lunedì 7 gennaio 2013
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Uno stato d’eccezione: ecco che cos’è, da sempre, la vicenda di Amleto. Fu così anche per Shakespeare, che in nessun’altra delle sue opere paga un debito altrettanto evidente nei confronti della tragedia greca. Se e come il poeta inglese conoscesse Eschilo importa fino a un certo punto. In ogni caso, è certo che la carneficina che si consuma nel castello di Elsinore è terribilmente simile a quella che secoli prima aveva insanguinato la reggia degli Atridi. Re Amleto come Agamennone, Gertrude come l’infedele Clitennestra, Claudio come l’assassino Egisto, Ofelia come un’Elettra mancata e il principe, appunto, come un Oreste al quale non sia concessa altra pacificazione fuori dalla morte. Non è una trama: è un groviglio di archetipi e situazioni ancestrali che non può essere semplicemente riscritto, ma esige di volta in un volta un nuovo allestimento, una nuova e radicale formulazione. Lo lascia intendere lo stesso Shakespeare, con il celebre stratagemma del teatro nel teatro: Amleto vuol far capire alla madre uxoricida e allo zio fratricida di essere a conoscenza del loro segreto e per farlo assolda una compagnia di attori girovaghi, ai quali dà l’incarico di mettere in scena un dramma che è in realtà lo stesso dramma di cui è testimone e protagonista.È la medesima torsione inventiva a partire dalla quale, quarant’anni fa, Giovanni Testori strutturò L’Ambleto, primo momento della Trilogia degli Scarozzanti, oltre che spettacolo inaugurale di quello che all’epoca (la data esatta è il 16 gennaio 1973) era un eccentrico spazio milanese, il cosiddetto Salone Pier Lombardo. Oggi divenuto Teatro Franco Parenti – in memoria del grande attore per cui la Trilogia fu composta –, nei mesi scorsi ha ospitato un “Progetto Amleto” al quale hanno collaborato artisti quali Eimuntas Nekrosius, Filippo Timi e Roberto Herlitzka. Il prossimo 16 gennaio, alle 18.30, sarà possibile assistere a una proiezione della versione televisiva dello spettacolo originale, realizzata dalla Rai nel 1981: la regia era firmata da Andrée Ruth Shammah, oggi direttrice artistica del “Parenti” e artefice, insieme con l’attore e con Testori, di quella straordinaria stagione creativa.Stato d’eccezione, si diceva. Amleto è il testo su cui, a conti fatti, lo scrittore lombardo torna a più riprese. Prima dell’incontro con Parenti, aveva abbozzato un trattamento cinematografico (pubblicato nel 2002 da Aragno) che già anticipava il clima di disperato degrado in cui si svolge L’Ambleto. Ma è solo all’altezza del 1972, quando il testo prende forma di libro per Rizzoli, che la prospettiva si chiarisce. Gli Scarozzanti, e cioè i guitti che trascinano la loro lingua altisonante e sgrammaticata da un angolo all’altro della provincia lombarda, non sono soltanto gli interpreti della tragedia. Al contrario, quella è la loro stessa storia, con l’unica attrice costretta a sdoppiarsi nei ruoli di Gertruda e di Lofelia, mentre Ambleto passa dalla disperazione alla furia, dal risentimento contro la madre all’odio verso il padre, fino alla strage conclusiva, il cui vero obiettivo è l’annichilimento universale. Un crescendo inarrestabile, che troverà conferma negli altri momenti della Trilogia (Macbetto del 1974 ed Edipus del 1977), ma che nulla toglie all’esemplare unicità dell’Ambleto. Qui, per esempio, Testori sperimenta per la prima volta la tecnica di rispecchiamento come rivelazione che sarà poi fondamentale per I Promessi Sposi alla prova (1984). Allo stesso modo, nell’allucinata regressione di Ambleto alla condizione di embrione è possibile riconoscere un precedente di Factum est, il monologo che nel 1981 porta a compimento la “trilogia della conversione” avviata nel 1978 da Conversazione con la morte e culminata l’anno seguente in Interrogatorio a Maria.Nel 1983, a dieci anni esatti dalla messa in scena dell’Ambleto, Testori torna ancora una volta a misurarsi con il «dolce principe», facendone il grande assente della partitura di Post-Hamlet, dramma di scarnificata semplicità che rovescia in speranza cristiana la violenza da cui erano squassati gli Scarozzanti. A morire, questa volta, non è un re, ma il Padre stesso. E il sacrificio di Amleto porta a compimento la Passione del Figlio, restituendo al popolo la Croce che gli era stata sottratta.Quello dell’Ambleto, del resto, è solo il primo dei molti anniversari testoriani che si susseguiranno nei prossimi mesi. Per i principali bisognerà attendere la primavera (nato il 12 maggio 1923, lo scrittore morì il 16 marzo 1993), ma già a fine febbraio ci sarà spazio per un evento a lungo atteso: la pubblicazione, presso Bompiani, del terzo volume delle Opere di Testori, curato con competenza e passione da Fulvio Panzeri. Così, finalmente, Post-Hamlet tornerà a fare compagnia all’Ambleto.
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