venerdì 4 gennaio 2013
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​I grandi romanzi non hanno buoni e cattivi, quelli normali sì. Per questo Don Rodrigo e il perfido governatore inglese di Salgari, contrapposti ai buoni Renzo, Lucia, Agnese, con tanto di amici e parenti e all’eroico Sandokan, non mi convinsero da subito, quando lessi i primi libri da bambino, a differenza del fascino immediato per L’isola del tesoro, Moby-Dick, I tre moschettieri. Nel capolavoro di Stevenson Jim, il ragazzo che parte alla ricerca del tesoro, è generoso, curioso, intelligente e leale. Ma non un “buono” in senso letterale. Così come il suo nemico, il pirata-cuoco Long John Silver, non è del tutto cattivo, tanto che Stevenson lo fa scappare dal romanzo, vivo, gli salva la pelle. Così la balena bianca rappresenta la cecità atemporale del fato e del mito, ma non è un essere malvagio, e il suo nemico, l’eroico capitano Achab, è un eroe tragico, non un buono. Per non parlare dei Tre moschettieri. Passano la vita in duelli, liti, ferite e uccisioni in nome del Re, che non è affatto migliore del suo nemico, il Cardinale, tra l’altro molto più intelligente. La bontà di D’Artagnan e dei suoi amici è nella gratuità della loro scelta e della loro vita, nel disinteresse, non certo nell’appartenenza a una causa giusta. Leggendo La Primula Rossa, felicemente riportato nelle librerie italiane da Salani (pagine 338, euro 12,90), ci troviamo immediatamente in una storia dove i buoni stanno tutti da una parte, e i cattivi dall’altra. Ma in questo accattivante romanzo popolare, che uscì a puntate su giornali, in Italia sul «Corriere della Sera», la distinzione tra gli efferati seguaci di Robespierre e Danton, impegnati a ghigliottinare dal mattino alla sera, e i nobili sottoposti a feroce eliminazione, si attenua sin dalle prime pagine, a vantaggio dell’avventura. Non assistiamo al conflitto tra agenti delle forze del male e agnelli sacrificali, ma a una gustosa messa in scena, movimentata, sottilmente umoristica, che spiega il grande successo che il romanzo ottenne al suo apparire, quando la sua autrice, la nobildonna ungherese Emma Orczy, sposata a un nobile inglese, riuscì nel 1905 a pubblicarlo, dopo anni di rifiuti editoriali.

La Primula Rossa divenne il capostipite di altri romanzi imperniati sullo stesso protagonista, l’introvabile aristocratico inglese che beffa le autorità parigine del terrore facendo evadere tanti nobili condannati alla ghigliottina per il solo fatto di appartenere a una classe bandita dai fondamentalisti della Rivoluzione. Un po’ Robin Hood nella foresta urbana della grande città di Parigi, un po’ mago prestigiatore alla Houdini, appare in scena e scompare senza lasciar tracce, è un artista del travestimento e dell’invenzione, un personaggio teatrale. In una scena movimentata e colorata in cui rotolano teste, il boia lavora senza tregua, gendarmi si vantano e vengono beffati dall’uomo che lascia il suo segno, una primula dal colore improbabile, cifra di eccentricità e ironia. Sir Percy Blakeney è un uomo solo, un aristocratico in senso letterale e metaforico, che si beffa degli uomini del Terrore, in particolare del cittadino Chauvelin, agente di Robespierre, considerato (e autoconsiderantesi) astuto, lucido e fervidamente devoto alla causa. Le continue vittorie di Sir Blakeney, i ripetuti smacchi assestati al nemico e al regime totalitario, con viaggi clandestini attraverso la Manica, con travestimenti e invenzioni teatrali irresistibili, rappresentano in forma giocosa e divertita il trionfo dell’eroe buono e generoso sul potere stupido e sanguinario. Sir Blakeney, costretto a celare la sua attività anche alla moglie, è l’antesignano di tanti eroi moderni del fumetto, eroi dalla doppia vita, in senso positivo, tipo Superman. Ma credo che nelle sue avventure, e nelle speculari sventure del cittadino e poliziotto Chauvelin, perennemente e infallibilmente beffato, si celi il prototipo dell’euforizzante epopea della «Pantera Rosa». Chauvelin è il modello dell’ispettore Clouseau, e guarda caso il simbolo del suo invincibile, introvabile nemico, è la Pantera Rosa. Che tanto in inglese quanto nella traduzione italiana suona simile a la Primula Rossa.Sì, il nobile inglese Percy Blakeney, il «damerino incipriato» che si cela sotto le sembianze del coraggioso e affascinante salvatore di vite umane, è una delle figure letterarie destinate a non scomparire mai più, e la prova che, se nutrita di avventura e riso, anche la letteratura popolare può creare personaggi fascinosi e durevoli.

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