giovedì 13 ottobre 2022
L’astronoma americana ospite sabato a BergamoScienza studia la formazione delle galassie al Max-Planck-Institut in Germania: «Il gas interstellare a -250 gradi è il “cibo” delle nuove stelle»
Stelle neonate nella Nebulosa Tarantola

Stelle neonate nella Nebulosa Tarantola - Epa/Nasa

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«All’universo primordiale (noto ai più come young universe, ndr) il tasso di formazione delle stelle era molto maggiore e le galassie erano più massicce ». Lo dice Linda Tacconi, astronoma del Max-Planck-Institut di Monaco di Baviera, che da anni studia la formazione delle galassie e i buchi neri, utilizzando tecnologie d’indagine raffinatissime come l’interferometria millimetrica e submillimetrica e la spettroscopia di immagini a infrarossi in alta risoluzione. Tacconi, che in questa ventesima edizione di BergamoScienza terrà una conferenza pubblica dal titolo 'All’origine delle galassie' moderata da Ilaria Zilioli dell’Agenzia spaziale europea (Esa), nella sua carriera ha ricevuto diversi riconoscimenti, a partire dal Lancelot Berkeley Prize attribuitole per i suoi studi «sulle frazioni di gas ad alto peso molecolare nelle galassie massicce di formazione stellare nell’universo primordiale».

Dottoressa cosa significa studiare oggi la "fisica extraterrestre"?

Vuol dire comprendere come le galassie e le stelle si formano ed evolvono. Lo facciamo osservando le galassie e il gas che esiste fra le stelle. Questo gas lo chiamiamo materia interstellare. In pratica è un gas molecolare ionizzato 'freddo' (-250°C), 'neutro' (-170°C) oppure 'caldo' (10.000°C). In particolare il gas 'freddo' rappresenta 'il cibo' attraverso il quale le future stelle si possono sviluppare. E questo gas ionizzato è per lo più prodotto da stelle massicce alla fine della loro vita. Gas-stella- gas: studiando questo ciclo capiamo l’evoluzione delle stelle. Non solo, del materiale interstellare possiamo tracciarne i moti. Siccome i moti sono in gran parte determinati dalla gravità, questi ci forniscono molte informazioni sulle distribuzioni delle masse e sulla massa totale delle galassie.

Le chiedo una seconda definizione: che cos’è l’universo primordiale?

È l’universo al suo inizio, oltre 10 miliardi di anni fa.

Precedenti studi con il telescopio spaziale Hubble avevano suggerito che il tasso di formazione stellare nell’universo era maggiore in passato rispetto a oggi, cioè?

Questo è uno dei punti chiave delle nostre osservazioni. Volevamo capire cosa stava guidando questo tasso di formazione stellare drammaticamente cambiato. Significava che il processo era più efficiente in passato oppure c’era più materiale per la formazione delle stelle? I teorici con i loro modelli fisici-matematici avevano previsto che il tasso di accrescimento del materiale nelle galassie era di gran lunga maggiore in passato che nei tempi attuali. Successivamente le osservazioni del gas molecolare nelle giovani galassie, quelle di 10 miliardi di anni fa, hanno mostrato che c’era davvero molto più materiale 'freddo' da cui si potevano appunto formare nuove stelle e non che la formazione stellare fosse più efficiente che nei tempi attuali.

Secondo i vostri studi, 3 miliardi di anni dopo il Big Bang, i tassi di formazione stellare erano circa 20 volte maggiori di oggi e più veloci. Perché il tasso di crescita delle galassie più veloce si è verificato nell’universo primordiale?

L’accrescimento di materiale nelle galassie era molto maggiore in passato perché l’universo era più piccolo.

All’interno della fisica extraterrestre, che ruolo ha l’astronomia millimetrica?

L’astronomia millimetrica si riferisce semplicemente alla gamma di 'lunghezze d’onda' che usiamo per osservare il materiale interstellare 'freddo'. In pratica, questo gas molecolare emette radiazioni che hanno 'lunghezze d’onda' millimetriche.

Interferometria millimetrica e quella sub millimetrica, così come la spettroscopia di immagini a infrarossi ad alta risoluzione ai più possono sembrare tecniche di difficile comprensione. Ci piace immaginare un po’ romanticamente l’astronomo ancora seduto davanti al suo telescopio…

Ma infatti è ancora così per certi aspetti anche se ora ne abbiamo di nuovi e potentissimi, terrestri e non. Io e miei colleghi prenotiamo delle sessioni di lavoro sui grandi telescopi gestiti dall’European southern observatory (Eso), come per esempio il Very large telescope ( Vlt) e l’Atacama large millimeter array (Alma), oltre alla meravigliosa struttura di osservazione millimetrica Iram, gestita congiuntamente da Germania, Francia e Spagna, e situata su un altopiano nelle Alpi francesi.

Lei è un membro dell’Unione astronomica internazionale e presidente del Consiglio dell’Eso e ha presieduto l’Esa voyage 2050. Qual è la differenza principale tra l’osservazione delle stelle da un osservatorio situato sulla Terra, l’osservazione eseguita per mezzo di un satellite o di una missione spaziale?

Sono stata il presidente dell’esercizio di pianificazione Voyage 2050 che ha identificato i 3 temi scientifici per le prossime missioni di classe L dopo Athena e Lisa. In passato, la principale differenza tra l’osservazione da terra e nello spazio era che l’astronomo andava all’osservatorio terrestre per raccogliere i propri dati di persona. Ovviamente, questo non è mai stato il caso delle missioni spaziali. Tuttavia, le grandi strutture a terra offrono anche l’osservazione remota e di servizio ora, quindi la differenza è meno chiara.

Lei è americana, ha origini italiane e lavora in Germania. In Italia ci si lamenta spesso dei "cervelli" che lasciano il Paese per mancanza di opportunità. Ma Lei ha lasciato gli Stati Uniti, una terra piena di opportunità. Cosa l’ha portata in Europa?

C’erano buone opportunità in Europa perché molti nuovi telescopi millimetrici venivano costruiti da istituti europei. Amo l’Europa. Adoro la sua diversità: il cibo, la lingua e la cultura, cose che cambiano in poche ore di auto o di treno. Con il mio primo lavoro nei Paesi Bassi era possibile essere in Francia, Germania, Belgio o Danimarca in poche ore. Questa cosa per me è sempre stata meravigliosa.

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