lunedì 2 novembre 2015
Ancora un incidente diplomatico per il presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio. Nella registrazione di una sua conversazione con "Soccerlife", parla anche di ebrei e omosessuali. La sua replica è quella di un "ricatto". (Massimiliano Castellani)
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Soccerlife, il sito di informazioni sul calcio curato da Massimiliano Giacomini, ha fatto lo scoop. A scoppio ritardato, dopo cinque mesi ha “regalato” le ultime perle dialettiche del presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio. Il n. 1, si fa per dire, del calcio italiano, dopo essersela presa con i calciatori di colore e le donne dello sport, avventatamente (e anche un po’ a tradimento va, detto) a Soccerlife ha rilasciato dichiarazioni puerili e di cattivo gusto in cui si evince una discreta dose di omofobia e di antisemitismo. «Sono vittima di una ritorsione», si difende Tavecchio. Vittima lo è di sicuro ma di se stesso e di una incapacità di comunicazione che ormai lo rende «inadeguato al ruolo», come di lui ebbe a dire polemicamente il presidente della Juventus Andrea Agnelli. Il suo ventennio alla guida della Lega Dilettanti sembra averlo adattato alla categoria rappresentata, ma solo nel senso del dilettantismo, non della responsabilità. Il Tavecchio che si sente «più perseguitato dell’assassino di John Kennedy» deve capire che non si può continuare a squalificare con espressioni improvvide il già poco edificante sistema-calcio italiano, specchio del sistema mondiale gestito dai discutibili Blatter e Platini. In queste ore tornano a farsi sentire le voci di chi chiede a Tavecchio un passo indietro. Il calcio, come tutto lo sport, esige esemplarità da parte di chi lo guida e lo governa, dagli allenatori ai dirigenti, e a maggior ragione dal presidente federale. Perché di credibilità c'è bisogno come l'aria, a ogni livello.
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