giovedì 18 maggio 2017
Il vescovo di Pistoia analizza l'esperienza della Capitale della cultura. «Non un anno artificiale e posticcio se insegnerà a fare squadra e a favorire l'incontro, la solidarietà, il dialogo»
Il vescovo di Pistoia, Fausto Tardelli

Il vescovo di Pistoia, Fausto Tardelli

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«Credo che si possa tranquillamente affermare che la fede cristiana a Pistoia, nonostante le contraddizioni e le incoerenze, ha trovato nell’arte espressioni mirabili e ha dato luogo a una cultura che ha reso e rende più umana questa città». Il vescovo di Pistoia, Fausto Tardelli, guarda piazza del Duomo dove si affaccia la Cattedrale, il Battistero e l’antico Palazzo dei vescovi che rappresentano un po’ i simboli di questo angolo di Toscana. E analizza l’esperienza della Capitale italiana della cultura 2017.

Eccellenza, i gioielli d’arte di Pistoia hanno in gran parte un'impronta religiosa. Dalle chiese romaniche (con i suoi pulpiti) al fregio robbiano sulle sette opere di misericordia. Come la cultura e l’arte si legano al Vangelo in questa terra?

«Direi che questo intreccio viene da lontano e ha dato frutti straordinari. E fino ai nostri giorni, possiamo dire. Vorrei ad esempio ricordare l’opera grandiosa dell’architetto pistoiese Giovanni Michelucci il quale ha realizzato chiese in fecondo dialogo con la modernità che parlano chiaramente di una fede che si incarna nella storia. Poi come non parlare dei centri di cultura quali l’archivio Capitolare, la Biblioteca fabroniana, il Centro Maritain? E come non citare, nell’ambito di quella cultura della solidarietà caratteristica di una città come Pistoia, aspra ma aperta alla carità e all’attenzione agli ultimi, le mille associazioni e gruppi di servizio, di accoglienza, di sostegno?».

La diocesi è stata coinvolta nella candidatura della città. Come la Chiesa locale partecipa alle iniziative della Capitale?

«Sì, la diocesi è stata tra le realtà che hanno presentato la candidatura. Sotto la guida del Comune di Pistoia, insieme con altre significative realtà, la Chiesa pistoiese si è sentita in dovere di dare il suo contributo e offrire la propria partecipazione a questo anno speciale. Ciò è accaduto e sta ancora accadendo, anzi si sta intensificando con la messa a disposizione di luoghi, spazi e opere d’arte che valorizzano la città e offrono occasioni per avvicinarsi alla bellezza. Alcune proposte sono entrate nel programma ufficiale. Molte alte sono collaterali al programma ufficiale. E sono state raggruppate in queste sezioni: valorizzazione del patrimonio storico, artistico e archivistico; contributi di riflessione e pensiero; mostre e musei; cultura della solidarietà; concerti e cultura musicale; culto jacopeo».

La Capitale della cultura un’iniziativa valida o rischia di essere solo una “passerella”?

«Dipende da come la si prende. In sé potrebbe anche rimanere un’iniziativa estemporanea e quindi esaurirsi nell’effimero passare di un anno. A Pistoia l’abbiamo presa in un altro modo che poi credo sia lo spirito con cui è nata l’idea: fare in modo che l’anno della Capitale della cultura sia un portare in evidenza le ricchezze e i tesori già presenti nella città e nello stesso tempo un mettere le basi per una prassi virtuosa che prosegua oltre l’anno. Un anno dunque non artificiale e posticcio ma che approfondisca e smuova il futuro, insegnando attraverso l’esperienza a fare squadra, a mettere insieme le risorse e le capacità, a far vivere la città come spazio di incontro, solidarietà, crescita, cultura e dialogo».

Come racconterebbe il carattere dei pistoiesi e quale momento sta vivendo la città in questi anni segnati a livello nazionale e internazionale dalla crisi?

«Le nostre città stanno cambiando rapidamente e sono sempre di più un variegato mondo di persone e usi diversi. Qualche nota caratteristica però rimane e ciò dà, per ora, anche un po’ il gusto della differenza da città a città. Qui si viene dalla montagna e dalla campagna. Queste sono le radici. Dalla campagna e dalla montagna ma con sale in testa, cioè con intelligenza e voglia di conoscere. Città riservata, che non ama i riflettori, schiva, tutta da scoprire nella sua sobria, un po’ nascosta ma folgorante bellezza. È stata chiamata “città rocciosa” per il carattere un po’ aspro dei sui abitanti, polemici e tendenzialmente litigiosi ma concreti e operativi. La crisi si è fatta sentire e ancora si fa sentire. Ci sono due grosse realtà che comunque ancora reggono. La più grande è quella del vivaismo, di cui siamo leader mondiale. Non son rose e fiori ma per ora regge. Così l’ex Breda, ora Hitachi, che fa treni meravigliosi per tutto il mondo. Con una certa fatica sta andando. Ma anche a Pistoia la soglia di povertà si è alzata e sono veramente tante le persone e le famiglie che per tanti motivi sono sotto quella soglia e affollano i nostri centri e le nostre associazioni».

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