martedì 16 febbraio 2016
​La Serie A si ferma al 55% dei posti occupati. Bundesliga e Premier League sono vicine al “tutto esaurito” costante: 96% in Germania, 93% in Inghilterra. Sotto accusa impianti vecchi e burocrazia
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In Inghilterra i tifosi innalzano cartelli col numero 77 e intonano cori indignati al minuto corrispondente. In Germania dalle gradinate piovono palline da beach-tennis sul terreno di gioco. Sono le varie prostate che stanno scuotendo il calcio europeo, motivate dal prezzo eccessivo dei biglietti. A Liverpool i sostenitori dei Reds sono esplosi dopo che il costo medio di una partita in abbonamento era arrivato a 77 sterline. A Dortmund i fedelissimi del Borussia non hanno digerito un innalzamento di alcuni tagliandi a 40 euro. Più in generale in Premier League gli appassionati non sopportano che i ticket dei settori ospiti per le trasferte abbiano raggiunto quota 30 o 40 sterline. E in Italia cosa succede? Da noi siamo ben lontani da cifre simili. I settori ospiti degli stadi di Serie A oscillano tra un costo di 20 e 25 euro. Ed è quasi sempre possibile accedere alle curve pagando la stessa somma. I tifosi del Carpi neopromosso possono andare in Curva Montagnani al Braglia di Modena con 18 euro. A San Siro il terzo anello va da 19 a 20 euro rispettivamente in occasione delle partite di Milan e Inter. Sono accessibili anche i settori più “nobili”: i biglietti del primo anello del Meazza partono da 35 euro. Allo Stadium di Torino è possibile acquistare un posto in alcune zone della tribuna per 80 euro (in curva a 25 euro). A Napoli i distinti del San Paolo valgono 40 euro. A Bergamo la tribuna Creberg, opposta alla tribuna principale, permette di accomodarsi pagando dai 28 ai 47 euro. Prezzi che, in caso di abbonamento, ovviamente scendono ulteriormente calcolando la media partita. Senza dimenticare le numerose offerte famiglia sempre più diffuse. La Serie A quindi è lontanissima dalle cifre della Premier League e in parte anche da quelle della Bundesliga. E va dato atto ai club che negli ultimi anni le tariffe nella maggior parte dei casi sono rimaste ferme senza rincari, una scelta che dimostra attenzione nei confronti delle ristrettezze economiche di numerose famiglie. Ma le percentuali di riempimento dei nostri stadi sono nettamente inferiori rispetto agli altri grandi campionati europei. La Serie A si ferma al 55% dei posti occupati. Bundesliga e Premier League sono vicine al “tutto esaurito” costante: 96% in Germania, 93% in Inghilterra. Davanti anche Spagna e Francia con 72% e 70%. Eloquenti i dati dell’ultima giornata. Nonostante due partitissime come Juventus-Napoli e Fiorentina-Inter nessuno stadio è andato oltre le 45mila presenze. A Torino, complici le dimensioni ridotte dell’impianto inaugurato nel 2011, la sfida più attesa della stagione ha fatto registrare 41.305 spettatori. Al Franchi, dove viola e nerazzurri si giocavano il 3° posto Champions, c’erano 30.486 spettatori. Dato sopra i 30mila anche a San Siro per Milan-Genoa (30.547), ma era chiaro che molti abbonati non erano sugli spalti. Per il resto sopra i 20mila solo Sampdoria-Atalanta: 20.341. Sopra i 10mila Palermo-Torino e Udinese-Bologna. Dati quasi da Serie B per le altre tre sfide: Lazio-Verona (2.000), Empoli-Frosinone (7.897) e Carpi-Roma (9.157). Alla fine del girone di andata il massimo campionato ha chiuso con un leggero miglioramento rispetto alla scorsa stagione: un impercettibile incremento di 60 persone in media a partita. Merito soprattutto di Inter e Napoli che, grazie al rendimento espresso nelle prime 19 giornate, hanno portato più pubblico a San Siro e San Paolo: +32.9% i nerazzurri, +17.4% i biancoazzurri. La tendenza è proseguita anche nelle prime giornate del ritorno: adesso il raffronto rispetto all’anno scorso è positivo per una media di 116 spettatori in più a incontro. Sono in totale 29mila ingressi in più rispetto al campionato 2014-15. Ma restano le percentuali più deludenti nei confronti degli altri principali tornei continentali nonostante i prezzi più abbordabili. Per capire i motivi bisogna affidarsi alle ricerche sul livello di soddisfazione dei tifosi. In Italia i frequentatori abituali degli stadi chiedono impianti e servizi più moderni: bagni migliori, accessi più agevoli, parcheggi più comodi, aree ospitalità più accoglienti, ristoranti e bar sulle gradinate. Qualche club ha iniziato ad attivarsi: ad esempio, Juventus e Udinese con i nuovi impianti, ma anche Sassuolo e Atalanta con aree più confortevoli sulle tribune di Mapei Stadium e Azzurri d’Italia. Ma la maggior parte degli stadi italiani scoraggia molti appassionati. E poi servirebbero meno burocrazia e complicazioni nell’acquisto dei biglietti, e meno code nella fase di entrata allo stadio. Le norme, nate per contrastare la violenza, hanno ridotto gli incidenti sulle gradinate, ma hanno anche creato numerosi problemi a tanti tifosi per bene, costretti a lungaggini eccessive. In Italia vedere una partita è spesso uno slalom tra mille difficoltà. «I tifosi devono capire che andare allo stadio è diventato come passare i controlli per prendere un aereo e devono regolarsi di conseguenza», è una delle frasi che capita di sentire quando si fa presente ai responsabili della sicurezza che certe code a ridosso del calcio di inizio scoraggerebbero anche l’appassionato più incallito. C’è un’ultima differenza con l’estero, in particolare con l’Inghilterra. Oltremanica non tutte le partite sono in diretta tv. In Italia sì, quasi sempre su doppia piattaforma: satellite e digitale. Anche in questo caso il mercato sembra un po’ saturo e fatica a crescere. I tele-utenti sono vicini al loro limite massimo e neanche la Champions League scatena gli appetiti previsti. Pure gli abbonamenti televisivi costano meno rispetto all’Inghilterra. Ma, proteste del 77° minuto a parte, è difficile resistere al fascino sempre più diffuso della Premier League.
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