martedì 2 luglio 2013
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Lo sfogo del ministro è partito dopo l’ennesima fila di turisti sotto il sole davanti al Colosseo. «A parole tutti dicono che la cultura è centrale per il Paese poi ci troviamo con il Colosseo chiuso perché non si possono stabilizzare i precari». Ma a leggere bene l’uscita del responsabile dei Beni e le attività culturali c’è da preoccuparsi. E tanto. Soprattutto per i teatri lirici. E non solo al Maggio musicale fiorentino, da tempo al centro della cronaca per essere sull’orlo della liquidazione. Perché per Massimo Bray «dal 1996 abbiamo lasciato alla deriva le fondazioni liriche con rischi di sopravvivenza per 11 fondazioni sulle 14 totali».Dunque, al di là di quei tre/quattro teatri che fanno notizia in questi giorni, sarebbero molte di più le istituzioni che rischiano. Che il panorama delle fondazioni liriche fosse più rosso (di buchi di bilancio) che verde speranza era cosa nota. Ma un allarme così esteso ad oggi non era stato ancora lanciato da nessuno. Tanto più che proprio in questi giorni sono diverse le fondazioni liriche che si affrettano a far sapere di aver chiuso il bilancio con il segno più. Il San Carlo di Napoli ha chiuso il 2012 in attivo, lo stesso hanno fatto il Regio di Torino, il Teatro dell’Opera di Roma, il Petruzzelli di Bari. E naturalmente anche il Teatro alla Scala e l’Accademia nazionale di Santa Cecilia, cosa che, però, non è bastata alle due fondazioni per tenersi stretta quell’autonomia conquistata a suon di bilanci in pareggio, ma revocata dal Consiglio di Stato che ha confermato la sentenza con cui il Tar del Lazio aveva annullato il regolamento che concedeva, appunto, l’autonomia. Tutto da rifare anche se, ha assicurato il ministro Bray, Scala e Santa Cecilia non verranno commissariate e i provvedimenti presi anche di recente – su tutti la nomina di Alexander Pereira a nuovo sovrintendente scaligero – avranno comunque validità.Chi ha il bilancio in rosso, invece, è il Comunale di Bologna. «I tagli ai trasferimenti statali e una riduzione dei contributi privati sono la causa del deficit di un milione e mezzo di euro» dice il sovrintendente Francesco Ernani confidando poi «di ricondurre la gestione economico-patrimoniale in equilibrio».Sempre difficile la situazione al Maggio musicale fiorentino (nella foto) anche se, per ora, sembra scongiurata la liquidazione. Dopo l’ennesimo incontro al ministero si è deciso di dare mandato al commissario Francesco Bianchi di redigere entro il 30 luglio un piano industriale per il rilancio della fondazione che ha un debito di 37 milioni di euro. Obiettivo fissato l’equilibrio di bilancio già dal prossimo anno che si cercherà di ottenere anche grazie all’anticipo della rata del Fondo unico per lo spettacolo deciso dal Consiglio dei ministri e inserito nel recente Decreto lavoro. Certo la situazione della storica istituzione fiorentina è drammatica: per far fronte ai 119 esuberi si è deciso di chiudere Maggiodanza, provvedimento che non piace ai sindacati che hanno già presentato due piani alternativi alle misure di Bianchi, ma giudicati «economicamente insufficienti» dal commissario. Il quadro del Maggio vede, come ha spiegato Bianchi, 360 assunti con un costo del personale pari a 23milioni e 300mila auro, un valore della produzione di 33milioni e 200mila euro a fronte di 5milioni e 900mila euro di ricavi tra biglietti venduti e tournée. Da Firenze a Genova. Dove al Carlo Felice una crisi di liquidità ha fatto sì che si arrivasse vicini al mancato pagamento dello stipendio di giugno ai 260 dipendenti della fondazione lirica. I soldi per le retribuzioni sono stati trovati, ma resta incerto il futuro del teatro: i sindacati chiedono a politici e amministratori «un piano per il rientro dei debiti e per la razionalizzazione delle risorse e non solo buone intenzioni». Sul tavolo, per far fronte alla crisi, l’ipotesi di fare ricorso ai contratti di solidarietà. Incertezza anche in Sardegna dove la Regione in maggio ha tagliato i finanziamenti erogati al Lirico di Cagliari, in attesa di un piano dl risanamento dei conti, arrivato nei giorni scorsi con l’approvazione da parte del consiglio di amministrazione del piano industriale triennale.
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