martedì 7 luglio 2009
Una «roadmap» per eliminare la fame e impedire che la crisi finanziaria aggravi la situazione di profonda malnutrizione nei Paesi poveri. Ma occorre una «governance» diversa.
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Prima degli effetti negativi indotti dall’aumento dei prezzi delle derrate alimentari nel 2007-2008, molte aree del mondo progredivano verso la realizzazione dell’obiettivo del Vertice mondiale dell’alimentazione (Wfs) e degli Obiettivi di sviluppo del millennio (Mdg) di dimezzare la fame entro il 2015. Analogamente, alcuni continenti registravano buoni progressi nella riduzione della povertà. La crisi della sicurezza alimentare globale ha invece annullato o invertito molti dei vantaggi conseguiti nella lotta contro la fame. L’insicurezza alimentare mondiale ha toccato livelli inaccettabili. Secondo le stime della Fao, nel 2007 il numero di affamati nel mondo è aumentato di 75 milioni, soprattutto a causa dei prezzi alimentari elevati. Un ulteriore aumento di 40 milioni è previsto per il 2008. Quindi, oggi nel mondo esiste un totale di 963 milioni di persone sottonutrite. In altri termini, quasi un miliardo di esseri umani, cioè il 15% della popolazione mondiale, soffre cronicamente la fame e la malnutrizione. La situazione della fame e della povertà potrebbe aggravarsi ulteriormente sulla scia della crisi economica e finanziaria che colpisce le economie reali di un numero crescente di Paesi e in particolare le persone più vulnerabili, come i più poveri, i senza terra e le donne capofamiglia. La stretta creditizia potrebbe limitare l’accesso dei Paesi bisognosi ai finanziamenti necessari per l’acquisto dei prodotti alimentari sul mercato e per la copertura del fabbisogno locale. La riduzione dei prezzi alimentari osservata a partire dal mese di luglio 2008 non deve essere interpretata come un superamento della crisi della sicurezza alimentare. La crisi non soltanto permane, ma potrebbe anche aggravarsi. I prezzi in caduta libera e l’incertezza economica potrebbero scoraggiare gli agricoltori dall’investire nei mezzi di produzione. Nella prossima campagna agricola, o in quella successiva, una diminuzione delle colture potrebbe causare un calo significativo della produzione nel 2009/2010 e un aumento dei prezzi, forse ancor più rilevante rispetto al 2007­ 2008, a meno che tale aumento sia mitigato dalle conseguenze della recessione economica sui redditi. Se aggiungiamo la crescente domanda di prodotti agricoli per il settore delle bioenergie e gli effetti negativi del cambiamento climatico, è molto probabile che i fattori determinanti della domanda e dell’offerta aggraveranno i rischi dell’insicurezza alimentare nei paesi in via di sviluppo, soprattutto nei paesi a basso reddito e con deficit alimentare che si trovano ad affrontare una rapida urbanizzazione e una rapida crescita demografica. È essenziale che la comunità internazionale si ponga come obiettivo lo sradicamento della fame. Moralmente e responsabilmente, non possiamo agire a metà, fissando come unico obiettivo il dimezzamento della fame. I leader mondiali e la comunità internazionale devono raggiungere un ampio consenso per cancellare la fame e la malnutrizione dalla faccia del pianeta entro il 2025. La realizzazione di questo obiettivo faciliterebbe l’attuazione delle 'Linee guida per il diritto al cibo' e il raddoppio della produzione alimentare entro il 2050. La roadmap per il conseguimento di questo obiettivo è chiara, ma richiede una leadership politica e un corretto investimento delle risorse. In primo luogo, occorre correggere le politiche e il sistema agricolo internazionale che hanno portato all’attuale situazione di fame e di povertà. A tal fine, è necessario porre in essere un sistema di governance della sicurezza alimentare mondiale più coerente ed efficiente. Affinché gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo e dei paesi sviluppati continuino a lavorare nell’agricoltura, e a produrre gli alimenti di cui il mondo ha bisogno, è necessario assicurare loro un reddito paragonabile a quello dei loro concittadini che lavorano nel secondario e nel terziario, attraverso un programma di sostegno all’agricoltura che eviti gli effetti distorsivi sui mercati. In secondo luogo, ogni anno, dovrebbero essere mobilizzati trenta miliardi di dollari per gli investimenti del settore pubblico e privato nelle infrastrutture rurali e nel miglioramento dell’accesso ai moderni input agricoli, al fine di aumentare la produzione alimentare. L’assistenza ufficiale allo sviluppo (Oda) dovrebbe essere potenziata coerentemente con gli impegni assunti a Monterrey nel 2002 e a Doha nel 2008. Inoltre, deve essere invertito il trend della costante riduzione della quota dell’agricoltura nell’assistenza allo sviluppo e nei portafogli impieghi delle banche. In terzo luogo, è necessario adottare un meccanismo di reazione rapida alla crisi alimentare sul modello del sistema di allarme precoce che ha dato ottimi risultati nel 2007.
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