbiamo riconoscere che abbiamo più cose in comune di quante ci separino. Sono lieto che la Genesis Foundation permetta che Chiesa cattolica e anglicana si impegnino in un dialogo in questo sito così ricco di storia, sia teologica che musicale». La sottolineatura è necessaria. Perché la musica è un capitolo centrale dell’evento. I vespri, in latino, saranno interamente cantati in gregoriano, con l’inserto di alcuni brani in polifonia. Il programma è stato scelto e sarà eseguito da Harry Christophers con i suoi The Sixteen, uno dei principali ensemble vocali inglesi, affiancati dai Genesis Sixteen, gruppo di giovani cantanti sostenuti dalla Genesis Foundation. In repertorio ci sono il Leroy Kyrie di John Taverner, eseguito prima del rito, il Magnificatdi Thomas Tallis e il Salve Regina di William Cornysh. «Abbiamo scelto brani di compositori dell’epoca Tudor e legati alla cappella reale al tempo del cardinale Wolsey» spiega al telefono Christophers. Ecco perché ad esempio, sono state escluse musiche di William Byrd, membro della chapel royal e cattolico in un momento difficile per i fedeli alla Chiesa di Roma, all’epoca ancora troppo giovane.  «Lo stesso Tallis, però, restò sempre un “cattolico romano non riformato”, nonostante abbia prestato servizio come gentlemandella cappella reale sotto quattro monarchi: Enrico VIII, Edoardo VI, Maria Tudor e Elisabetta I. Il suo Magnificat è di rara esecuzione. Non siamo sicuri perché o quando lo abbia scritto, ma è probabile che la composizione risalga al regno di Elisabetta I, quando il paese viene ricondotto sotto l’anglicanesimo». Dopo la parentesi cattolica della sorella Maria, Elisabetta spinge per la definitiva separazione dell’Inghilterra dalla Chiesa di Roma. Un trapasso duro e sanguinoso in cui religione e politica si mescolano, basti ricordare Maria Stuart. «Elisabetta I però permise che nella cappella reale risuonasse musica su testi latini. Non pare impossibile che, protestante per ragioni di Stato, – ipotizza Christophers – la regina fosse rimasta intimamente cattolica». William Cornysh è invece compositore di una generazione precedente. «Nel 1509 fu nominato maestro dei ragazzi cantori della cappella reale. Durante la Riforma molte partiture per la liturgia cattolica furono bruciate. Gran parte delle sue musiche sono sopravvissute in un choirbookcompilato tra il 1490 e il 1502». Il suo Salve Regina è un pezzo imponente: «È uno dei più lunghi tra quelli scritti prima della Riforma: dura 15 minuti ed è estremamente impegnativo, indice del livello raggiunto dai cori inglesi all’inizio del XV secolo». Ma è con John Taverner che si compie il quadro di un periodo travagliato della storia inglese, in cui il legame tra musica e politica è particolarmente stretto. «I compositori sono pienamente coinvolti negli eventi della Riforma. Il Leroy Kyriedi Taverner prende il nome dal motivo che si ritiene sia stato scritto da Edoardo IV o Edoardo V». Taverner divenne maestro dei ragazzi cantori del Cardinal College, istituito a Oxford da Wolsey. «Ma Taverner sposò in toto le idee riformate. Fu agente al soldo di Thomas Cromwell durante la soppressione, voluta da Enrico VIII, dei monasteri inglesi e guidò la distruzione delle chiese cattoliche». «Questa musica è spesso eseguita nei concerti – sottolinea Christophers – riportarla nella liturgia è un’occasione speciale, specie poi nella cappella di Hampton Court. Spero che un giorno potremo tornarvi, per cantare una messa di Palestrina o da Victoria». Christophers con i suoi Sixteen è particolarmente attivo nella promozione della musica sacra. Nel 2000 ha dato vita al “Choral pilgrimage”, un tour nazionale delle cattedrali inglesi da York a Canterbury, ogni anno su un tema specifico. «Dopo la Riforma, la pratica corale nella chiesa anglicana è cresciuta enormemente e tuttora nelle cattedrali anglicane costituisce una tradizione forte. Sfortunatamente invece non lo si può dire in ambito cattolico, a parte nelle cattedrali e nelle grandi chiese di Londra. Attraverso la Genesis Foundation stiamo cercando di proporre e di produrre nuova musica sacra cattolica di qualità, con autori come James Mac-Millan e Roxanna Panufnik, che possa essere cantata dai cori. Le persone stanno tornando a capire l’importanza della musica come parte della liturgia».
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