venerdì 1 luglio 2011
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Quando il turista sale a Firenze su un treno regionale diretto ad Arezzo e, dopo mezz’ora, si ferma in una delle sette stazioni del Valdarno, lo fa di solito per due motivi: uno è andare a Loppiano, la prima cittadella internazionale del movimento dei Focolari fondata negli anni Sessanta da Chiara Lubich sopra il paese di Incisa Valdarno; l’altro è la passione per le griffe della moda che qui hanno i loro outlet e che nelle aziende della zona realizzano le collezioni. Come in un monastero benedettino, spiritualità e lavoro convivono in questo angolo di Toscana che è il Valdarno. Una valle chiusa fra i monti del Pratomagno e le colline del Chianti che deve il suo nome al fiume da cui è attraversata, l’Arno. La geografia disegnata a tavolino nell’Ottocento l’ha divisa fra le province di Firenze e Arezzo, ma basta percorrerla per avere la sensazione di essere in una «piccola» Firenze che si allunga per cinquanta chilometri fino alle porte di Arezzo. Lo dice anche la sua storia che si intreccia con l’espansione della Repubblica fiorentina. Infatti dalla seconda metà del Duecento vengono fondate quelle «terre nuove» di cui la vallata è uno dei capisaldi assieme al Mugello. E qui spuntano Castelfranco di Sopra, Terranuova Bracciolini e Castel San Giovanni – oggi San Giovanni Valdarno – che di quell’operazione di difesa è la maggiore espressione urbanistica. La sua nascita viene deliberata nel 1299 e, secondo Le Vite di Giorgio Vasari, il progetto è affidato ad Arnolfo di Cambio. Non è un caso che la cittadina – chiamata col nome del patrono di Firenze – preservi nella piazza centrale quel Palazzo d’Arnolfo che è una miniatura di Palazzo Vecchio a Firenze. Fino a due anni fa ha accolto il municipio; fra qualche mese si trasformerà nel museo delle «Terre nuove» che, però, lo priverà della funzione per cui è sorto: essere sede del governo cittadino. La pianta del paese con le sue vie ad angolo retto è stata studiata come un modello di progettazione medievale dove l’armonia delle proporzioni si traduce in assetto urbano. E, per alcuni, può aver ispirato la «Città ideale» dipinta nella tavola della Galleria nazionale delle Marche a Urbino. Sulla piazza si affaccia la Basilica di Maria Santissima delle Grazie: è il santuario mariano della diocesi di Fiesole che, a fianco, ospita il museo d’arte sacra con una delle tre Annunciazioni su tavola del Beato Angelico (le altre sono a Cortona e al Prado di Madrid). Il più celebre cittadino di San Giovanni è Masaccio, «padre» del Rinascimento in pittura. La casa in cui è venuto alla luce il 21 dicembre 1401 è ancora intatta lungo la via principale ed è diventata uno spazio espositivo per la creatività contemporanea. Nella vallata l’artista ha lasciato la sua prima opera: è il Trittico di San Giovenale (una Madonna in trono col Bambino circondata dai santi Bartolomeo, Biagio, Giovenale e Antonio abate) che deve il suo appellativo alla minuscola chiesa in cui è stato trovato nel 1961. Adesso il dipinto è collocato nella pieve di Cascia di Reggello, sulle colline ai piedi del Pratomagno. A collegare i paesi dell’altipiano, fra vigne e oliveti, ci pensa la via Cassia Vetus o Clodia (adesso «Sette Ponti») voluta dai Romani per raggiungere Fiesole. Percorrendola si scorgono le «balze», sponde in sabbia giallo-ocra che testimoniano di quando, due milioni di anni fa, la vallata era un lago. Con le sue pievi la «Sette Ponti» racconta di un singolare processo di evangelizzazione delle campagne cominciato nel quinto secoli. Fra le chiese battesimali spicca nel verde, appena fuori Loro Ciuffenna, la pieve di Gropina, uno dei più alti esempi di romanico in Toscana. Fiore all’occhiello è il pulpito longobardo, autentica «scuola» di teologia in pietra. Alle fondamenta d’origine paleocristiana si è ispirato l’architetto Mario Botta per disegnare la chiesa di Santa Maria Nuova a Terranuova Bracciolini consacrata dal vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Riccardo Fontana, lo scorso ottobre. L’arte contemporanea ha trovato casa anche a Loro Ciuffenna: qui è nato e vissuto lo scultore e pittore Venturino Venturi (1918-2002) entrato con le sue opere nei Musei Vaticani e poi nei manuali d’arte per aver realizzato la piazzetta a mosaico del Parco di Pinocchio a Collodi. Oggi la sua abitazione è un museo. E nel palazzo comunale è stata allestita una galleria a lui dedicata. Sull’altro versante della vallata, fanno da «porte del Chianti» Figline e Cavriglia, terra di minatori che ha illuminato per oltre un secolo parte della Toscana con la lignite usata per produrre energia elettrica. Nel Cavrigliese c’è il roseto creato dall’ortopedico di Giovanni Paolo II, Gianfranco Fineschi (l’ha operato al Gemelli di Roma), che nell’orto botanico – aperto al pubblico – ha piantato 6mila specie di rose da tutto il mondo. È sufficiente scendere di pochi chilometri per approdare a Montevarchi, il centro più popoloso del Valdarno. Il museo della Collegiata accoglie il Tempietto robbiano, l’altare col baldacchino in terracotta invetriata uscito dalla bottega fiorentina dei Della Robbia. E, muovendosi per la cittadina, è facile imbattersi nelle ville stile Liberty: una l’ha scelta Roberto Benigni per girare alcune sequenze del film La vita è bella. Come dire: anche questa terra stretta fra Firenze, Arezzo e Siena può essere uno shire d’esportazione.
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