mercoledì 15 maggio 2013
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Finalmente è arrivato il caso di doping al Giro. I condor, penne e taccuini in mano, anzi nell’ala, volteggiavano impazienti da una decina di giorni sulla carovana del Giro. Possibile che siano arrivati all’undicesima tappa senza un solo dopato? Nemmeno per un caffè di troppo? Così, alla notizia che al francese Sylvain Georges è stato riscontrato un risultato anomalo (al test effettuato il 10 maggio) tutti hanno cominciato a battere la gran cassa, anziché approfondire la notizia e scoprire che la positività riguarda un medicinale a restrizione d’uso, ossia che può essere usato, entro certi limiti, per curare una patologia, solo che il corridore e il suo medico non ne hanno informato gli addetti ai test antidoping. Tanto che il regolamento dell’Unione ciclistica internazionale non prevede nemmeno la sospensione. Georges avrebbe potuto prendere il via ma la squadra ha, comunque, deciso di non farlo partire giustificando il gesto con una malattia. In realtà, non ha voluto irritare gli organizzatori, sempre molto severi sulle questioni di doping – giustamente - e sull’immagine negativa che potrebbe riflettersi sulla corsa.Il doping è una piaga inaccettabile che lo sport fatica a eliminare. Il ciclismo ci sta provando da tempo e ha pure ottenuto buoni risultati. Il regime antidoping adottato dal mondo delle due ruote è all’avanguardia e implacabile, nessuno sportivo al mondo è controllato come un ciclista, tanto che altre discipline si stanno lentamente avviando su quella strada. Però, sembra che il doping faccia rumore solo quando coinvolge il ciclismo. La vicenda dell’Operacion Puerto, in Spagna, è eclatante e imbarazzante: sono stati resi noti solo i nomi dei ciclisti coinvolti e persino il giudice si è rifiutato di andare fino in fondo per scoprire i nomi degli atleti degli altri sport.E anche la Wada (l’agenzia antidoping mondiale) talvolta adotta scelte incomprensibili che hanno risultati opposti a quelli che dovrebbe inseguire: appena l’altro ieri ha deciso di essere più tollerante nei confronti di chi fa uso di cannabis (ha alzato di 10 volte il limite tollerato). La cannabis non migliora le prestazioni, è vero, ma aumenta la disposizione al rischio, e in certi sport può diventare davvero pericoloso per l’incolumità personale.Così, come viene qualche sospetto sui controlli effettuati anche alle recenti Olimpiadi di Londra: il Cio (Comitato olimpico internazionale) e la stessa Wada avevano garantito - prima della cerimonia di inaugurazione - controlli rigidi e affidabilissimi, che avrebbero smascherato chiunque avesse preparato farmacologicamente i Giochi. Alla fine i casi di positività, a Londra, sono stati esigui, ma non sono mai stati forniti i dati ufficiali, soprattutto sul tipo di controlli effettuati, perché una cosa è controllare le urine, ben diverso analizzare il sangue. E qualche dubbio viene quando si scopre che la mezzofondista turca Asli Cakir Alptekin, oro nei 1.500, è stata sospesa un paio di settimane fa per anomalie del passaporto biologico. Un serio esame avrebbe dovuto segnalare qualche anomalia anche a Londra, soprattutto in un’atleta che nel giro di un anno è stata capace di migliorare il suo record personale di ben 18 secondi.Il Giro d’Italia, comunque, è andato avanti indifferente. Il pensiero si è raccolto sulla tragedia del Vajont a cinquant’anni dalla disastrosa esondazione. Il traguardo è posto proprio all’ombra della diga e per primo ci arriva il lituano Ramunas Navardauskas dopo aver staccato Daniel Oss, questo italianissimo, anche se il nome fa pensare a origini diverse.La squadra statunitense Garmin accantonate le brame di classifica dopo il default di Hesjedal – che si è staccato ancora, mentre il gruppo procedeva ad andatura turistica - cerca di salvare almeno la faccia con lo sponsor e va a caccia delle vittorie di tappa. In un grande team quando il capitano fa fiasco ci pensano i gregari a salvare la baracca. E Navardauskas è un gregario più che affidabile, uno che ogni tanto si toglie qualche soddisfazione, come quella di indossare la maglia rosa per un paio di giorni al Giro dello scorso anno.Anche sul Vajont gli italiani devono ancora accontentarsi dei piazzamenti: Oss è un giovane in perenne attesa di sbocciare, intanto appassisce nella facile ascesa verso l’arrivo; Pirazzi fa il solito scatto fuori tempo, ma almeno si consola con la maglia del Gran Premio della Montagna; l’ex maglia rosa Puccio resta fuori dal podio precedendo anche Di Luca, che cresce ancora di condizione e continua a cercare la sua giornata. Con i soli due giorni di gara con i quali si è presentato al via si può dire che il suo è già un Giro da primato, e sarà straordinario se riuscirà a portarlo a termine.I big, invece, hanno rispettato la tregua delle cosiddette tappe di trasferimento.La prossima è una frazione per velocisti. Si arriva a Treviso e torna in ballo Cavendish per il tris. Anche se i velocisti rimasti devono battere un colpo per far vedere che non sono in gita di piacere.

L’ordine d’arrivo dell’11ª tappa:
1. Ramunas Navardauskas2. Daniel Oss a 1’08”3. Stefano Pirazzi a 2’59”4. Salvatore Puccio a 3’07”
...29. Bradley Wiggins a 5’41”31. Cadel Evans32. Vincenzo Nibali36. Rigoberto Uran38. Michele ScarponiLa classifica generale1. Vincenzo Nibali2. Cadel Evans a 41”3. Rigoberto Uran Uran a 2’04”4. Bradley Wiggins a 2’05”5. Robert Gesink a 2’12”6. Michele Scarponi a 2’13”7. Mauro Santambrogio a 2’55”
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