martedì 12 luglio 2016
Torre del Lago: VANZINA si mette all'Opera
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La tentazione di trasformare Scarpia in un vitellone modello Vacanze di Natale non lo ha sfiorato nemmeno per un attimo. «Non amo gli stravolgimenti, quando li vedo sul palco sono sempre perplesso», racconta Enrico Vanzina che venerdì con Tosca debutta nella regia di un’opera lirica. «Mi avvicino a questo genere in punta di piedi» dice, promettendo «assoluta fedeltà a Giacomo Puccini anche perché nel libretto, che ho letto e riletto, ci sono già tutte le indicazioni di regia necessarie». Niente opera versione cinepanettone, dunque, al Festival Puccini di Torre del Lago che si apre venerdì con il popolare titolo affidato a Vanzina, romano, classe 1949, figlio di Steno e cresciuto «con i grandi della cultura in salotto». Nel curriculum di Vanzina non solo film in coppia con il fratello Carlo, ma anche romanzi, collaborazioni giornalistiche. E ora si aggiunge la lirica: «Un’avventura che mi ha preso talmente tanto da lasciare per settimane Carlo solo sul set del nostro prossimo film». 

Potenza della lirica, verrebbe da dire, Vanzina. «Potenza di Puccini che racconta un amore puro, certo sensuale, ma sublime e capace di parlare a tutti. Tosca è un’opera che va eseguita, non stravolta. Ed è ambientata in un preciso momento storico. Il mio sarà allora uno spettacolo tradizionale, ma dal taglio cinematografico». Fa un certo effetto leggere il suo nome nella locandina di un’opera lirica… «Ma la mia formazione è da musicista: da ragazzo ho studiato pianoforte, cosa che in questa occasione mi è tornata utile perché per prepararmi ho suonato tutta la partitura alla tastiera. In casa nostra, poi, si ascoltava molta musica classica, specie quella sinfonica. E quando ero un bimbo papà mi portò alla Scala a vedere una Bohème con la regia di Franco Zeffirelli, amico di famiglia così come Suso Cecchi e il marito Fedele D’Amico, musicologo e giornalista. Fare la regia di un’opera per me è ritrovare le mie radici». Ma come arriva questo debutto? «Per caso. A febbraio ero a Viareggio per ritirare il Coriandolo d’oro. La cerimonia era in forse perché si era scatenato un uragano. Nell’attesa mi ha avvicinato Alberto Veronesi, direttore artistico di Torre del Lago, chiedendomi se volevo cimentarmi con Tosca. Ho risposto subito di sì, senza pensarci troppo. La Versilia mi è entrata nel cuore da quando con Carlo nel 1983 abbiamo girato Sapore di mare, il nostro primo successo dietro la macchina da presa. Poi mi ha convinto il fatto che fosse un titolo di Puccini, un autore che ho sempre amato: da ragazzo mi affascinava per la sua modernità, con il tempo a colpirmi è stata la profondità della sua musica. Una musica che anticipa le colonne sonore tanto che a Puccini si sono ispirati tutti i grandi autori che hanno scritto per il cinema». Per «Tosca» ha pensato ad una regia cinematografica. «Nella convinzione che il melodramma era il modo di fare cinema dell’Ottocento. L’opera, poi, come il cinema, è una creazione collettiva e se non c’è lavoro di squadra non funziona. Ho lavorato molto sulle luci che mi aiuteranno a creare un effetto primo piano, inquadrando i cantanti come se avessero la telecamera puntata addosso. E ci sarà un colpo di scena finale. Quando Tosca si butta da Castel Sant’Angelo diventerà tutto buio e su un grande schermo si vedrà il volo di lei nel vuoto. Non un volo cruento con lo schianto a terra, ma un volo che per me è un volo verso Dio. Tosca d’altra parte lo canta “O Scarpia, avanti a Dio”. Per realizzare questo effetto sono stato a girare all’alba a Castel Sant’Angelo». Anche in sala prove ha portato un approccio cinematografico? «Quando faccio cinema, prima di andare sul set, cerco di lavorare molto sugli attori, spingendoli a tirare fuori il non detto per realizzare personaggi il più possibile credibili. Ho cercato di farlo anche all’opera. Cercheremo di raccontare un amore puro. Quello di Tosca che è una donna moderna: un’attrice, cosa guardata con sospetto per l’inizio dell’Ottocento, ma anche una donna di fede. Quello di Cavaradossi che è un artista, diviso tra successo e impegno politico, ma che quando deve fare i conti con la vita capisce che ciò che conta è l’amore e nella famosa aria E lucean le stelle canta quanto gli costi lasciare tutto questo. Scarpia è il personaggio più affascinate, è il cattivo che suscita indignazione, ma anche attrazione e che fa scattare una sorta di catarsi nel momento in cui viene sconfitto». Firmerebbe una Tosca per il grande schermo? «Oggi sarebbe difficile proporre un soggetto simile perché il cinema va in altre direzioni. Qualche anno fa, però, ho lavorato ad una Tosca cinematografica, quella in diretta tv realizzata nel 1992 da Giuseppe Patroni Griffi: eravamo amici (era sua la regia dell’unico testo teatrale che ho scritto, Bambini cattivi) e ho seguito da vicino il lavoro di preparazione. Un’esperienza eccezionale. Ma forse l’opera dovrebbe stare solo nel luogo per il quale è nata, il palcoscenico». Pensa allora ad un’altra regia in teatro?«Se non vengo coperto da fischi… Mi piacerebbe un altro Puccini, magari Bohème. Wagner direi di no. Forse Mozart, anche se un po’ mi spaventa per la sua complessità».
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