giovedì 27 agosto 2009
Lippi: «È una schedatura». Maroni: «Parere non il linea con la Figc». Secca risposta del Viminale alla presa di posizione del ct azzurro. Carlo Balestri (Progetto Ultrà): «Vantaggi solo ai grandi club con il business degli abbonamenti tv Ma la sicurezza si ottiene con stadi più accoglienti».
  • IL COMMENTOMa il calcio vuole battere la violenza? di A. Caprotti
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    «La tessera per il tifoso in trasferta non mi piace. È una cosa che ghettizza, uno strumento che non mi convince. Mi sa di schedatura...». Messaggio (tratto dalla stramissione di Klaus Davi in onda su YouTube) inequivocabile, quello di Marcello Lippi che, di fatto boccia lo strumento fortemente voluto dal ministro Maroni che dal 1° gennaio 2010 sarà indispensabile possedere per assistere alle gare in trasferta. Un parere che diventa un boomerang per il ct azzurro: «Ho parlato con Abete - è la replica di Maroni - che mi ha confermato il sostegno della Figc. Credo ci sarà un chiarimento perchè la Federcalcio deve parlare con una voce sola, invece quella di Lippi è discordante. È la Figc non può diventare il circo Barnum».Se perfino il ct della Nazionale dice no alla tessera del tifoso, c’è da immaginare quale sia il grado di dissenso che serpeggia tra gli ultrà che il 5 settembre si sono dati appuntamento a Roma per manifestare contro la normativa introdotta dal Viminale. «A Roma ci saranno almeno 3-4 mila esponenti dei gruppi ultrà di tutta Italia, ma credo che tutto si svolgerà nella massima civiltà perché si tratta di un momento di confronto», informa l’antropologo Carlo Balestri, promotore del “Progetto Ultrà”. Una normativa che, efficace o meno, è comunque ministeriale e che quindi come tale andrebbe inquadrata. Invece, in maniera plateale da parte dal ct azzurro e con un sottofondo di mugugni dei club, il malcontento cresce. «L’unica società – continua Balestri – che si è espressa contro con tanto di comunicato, è il Catania, ma è chiaro che tutti i medi e piccoli club e le relative tifoserie siano scontenti perchè si rendono conto che questa tessera porta vantaggi solo alle grandi. Le quali sono indifferenti perfino al divieto delle trasferte: più tifosi restano a casa e maggiori saranno gli abbonamenti a Sky e Mediaset Premium per seguire le partite delle loro squadre. Dietro a questo tipo di “fidelizzazione all’italiana” può esserci solo un interesse di puro business».Eppure in gran parte d’Europa questa fidelizzazione della tessera del tifoso già funziona da tempo. «Vero, ma il tifoso tedesco o inglese, sa che con la sua tessera ha dei rapporti privilegiati e dei vantaggi con il suo club e non delle limitazioni o addirittura un senso di presunta criminalizzazione come il tipo di sistema che si vuole introdurre in Italia».Gli esperimenti pilota della scorsa stagione però (dati del Viminale) hanno portato a un aumento degli spettatori nei nostri stadi e a una sensibile diminuzione degli episodi di violenza (ma non quelli di razzismo). «Lo scenario attuale è: Curve piene, settore Distini semivuoti e Tribune, specie quelle vip, affollatissime di gente che entra gratis. Quindi attenzione, i dati vanno saputi leggere – spiega ancora Balestri – . Se in A tornano piazze importanti come Juve, Genoa e Napoli, è normale che la media spettatori subisca un leggero aumento. Ma il giro di vite dato dal Governo, con le restrizioni apportate negli ultimi due anni hanno creato molti disagi a quella magggioranza silenziosa dei tifosi civili che ora hanno difficoltà a riportare la propria famiglia allo stadio. Tanti papà che si sono presentati in fila ai tornelli con regolare biglietto insieme a ragazzi al di sotto dei 14 anni, sono dovuti tornarsene a casa perché magari avevano dimenticato un documento che accertasse l’identità del figlio. Poi però scopri che il bagarinaggio è ancora molto attivissimo, che gente diffidata rientra tranquillamente al suo posto in Curva, che a Modena il biglietto nominale consente l’ingresso al signor Bin Laden e in un altro stadio di Serie A, al fantomatico e non omonimo Giacomo Leopardi, riesce il giochino dell’entrata clandestina. Insomma, la burocratizzazione complica l’accesso agli impianti della tifoseria sana e questo comporta inevitabilmente meno gente allo stadio. E poi, la limitazione estrema non è mai un valido deterrente contro la violenza».Eppure la mano forte del governo in Inghilterra ha prodotto dei risultati. «Il sistema britannico negli anni ’80 ha epurato il fenomeno degli hooligans che era diventata una minaccia internazionale. Poi hanno capitalizzato questa pulizia interna con la costruzione di stadi confortevoli e soprattutto trasformati in poli commerciali. Ogni club da noi da anni ha almeno uno o due progetti nel cassetto per uno stadio futuristico, ma poi i soldi e gli accordi con gli enti locali non si trovano mai. La Juve farà il suo impianto, Milan e Inter hanno le potenzialità per costruirsi stadi di proprietà, ma le altre società che chiudono ogni anno in rosso credo che invece di pensare a progetti faraonici intanto potrebbero rendere più accoglienti quelli di cui dispongono».La ricetta di chi da anni studia il fenomeno ultrà dunque è questa: «Cominciamo a fare, e non più solo a parlare. Più che la tessera del tifoso servono subito stadi accoglienti, quindi più dignitosi, flessibili e non rigidi, senza barriere. Questo scoraggerebbe il fenomeno della violenza, che sarà retorico, ma è un dato di fatto, origina molto prima e a distanza degli spalti di un campo di calcio».
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