sabato 10 settembre 2022
Il presidente dell'Assoallenatori: «La storia di Mihajlovic mi fa piangere. Dobbiamo insegnare ai giovani che i valori umani vengono prima del "progetto"»
Renzo Ulivieri, presidente dell'Assoallenatori

Renzo Ulivieri, presidente dell'Assoallenatori

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Il papà di tutti i mister italiani, Renzaccio “il rosso”, Ulivieri, presidente dell’Assollenatori (dall’anno del Mondiale azzurro, 2006) ha detto con la solita tosca schiettezza – natali pisani, a San Miniato, classe d’acciaio 1941 – che lo caratterizza che, alla notizia, dell’esonero di Sinisa Mihajlovic ha pianto. «Sì ho pianto. E non mi vergogno mica a mostrare i miei sentimenti, anzi se riapriamo questa brutta pagina mi viene da piangere ancora... Perché? Perché ho ripensato alla sofferenza di questo ragazzo che è stato più forte della malattia (lotta contro la leucemia). Me lo vedo ancora con quegli occhioni buoni che entra ed esce dal campo con il cappellino in testa... Su, non mi ci far ripensare...».
Morale Ulivieri: il Bologna ha agito con scarsa sensibilità verso un mister che, pur se malato, era sempre puntuale al suo posto e al fianco della squadra.
Le scelte tecniche non competono a me, io dico solo che i sentimenti vengono prima dei progetti economici. Faccio un esempio: quando sento parlare di guerra io prima di andare a vedere i costi che graveranno anche sul riscaldamento in Italia, penso al numero delle vittime specie tra la popolazione civile. Ero e sono contro l’invio delle armi nelle guerra russoucraina, sono da sempre per la pace e non per accelerare i processi di distruzione. In molti, troppi, si muovono su questa direzione, mentre io penso che in ogni ambito, calcio compreso, serve porre un freno e ascoltare gli insegnamenti delle persone sagge e per bene. Io personalmente mi bevo come acqua fresca tutti i discorsi di papa Francesco che è l’unico che ha chiara in mente la fotografia di questo mondo che cade a pezzi.
Torniamo al caso Mihajlovic: il collega Roberto De Zerbi, ex Shakthar Donetsk, ha rifiutato la panchina del Bologna per rispetto di Sinisa («potevo accettare solo se lui si fosse dimesso e non da esonerato», cit).
De Zerbi è stato mio allievo e oggi è un caro amico che ho nel cuore. È tornato dall’Ucraina e sa che significa la sofferenza perché l’ha toccata con mano. è dovuto scappare dalla guerra con tutto lo Shakhtar. La sua scelta verso Sinisa gli fa onore e conoscendolo non mi sorprende, è dettata dal sentimento puro e ci dice che noi adulti dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi come dribblare l’odio, l’invidia, l’avidità, e insegnargli invece i valori forti come la parola data, il rispetto, l’amicizia e soprattutto l’amore verso il prossimo.
Ci sta dicendo che a Coverciano alla scuola allenatori avete introdotto oltre all’ora di tattica anche quella di filosofia?
Involontariamente sì, perché l’obiettivo è formare tecnici che prima di insegnare calcio devono educare le nuove generazioni trasmettendogli i valori. È un nuovo corso quello che abbiamo intrapreso, anche con l’appoggio della Uefa, che prevede la massima attenzione alla crescita dei cittadini di domani. Il calciatore di alto livello è un altro discorso che viene dopo, prima c’è da seminare per far sbocciare l’uomo. E per questo agli allenatori di settore giovanile da questa stagione forniamo un solo testo da dare in lettura e sul quale confrontarsi con i ragazzi: Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani. A me leggere don Milani ha cambiato la vita, spero anche a loro...
Dovrebbero cambiare un po’ anche certi atteggiamenti di allenatori di vertice che spesso non fanno belle figure agli occhi dei ragazzi: vedi Mourinho che se la prende con i raccattapalle di Udine dopo un 4-0 alla sua Roma.
Mi citate Mourinho e allora posso dirvi che ogni volta che chiedo informazioni sul suo conto non c’è un suo ex giocatore che non mi dia la stessa risposta: «È l’allenatore che ho amato di più, anche se con lui giocavo poco... Mourinho prima del calciatore guarda cosa c’è dentro ognuno di noi, cerca l’uomo che è in te e questo lo fa con la squadra come con il magazziniere». Una volta c’era l’allenatore distaccato, algido, oggi ci sono tanti esempi di “allenatori umani” che combattono quotidianamente le invasioni barbariche dei social e dei media nello spogliatoio e lo fanno con il confronto diretto, con la dialettica mirata per ogni singolo ragazzo della rosa. Posso assicurarvi che oggi un bravo tecnico più che sentirsi dare del «genio della tattica» preferisce che gli venga detto: «Mister lei è davvero una persona per bene».
Mister per bene e vincenti: Carletto Ancelotti che vince la Champions con il Real Madrid e Roberto Mancini campione d’Europa in carica con la Nazionale, confermano che la scuola italiana rimane sempre la migliore.
È un luogo comune che ci fa piacere frequentare quello della “migliore scuola allenatori del mondo”. Io dico invece che è semplicemente una scuola che risente della nostra cultura umanistica. Perciò quando ci invitano a cambiarla rispondo che a me le scuole dove si diventa manager o ingegneri a 17 anni mi garbano meno, perché se c’è un merito che dobbiamo riconoscere alla nostra scuola è quello di preoccuparsi ancora di formare l’uomo. Poi certo, se oltre che un grande uomo diventi anche un grande allenatore come Ancelotti, Mancini, Pep Guardiola o Jurgen Klopp sarà meglio per tutti.
Ma Renzo “il rosso” con chi sta: con Ancelotti, Mancini, Guardiola o Klopp?
Anche se ha perso 4-1 con il Napoli di Spalletti io sto sempre dalla parte di Klopp, perché uno che dice «non voterò mai per un partito che promette di abbassare le tasse» vuol dire che come il sottoscritto, non smetterà mai di stare dalla parte dei più deboli.

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